[Ezln-it] Sergio Rodriguez Lascano: La classe politica e la guerra (Parte 1/2)
Annamaria
maribel_1994 at yahoo.it
Mon May 16 15:48:41 CEST 2011
Scambio Epistolare su Etica e Politica
La
classe politica e la guerra
Sergio Rodríguez Lascano
Nella lettera che il
Subcomandante Insurgente Marcos scrive a don Luis Villoro, dal titolo
"Appunti sulla guerra", si illustra in maniera molto dettagliata il
bilancio utilizzato da Felipe Calderón per portare a termine la sua guerra
contro la popolazione messicana, seguendo gli obiettivi del vicino mandante del
Nord. Questo è molto importante perché, a parte tutto, una guerra deve essere
analizzata nei suoi costi. Quello che mi piacerebbe sottolineare, partendo da
questo punto relativo ai costi per poi passare ad altri argomenti, è il ruolo
che l'insieme della classe politica messicana ha svolto in questa guerra.
Racconta chi c'era, che quando Lenin lesse su un giornale svizzero che la
socialdemocrazia di Germania e Francia aveva votato i crediti di guerra che
autorizzavano entrambi i governi ad avviare quella follia che si chiamava Prima
Guerra Mondiale, pensò che si trattasse di un'edizione falsa di quel giornale.
Da allora, è molto importante sapere come si comportano i diversi partiti
politici presenti nei parlamenti quando si vota sui soldi per fare una guerra.
Sebbene in Messico il presidente ogni anno elabori una proposta di bilancio,
chi ne decide l'importo e le destinazioni sono i deputati e i senatori di ogni
partito politico.
In Messico, negli ultimi quattro anni - e si potrebbe dire anche negli
ultimi dieci anni - i bilanci sono stati votati praticamente all'unanimità, con
l'eccezione di alcuni deputati la cui obiezione non riguarda il bilancio di
guerra. Con questo possiamo dire che la guerra che ha deciso di lanciare
Calderón ha contato sull'avallo e l'appoggio di tutta la classe politica
messicana. L'unica critica che gli muove il dissidente contumace, López
Obrador, si incentra unicamente sul fatto che Calderón ha sollevato un bel
vespaio, e così - volente o no - cade nella logica che il governo ha tentato di
imporre: che ci troviamo di fronte ad una guerra contro il crimine organizzato,
in particolare, contro il narcotraffico.
Nello stesso modo in cui Felipe Calderón utilizza questa guerra come suo
unico elemento di legittimazione, la screditata classe politica messicana si
aggrappa a questa guerra e giura e spergiura che, accada quel che accada nel
2012, questa politica non cambierà.
Recentemente, la dichiarazione di un vecchio priista ha suscitato clamore.
Sócrates Rizzo García, ex governatore di Nuevo León, ha detto: "Durante i
regimi priisti, il presidente della Repubblica aveva il controllo sulle rotte
del narcotraffico, cosa che impediva che ci fossero attacchi alla popolazione.
In precedenza, i presidenti definivano le strade che doveva seguire il traffico
di droga per non coinvolgere la società civile... In qualche modo, si era
risolto il problema del transito della droga. Esisteva un controllo e c'era uno
stato forte ed un presidente forte ed una Procura forte e c'era il ferreo
controllo dell'esercito... Dicevano: 'Tu passi di qui; tu di qua; ma non
toccare questi posti'... ". Subito, Enrique Peña Nieto ha dichiarato che
se arriverà alla presidenza, continuerà la strada intrapresa da Calderón.
Marcelo Ebrard insistentemente ha dato il suo appoggio a Calderón in questa
guerra, sostenendo che sarebbe stato meschino lesinare l'appoggio. Il consenso
alla guerra comprende molti altri e molte altre istituzioni. Tutti i
governatori degli stati e praticamente tutti i sindaci condividono questa
strategia. Per questo, governatori e sindaci di varie regioni del paese hanno
respinto le dichiarazioni di Felipe Calderón, nel senso che sfuggivano dalle
loro responsabilità nella lotta al crimine organizzato, e gli hanno chiesto di
"precisare meglio" le sue parole, perché sembra avere un panorama
incompleto di quello che accade.
Felipe Calderón in un intervista ha dichiarato che in stati, municipi ed in
altri ambiti del potere pubblico si elude la corresponsabilità prevista dalla
Costituzione per affrontare in forma congiunta il crimine organizzato. Ha detto
che quei livelli di governo credono che "sia facile passare la palla al
governo della Repubblica". Mario Anguiano, mandatario di Colima, ha detto
che in nessuna circostanza ha eluso "né sfuggiremo mai da questa responsabilità
costituzionale e stiamo lavorando in funzione degli obiettivi che abbiamo
definito e garantiremo la sicurezza alla popolazione". Al di là degli
sfoghi isterici di Calderón, la realtà è che tutti sono coinvolti in questa
politica.
Si potrebbe dire, ed è vero, che esiste una forte corruzione tra i
governatori o i presidenti municipali, ma questo non è diverso da quello che
accade nell'insieme delle istituzioni federali. Così, per esempio, il Revisore
dei Conti Superiore della Federazione (ASF) ha riscontrato errori
amministrativi ed omissioni in una fiduciaria della Segreteria della Difesa
Nazionale (Sedena) che, nel 2009, ha gestito risorse per 1.640 milioni di pesos
"per urgenze e spese per la sicurezza nazionale". Nella revisione
delle risorse, l'ASF ha rilevato la mancanza di licitazioni negli acquisti e
contratti milionari che fanno perdere risorse all'Esercito, tra altre anomalie.
Per un contratto firmato con un'impresa russa per la riparazione di cinque
elicotteri, la Sedena ha dovuto sborsare 10,5 milioni di pesos solo per la
cancellazione dell'accordo, poiché le condizioni non erano convenienti per
l'ente.
Ugualmente, si potrebbe dire che molti governatori o presidenti municipali
o deputati fanno parte delle reti del crimine organizzato, ma la stessa cosa si
può dire di una serie di agenti federali, membri delle forze armate o dello
stesso potere esecutivo.
Mentre l'insieme della classe politica partecipa attivamente a questa
guerra, i presunti obiettivi che si è posta per portarla a termine non solo
sono lontani, ma lo sono più che mai. La violenza non è diminuita, ma è
aumentata in maniera esponenziale. Ogni settimana si supera il record
precedente di violenza. Ogni volta sono più morti, ogni volta più scomparsi,
ogni volta più arrestati, ogni volta più bambini coinvolti nella guerra, da una
parte e dall'altra. Per esempio, la Rete per i Diritti dell'Infanzia in Messico
(Redim), formata da 67 organizzazioni civili, ha documentato che, nel 2009, la
Segreteria della Difesa Nazionale ha arruolato dei minorenni nel servizio
militare anticipato per lo sradicamento di coltivazioni di marijuana e
papavero. Ha inoltre denunciato, sulla base di documenti ufficiali, che nella
lotta dell'esercito contro il narcotraffico partecipano dei minorenni reclutati
mediante il Servizio Militare Nazionale ed il Sistema Educativo Militare. Lo
scorso 31 di gennaio, la Redim ha presentato il documento "Infanzia e
conflitto armato in Messico", elaborato con informazioni della stessa
Sedena, nella cui Terza Relazione dei Lavori 2009 consta che, dal 25 maggio al
1 agosto di quell'anno, 314 adolescenti hanno svolto questo compito in
Michoacán. Secondo la Redim, è la prima volta che "si sa" con
certezza che degli adolescenti sono coinvolti in azioni di "lotta contro
il narcotraffico".
E se l'obiettivo di ridurre la violenza non si raggiunge, non lo è neppure
quello di ridurre il consumo di droga. Mentre il consumo di marijuana nel paese
aumenta, la distruzione di colture di questa droga ed i sequestri diminuiscono.
Durante l'amministrazione del presidente Felipe Calderón, la media annuale
della distruzione di coltivazioni documentata dall'esercito è inferiore a
quella dei mandati di Ernesto Zedillo e Vicente Fox. Dal 1995 al 2000, secondo
la relazione della Segreteria della Difesa Nazionale, ogni anno venivano
distrutti 19.523 ettari di marijuana, in media; dal 2001 al 2006, la cifra è
stato di 25.800; ma nell'attuale
amministrazione, dal 2007 al 2009, è crollata a 17.014 ettari l'anno.
Il consumo di droga in Messico è schizzato: il suo valore attuale sul
mercato nazionale supera gli 8.780 milioni di dollari l'anno, secondo
informazioni della Segreteria di Pubblica Sicurezza (SSP) federale. "In
Messico è aumentata in maniera importante la dipendenza, e devo segnalare che è
uno dei fattori più importanti che bisognerebbe denunciare e assistere",
ha ammesso il suo titolare, Genaro García Luna durante la sua comparizione
davanti ai legislatori. "La parte più importante nel consumo è occupata
dalla marijuana, con una proporzione quadruplicata negli ultimi dodici
anni".
Naturalmente, per realizzare un'analisi completa sull'argomento è
impossibile non considerare che si tratta di un grande affare. Affare del quale
fanno parte i grandi industriali del paese e del mondo. E fino a che questo
sarà un grande affare, i capitali continueranno a fluire verso questo settore.
Come segnala il Subcomandante Insurgente Marcos nella lettera citata, in
questo grande affare il capitale nordamericano guadagna su due fronti: vendendo
armi alle forze incaricate della violenza dello Stato e vendendo le stesse armi
ai capi della droga. Lo fa anche, ed ora si sa, dagli uffici stessi delle
istituzioni incaricate di vigilare sulla vendita delle armi.
Ma l'affare non si ferma lì. Secondo Víctor Cardoso, del quotidiano La
Jornada, nei quattro anni del governo di Felipe Calderón sono stati
riciclati 25.991 milioni di dollari. Parlando solo di quello che si lava
attraverso il sistema bancario, per non parlare della quantità di hotel,
scuole, centri ricreativi, eccetera, che sono semplicemente la facciata che
occulta il riciclaggio di denaro sporco.
Stando così le cose, possiamo dire che, dentro le finanze di questa guerra,
è possibile incontrare il sistema bancario messicano, oggi prevalentemente in
mani straniere, e dunque non si può negare che una buona parte della quantità
di soldi che si trovano in questo settore viene dal narcotraffico.
Inoltre, sappiamo che ogni anno entrano in Messico 29 mila milioni di
dollari dal narcotraffico. Questo spiega, in buona parte, perché il Messico nel
2009 non sia caduto in una crisi peggiore ed quello che sta dietro la ripresa
tanto esaltata del 2010, in un momento in cui le esportazioni di petrolio sono
minori così come l'entrata di valuta grazie alle rimesse degli emigrati. Questa
cifra è superiore a tutto l'Investimento Straniero Diretto che solo l'anno
scorso è stato di 16 mila milioni di dollari, e di questo affare beneficia una
buona parte della classe politica messicana. Per questo, questa guerra non è
realmente contro il narcotraffico, perché sarebbe come tagliare la mano che ti
nutre.
Il potere corrompe dice la vecchia massima, ma il potere e il denaro
corrompono due volte. Per questo il panorama nel Messico del 2011 è quello di
funzionari dello Stato che scoprono le mille e una strada per accedere a quella
fonte inesauribile di entrate. Nella loro opera Mil mesetas, Delleuze e
Guattari dicevano: "Così come il capitale cresce in maniera costante e
smisurata rispetto al capitale variabile, la guerra diventa sempre più una
guerra di armamenti. La crescita della composizione organica di capitale si
traduce così nella crescita della composizione organica di capitale
militare".
Con questo si è aperta un'epoca di degrado ed umiliazione. Una guerra fatta
con l'ordine di combattere il crimine organizzato cerca di contendere a
quest'ultimo i guadagni. Si tratta dell'azione degradata del potere che
utilizza una copertura ideologica per uno scopo inconfessabile. Ma vuole anche
un'altra cosa: umiliare la società, facendole pagare i costi di sangue di questa
guerra, cercando di distruggere l'ambito collettivo che trova sul suo
passaggio; ogni ambito sociale che riesca a calpestare. Epoca di degrado e
umiliazione che tutto annuncia proseguirà dopo il 2012 mentre si sta
realizzando tutto quello che i candidati avevano presentato nel 2006; compreso
quello che López Obrador aveva esposto nel suo libro Proyecto alternativo de
nación, in cui segnalava che era giusto utilizzare l'esercito contro i
narcos, poiché si trattava di un problema di sicurezza nazionale.
Oggi, in Messico, le elite politiche ed economiche che esercitano il
potere, inteso non unicamente come l'esecutivo ma come l'insieme del potere,
incarnano gli obiettivi più eccessivi tanto nell'accaparramento di denaro come
di capacità di comando sulla società.
Tuttavia, questo slancio, questa volontà, questa apparente sicurezza
svanisce quando il suo padrone alza la voce perché gli hanno ucciso un agente
doganale, invece di chiedersi, là in alto, cosa ci faceva un agente doganale
degli Stati Uniti a San Luis Potosí - forse la dogana non è più sul Río Bravo?-
no, immediatamente, si scopre "l'assassino".
Gli esperti sui mezzi di comunicazione mettono in discussione la rapidità
con la quale si è saputo nel vicino paese del nord dell'arma assassina e dove è
stata venduta, e non mettono in discussione il fatto che, in due giorni, lo
Stato messicano - lo stesso che non sa chi ha assassinato Maricela Escobedo, lo
stesso incapace di trovare chi ha ucciso gli studenti dell'Istituto Tecnologico
di Monterrey, lo stesso che ha quasi distrutto la famiglia Reyes - ora, in due
giorni, trovi un ragazzo, si presume l'assassino del funzionario statunitense,
conosciuto come el Piolín.
Il problema che sorge dall'inizio è il seguente: quale è il livello di
credibilità del potere politico in Messico? Perché dovremmo credergli? Chi può
dire che i 35 mila assassinati in questa guerra erano membri del crimine
organizzato? Perché davanti alle telecamere appaiono con armi, pistole,
granate, fucili? Lo Stato, storicamente, non si è mai premurato di mettere
davanti alle telecamere qualche ragazzo, vivo o morto, circondato da un
arsenale? Ci siamo già dimenticati degli anni della guerra sporca contro le
organizzazioni rivoluzionarie?
Queste domande sorgono, soprattutto, quando si conoscono bene le velleità
cinematografiche del genio della menzogna, García Luna, che monta operativi a
beneficio dei mezzi di comunicazione.
Per questo ha ragione Julio Scherer quando, nel suo libro Historias de
muerte y corrupción, dice: "Dietro ogni vittima c'è un nome, un
cognome, una storia, ma arriverà il giorno della resa dei conti da parte di chi
si è visto coinvolto in questa tragedia che non cessa"...... segue
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