[Ezln-it] FrayBa: Campagna "Nustra Lucha Es Por La vida"
Annamaria
maribel_1994 at yahoo.it
Fri Feb 4 16:00:52 CET 2022
Intervista a Pedro Faro, coordinatore del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé De Las Casas sulla campagna “Nuestra Lucha Es Por La Vida”
In Messico la violenza è diffusa da nord a sud, da est a ovest. Uno degli ultimi stati dove la violenza è esplosa è il Chiapas, che nel 1994, dopo la rivolta zapatista è stato lo stato messicano più militarizzato di sempre e ha vissuto il dramma della paramilitarizzazione negli anni seguenti. Ora il Chiapas ha subito un percorso di re-militarizzazione tramite lo schieramento di migliaia di uomini della Guardia Nazionale schierati al confine in chiavi anti-migranti e sta vivendo un ritorno degli attori del paramilitarismo che ora si mettono al soldo dei gruppi del crimine organizzato che quasi sempre rispondono a loro volta agli interessi dell’economia e della politica.
Per capirne di più abbiamo intervistato (assieme a Radio Onda d’Urto, con la preziosa traduzione di Annamaria Pontoglio del Comitato Maribel di Bergamo) Pedro Faro, coordinatore del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas.
Pedro, grazie di essere con noi. A settembre l’EZLN ha scritto un comunicato parlando di uno stato di guerra civile in Chiapas. E’ così?
Come riporta la denuncia del Subcomandante Galeano, nel comunicato intitolato “Chiapas sull’orlo della guerra Civile”, la situazione che stiamo vivendo è assolutamente reale. In base alla documentazione da noi raccolta, la violenza in Chiapas è esplosa e la situazione molto critica sta generando condizioni di violenza profonde. Questo è dovuto a diversi fattori, primo fra tutti l’assenza dello Stato e l’ingovernabilità, per cui lo Stato sta permettendo a gruppi legati al crimine organizzato e a gruppi paramilitari di esercitare le loro azioni criminali nei territori in cui vivono i popoli originari e in diverse città dello stato del Chiapas. Stiamo constatando una crisi della situazione dei diritti umani evidenziata dagli sgomberi forzati: ci sono circa 14.776 persone sfollate vittime di sgomberi forzati completamente abbandonate dallo Stato Federale e da quello locale che non forniscono loro alcuna assistenza. E questo viola gravemente i diritti umani di questi uomini, donne e bambini, con un impatto pesante a livello psicologico e stravolgendo la vita e la cultura delle comunità indigene che vivono ormai in uno scenario di guerra. Il caso più evidente è quanto succede nel Municipio di Aldama, situato negli Altos del Chiapas, che subisce la persistente aggressione contro due sue comunità da parte di un gruppo paramilitare proveniente dalla zona di Santa Marta Chenalhó. Abbiamo verificato che la presenza dello Stato è assolutamente insufficiente e non disattiva questa violenza che tiene nel terrore l’intera popolazione. La situazione più critica è in Aldama, ma questo avviene anche a Chalchihuitán, Pantelhó, Simojovel ed in altre zone nea nord dello stato come a Chilón dove ci sono molti sfollati.
Come si esercita questo clima nei territori rurali ed indigeni?
Questa violenza viene esercitata sulle terre recuperate dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazione (EZLN) con la sollevazione armata del 1994, che sono territori sotto il controllo dell’EZLN dove le comunità stanno costruendo la loro autonomia, il loro governo alternativo, antisistemico e anticapitalista, dove si è creato un meccanismo di giustizia molto più legato alla comunità, con proprie forme di governo e amministrazione costruite in questi 28 anni di resistenza dell’EZLN.
Ed ora di fronte a questa deliberata azione dello Stato di permettere a questi gruppi armati di agire impunemente nei territori dove vivono i popoli zapatisti che costruiscono la loro autonomia, arrivano nuove denunce da parte del Frayba ma anche da altre organizzazioni nazionali e internazionali, relative alla comunità di Nuevo San Gregorio e Moisés Gandhi, dove i gruppi criminali vogliono sottrarre territori che appartengono all’EZLN per diritto legittimo a partire dalla sollevazione del 1994 e dove continua a costruire e generare un processo molto importante che evidenzia come sia possibile vivere con un governo e un modo diverso dal sistema capitalista.
Questo come si inserisce nella storia recente del Messico?
Come viene evidenziato sui mezzi di comunicazione e da diverse analisi sul Messico negli ultimi decenni, stiamo vivendo in una situazione molto critica della violenza con quasi 95.000 desaparecidos ed oltre 300.000 omicidi vincolati al crimine organizzato. Noi abbiamo verificato il legame con il governo nei territori in cui si verificano le sparizioni forzate e gli omicidi. Esiste una trilogia del male tra gruppi criminali, le imprese ed i governi complici che generano le situazioni qui esposte che provocano gravi violazioni dei diritti umani della popolazione civile in Messico. Il Chiapas per molto tempo era rimasto fuori dal circolo della violenza estrema, ma in questo ultimo anno si è registrata una crisi della sicurezza con aumento della violenza in alcuni municipi dove si verificano scontri tra cartelli e gruppi criminali locali per il controllo del territorio e l’infiltrazione nelle istituzioni, così come la proliferazione di diversi attori oscuri che operano in impunità in varie zone del territorio chiapaneco. L’insicurezza e la dinamica della violenza in questi municipi ha generato situazioni di emergenza anche nelle zone di frontiera, come la situazione migratoria molto critica, che ha generato aumento di crimini associati al traffico illegale di esseri umani, narcotraffico, estorsioni, traffico illegali di armi. Questa conflittualità permanente socio-politica che presenta molti fattori legati anche al territorio, ha costi umani e sociali molto alti.
Pedro, che rapporto vedi tra crimine organizzato, politica ed economia?
C’è una violenza strutturale che deriva dal potere politico ed economico fondato sull’emarginazione ed esclusione storica delle comunità indigene e dei popoli originari, come se al governo messicano non importasse nulla nonostante anche il cambio di governo ora con Manuel Lopez Obrador. E nemmeno gli importano le cause di questa violenza, come neppure riconoscere le proprie responsabilità ed agire per disattivare questa violenza e consentire la pace in Chiapas. C’è un continuum con i governi precedenti e questo governo di MORENA [coalizione dei partiti al governo – N.d.T.] che governa sia a livello federale che statale, e non ci sono evidenze di cambiamenti nei confronti dei popoli originari e delle comunità indigene. Si percepisce invece una continuità ed una profonda discriminazione. La popolazione continua ad essere considerata sacrificabile, soprattutto la popolazione indigena che disturba i piani dei governi locali, statali e federale e gli interessi economici di gruppi armati criminali e imprese. Attualmente la maggioranza della violenza in Chiapas è legata a questi interessi criminali sul territorio che operano grazie a vincoli col governo che ora sono molto riconoscibili all’interno dell’apparato statale. L’aumento delle rotte criminale e del giro di affari di traffico di armi, auto rubate, narcotraffico, tratta di persone, pornografia, locali clandestini, sono vincoli di interesse comune tra criminalità, governo e imprese.
Uno dei nodi dello stato è senza dubbio la questione migratoria. Ci fai una fotografia della questione?
Negli ultimi anni si è denunciato una politica molto restrittiva dei diritti nei riguardi della popolazione migrante, soprattutto verso i richiedenti asilo, protezione internazionale e sanitaria. L’immigrazione è molto aumentata a causa della violenza, della povertà estrema, del cambio climatico, e originata anche da crisi economiche e dalla pandemia di COVID-19 che ha creato situazioni di difficoltà estreme per a sopravvivenza di questa gente nei propri paesi di origine. Per molte famiglie la sola alternativa è stata emigrare e cercare migliori condizioni di vita, che è un diritto alla migrazione, alla mobilità di ogni persona. Come risposta i governi sia di Cento America che del Messico hanno irrigidito le loro operazioni per fermare la migrazione e la mobilità delle persone con azioni di razzismo, discriminazione, un uso massiccio della forza e violando l’accesso alla giustizia e commettendo crimini vincolati con gruppi criminali. C’è stato un aumento esponenziale di arresti e deportazioni con numeri record: solo nel 2020 e fino agosto 2021 si sono registrati 148.903 arresti e 65.799 deportazioni. A fine anno questi numeri saranno molti di più. I luoghi di detenzione sono le stazioni migratorie dove non esiste alcun accesso ai servizi, ad una giusta difesa perché sono luoghi di detenzione, soprattutto per le persone che non parlano spagnolo, dove si commettono atti di tortura, omicidi, situazioni molto critiche, in particolare nella Estacion Migratoria (Siglo XXI) a Tapachula, che abbiamo visto essere un ghetto, un luogo di sterminio. A parte questo, il governo messicano ha rafforzato la militarizzazione ed i posti di controllo alla frontiera con l’Esercito Messicano e la Guardia Nazionale che per il 90% è formata da soldati dell’esercito. La situazione più grave si è verificata poche settimane fa quando un gruppo di circa 150 migranti si trovava in un camion che ha subito un incidente e 56 persone sono morte. Questo evento ha messo in luce la complicità dell’Istituto di Migrazione con questi gruppi criminali dediti alla tratta di persone che, come abbiamo visto, è uno dei giri d’affari criminali che genera più profitti. La politica migratoria in Messico continua ad essere deplorevole e a non dare risposte alla popolazione migrante che necessita di esercitare il diritto alla mobilità, come tutti noi, o come dovrebbe essere in termini umanitari e di diritti umani.
Il FrayBa ed altre organizzazioni hanno lanciato una campagna chiamata “Nuestra Lucha es Por La vida” a supporto dell’EZLN ci spieghi come funziona?
L’anno scorso si sono intensificate le aggressioni contro gli zapatisti, contro l’EZLN, in diversi territori in cui è in corso la costruzione permanente della loro autonomia e l’esercizio della libera autodeterminazione in quanto popoli originari. La situazione è critica. Diverse organizzazioni aderenti alla Sesta Dichiarazione dell’EZLN si sono unite alla campagna “Nuestra Lucha Es Por La Vida”, che è una frase che i compagni zapatisti hanno ricavato in ognuna delle loro azioni politiche per la difesa del proprio territorio, per la difesa della madre terra. È per questo che diverse organizzazioni internazionali, nazionali e statali ci siamo unite a questa campagna permanente per evidenziare questa situazione di aggressioni contro i territori zapatisti, in particolare ora a Nuevo San Gregorio che attualmente è assediato da un gruppo denominato “Los 40 invasores” che aggredisce le persone ed occupa il loro territorio. In questa situazione, la Rete AJMAQ insieme ad altre organizzazioni aderenti alla Sexta hanno realizzato una Carovana di Solidarietà ed hanno prodotto una serie di rapporti che documentano in maniera molto puntuale il meccanismo di violenza che viene esercitata da questo gruppo di scontro che gode dell’impunità del governo locale, statale e federale che in questo modo compie azioni di contrainsurgencia nel territorio che appartiene all’EZLN.
Per questo chiediamo la vostra attenzione e di aderire alla campagna “Nuestra Lucha Es Por La Vida” con azioni sui social da ognuna delle vostre trincee, secondo il proprio modo di agire, per denunciare e far sì che questi territori in cui lottano i nostri compagni zapatisti siano liberati dalla violenze e tornino sotto il controllo dei compagni zapatisti.
Le azioni che si possono fare sono video, azioni di fronte alle ambasciate del Messico per chiedere che si rispetti il diritto all’autonomia ed alla libera autodeterminazione dei popoli originari in Messico, delle comunità zapatiste, per il rispetto del territorio e della madre terra.https://www.olaamericana.info/2022/01/25/intervista-a-pedro-faro-coordinatore-del-centro-dei-diritti-umani-fray-bartolome-de-las-casas-sulla-campaga-nuestra-lucha-es-por-la-vida/
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