[Ezln-it] Subcomandante Marcos: Luis lo zapatista (3/3)

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Mon May 4 15:45:21 CEST 2015


  UN REGALO IN STILE ZAPATISTAUn'altra alba. Don Luis, l'alloraTenente Colonnello ed oggi Subcomandante Insurgente Moisés ed io avevamoiniziato la discussione intorno alle 17:00 ora del fronte di combattimentosudorientale. Alle 21:00 il SupMoy si scusò perché doveva andare a controllarele postazioni circostanti.Il modo di discutere di Don Luis eraparticolare: mentre altri gesticolano ed alzano la voce, lui sorride vagamenteassente. Quando altri parlano solo per slogan, lui dice uno sproposito – “Soloper prendere tempo”, dicevo a me stesso.Di solito quelle discussioni sembravanoincontri di scherma. Benché sia superfluo dirlo, il più delle volte mi batteva.Così accadde una certa volta. Don Luis allora rise e disse: “Battuto, ma non distrutto!”. Io miricomposi a parole, facendogli notare quanto sarebbe malvisto un filosofoneopositivista che citi, intenzionalmente o meno, la seconda letteradell'apostolo Paolo ai Corinti. E lui, con sorriso furbo: “e sarebbe ancorpeggio che un capo zapatista riconosca la citazione”. Allora si alzò erecitò in tono drammatico: “Siamo tormentati da tutto, ma non angosciati;in difficoltà, ma non disperati; perseguiti, ma non abbandonati; battuti, manon distrutti” quindi rivolgendosi a me: “e mi stupisco che lei nonabbia detto che si tratta del capitolo IV, versetti 8 e 9”.Ancora dolorante per la batosta dialettica,riposi: “ho sempre pensato che quel testo sembra più un comunicatozapatista che descrive la resistenza, che parte dal Nuovo Testamento”.“Ah! la resistenza zapatista!”,esclamò con entusiasmo.Poi: “Sa una cosa Subcomandante? Dovresteaprire una scuola”.“Non una, tante”, gli dissi.Erano gli anni 2005-2006, anni primaDon Luis era entrato tra le nostre file e le Giunte di Buon Governo eranoimpegnate nelle necessità in ambito di salute ed educazione nelle zone, regionie comunità.Don Luis allora precisò: “No, nonmi riferisco a quelle scuole. Naturalmente, bisogna aprirne molte, senzadubbio. Io mi riferisco ad una scuola zapatista. Non una dove si insegnizapatismo, ma dove si mostri lo zapatismo. Una dove non si impongano dogmi, masi discuta, si pongano domande, si costringa a pensare. Una il cui motto sia"E tu che fai?".Veramente l’idea di Don Luis non eraoriginale. L'avevano già abbozzata prima con diversi enunciati, Pablo GonzálezCasanova ed Adolfo Gilly.Ma la nostra idea non era né èinsegnare, neppure "mostrare". Ma provocare. Il "Tu chefai?" non richiedeva una risposta, ma sollecitare ad una riflessione.Proseguo:La discussione si trasformò inconversazione, nello stesso modo in cui un torrente raggiunge una piana nel suocorso tortuoso e si trasforma in un sereno fluire. Sereno, sì, ma inarrestabile.Era ormai l'alba. La guardia notturnaci avvertì che Moy era ancora occupato e ci offrì del caffè. Alla mia occhiataDon Luis rispose con un gesto affermativo. Non so nemmeno se realmente Don Luisbevesse caffè, lasciò sempre la sua tazza intatta. Allora l'attribuivo alcalore della discussione. Ora mi rendo conto che non gli ho mai nemmeno chiestose era sua abitudine berlo. Si poteva supporre, naturalmente, filosofo, certo,che "caffè" per un filosofo fosse qualcosa di non gradito. O forse lobeveva. Siamo in Chiapas. Venire in Chiapas e non bere caffè è… come andare aSinaloa e non mangiare chilorio, comeandare ad Amburgo e non farsi un hamburger, come andare alla Realidad e nonimbattersi in idem.Il fatto è che, senza rendercene conto,stavamo parlando di regali.“Immagini quale potrebbe essere il regaloperfetto”, proposi.“Ilpiù sorprendente”, risposi senza pensarci."No,quello per cui non si potrebbe ringraziare", rilanciò."Oquello che non sarebbe un regalo", contrattaccai."Come?", chieseintrigato."Peresempio un enigma, o il pezzo di un puzzle. Cioè, un regalo senza una ragione.Se non c'è un motivo, aumenta la sorpresa", dissi."Certo,ma per chi lo dà, potrebbe essere un regalo non poter essere ringraziato per ildono",disse come a sé stesso.Più l'argomentazione logica si vivacizzava,più pensavo che Don Luis si stava stancando. Invece no, era animato ed avevagli occhi lucidi, come se…Mi alzai e gli toccai la fronte. Non dissi niente, maandai sulla porta e dissi alla guardia: “Faivenire la compa di salute”.Don Luis aveva la febbre. La insurgentadi salute raccomandò antipiretico, un bagno freddo e molti liquidi. Don Luis nonsi oppose a nulla. Ma quando la compagna se ne andò mi disse “basta un po’di riposo” e si addormentò. Restò così per 2 giorni, svegliandosi solo permangiare qualcosa e andare in bagno.Ormai ripresosi del tutto, mi disse chedoveva andarsene, mi raccomandò di rileggere i suoi rapporti di guardia esalutò.Giunto sulla porta, senza voltarsi aguardarmi ma tra sé, mormorò: “Ecco, unregalo per il quale non si possa ringraziare. Sarebbe molto zapatista”. Sisistemò il basco, mi disse qualcosa d'altro e se ne andò.Ora, a più di 12 lune dalla suaassenza, posso raccontare quello che mi disse salutandomi quella mattina, conil sole che disegnava luci ed ombre.“Compagno subcomandante insurgentemarcos”, mi disse mettendosi sull'attenti con grande vitalità.“Compagno Luis Villoro Toranzo”,gli dissi seguendo la mia vecchia abitudine di fare così per dire che eropronto ad ascoltare.“Voglio chiederle una cosa”.Non mi sfuggì l'abbandono dell'informalità,ma lo attribuii alla sua nuova professione.“Non dica niente a nessuno di tuttoquesto, almeno per il momento”, chiese.“Naturalmente”, dissi, “capisco. Il segreto, la clandestinità,certo, la famiglia non deve saperlo”.“Non è questo”, mi disse.“Voglio che lo dica in seguito”.“Quando?”, gli chiesi.“Lo saprà quando sarà il momentogiusto. Per dirla a modo nostro: “quando arriverà il calendario e la geografia”.“Perché”, domandai curioso.“È un regalo che voglio fare aimiei figli e alla mia compagna”.“Don Luis, non scherzi, è meglioche regali a Juan una cravatta verde a pois rossi ed a Miguel una rossa a poisverdi, o viceversa; a sua figlia Renata un vaso e a Carmen un portacenere, oviceversa. Come in ogni buona famiglia, litigheranno. A Fernanda un quaderno diappunti, di quelli a righe. Sono inutili ed orribili tutti questi regali, maquel che conta è il pensiero”.Don Luis rise di gusto. Poi continuòserio:"Racconti loro la mia storia. O meglio, questa parte della miastoria. Capiranno così che non mi nascondevo da loro. L'ho solo custodita comeun regalo. Perché l'incantesimo dei regali è che sono una sorpresa. Noncrede?"."Dica loro che gli regalo questo pezzo della mia vita. Dica loroche l'avevo tenuto nascosto non come si nasconde un crimine, ma come siconserva un regalo"."Guardi Sup, si diranno molte cose sulla mia vita, alcune buone,altre cattive. Ma questa parte, credo, sbaraglierà tutto, ma non con pena edolore, ma con la vivacità di quel venticello fresco che tanto ci manca quandola pena dell'assenza ed i grigiori della serietà, della formalità e lecitazioni si trasformano in lapide ed epitaffio"."Va bene, Don Luis", gli dissi, "ma non scarti l'ideadelle cravatte, del vaso, del portacenere e del quaderno di appunti".Se ne andò sorridendo.Dunque Juan, Fernanda, familiari di DonLuis Villoro Toranzo, per anni ho conservato in segreto questo pezzo del grandepuzzle che è stata la vita di Don Luis.Non quella volta, ma in seguito, mentrela rabbia ed il dolore scaturivano dal corpo massacrato del compa maestrozapatista Galeano, ho capito il perché di conservare questo pezzo della suavita.Non lo nascondeva perché si vergognasse,né perché temesse che lo denunciassero al nemico dalle mille teste, o perchécosì si evitassero i tentativi di dissuaderlo.Era perché voleva farvi questo regalo.Un pezzo che provoca, che infonde coraggio,che agita, proprio come il suo pensiero che si fa vento birichino in noi.Un pezzo in più della vita di Don Luis.Il pezzo che si chiamava Luis VilloroToranzo, lo zapatista dell'EZLN.Cadde e tacque nel compimento del suodovere, coprendo la posizione di sentinella in questo mondo assurdo, terribilee meraviglioso che siamo impegnati a costruire.So bene che ha lasciato un’eredità dilibri e di brillante traiettoria intellettuale.Ma, mi ha lasciato anche queste paroleaffinché oggi io le pronunciassi:“Perchéci sono segreti di cui non vergognarsi, ma di cui andare orgogliosi. Perché cisono segreti che sono regali e non affronti”.Ora e solo adesso, mentre vi consegnoqueste pagine, potrete leggere il titolo di questo testo in cui viene avvolto,con le mie rozze parole, il pezzo del puzzle che si chiamava:“Luis Villoro Toranzo, lo zapatista”Bene. Salute e ricevete da tutti etutte noi l’abbraccio che ci ha lasciato in custodia per voi il compa zapatistaDon Luis.Dalle montagnedel Sudest Messicano, ed ora sotto terra.Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, 2 maggio 2014
Reso pubblico il 2 maggio 2015TestooriginaleTraduzione“Maribel” – Bergamo
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