[Ezln-it] Arrestati con l'inganno gli indigeni ad Agua Azul

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Mon Feb 14 09:39:44 UTC 2011



La Jornada – Domenica 13
febbraio 2011

Si
dichiarano innocenti gli indigeni arrestati in Chiapas per omicidio. Arresti
avvenuti con l'inganno.

Hermann Bellinghausen. Inviato.
San Cristóbal de las Casas, Chis. 12 febbraio. In contraddizione con la versione ufficiale che attribuisce loro un
omicidio ed altri presunti reati, i 10 indigeni aderenti all'Altra Campagna
dell'ejido San Sebastián Bachajón, attualmente detenuti nella prigione di
Playas de Catazajá, si dichiarano innocenti. In questo stesso senso si è
espressa l'assemblea degli ejidatarios di San Sebastián, che giovedì 10 ha
installato un presidio di denuncia al crocevia per le cascate di Agua Azul, e sostengono
che “i detenuti sono ostaggi del governo dello stato per obbligarli ad
accettare il dialogo”.

Secondo
l'assemblea degli ejidatarios tzeltales, “quelli che avevano le armi, erano del
gruppo di priisti, con Carmen Aguilar Gómez e suo figlio, ed i suoi compagni,
che ci sparavano addosso, e loro dichiarano che c'è stato un morto e dei feriti
dando la colpa ai compagni dell'Altra Campagna”.

Nei fatti,
successi lo scorso 3 febbraio, effettivamente ha perso la vita Marcos Moreno
García, del gruppo priista che il giorno prima aveva preso con la forza la
cabina di riscossione di accesso alle cascate. Poco dopo erano stati
"fermati" dalla polizia 117 ejidatarios dell'Altra Campagna, con un
misto di minacce ed inganni. Questi negano di avere ucciso (né sparando, né in
altro modo) Moreno García. E denunciano di essere stati torturati.

Dalla fine di
gennaio gli ejidatari denunciano minacce del gruppo priista (minoritario e
senza rappresentanza legittima), che avrebbe preso la cabina di pedaggio che
l'ejido gestisce dal 2008, e che è stato già causa di conflitti e repressioni
poliziesche. La minaccia si è compiuta il 2 febbraio. Il giorno seguente gli
ejidatari dell'Altra Campagna hanno tentato di recuperare il posto e sono stati
affrontati dagli invasori, che come in altre occasioni contavano sul sostegno
di poliziotti municipali e statali.

Dal carcere n.17,
a Catazajá, gli indigeni formalmente arrestati sostengono che a provocare le
violenze è stato il gruppo del “secondo commissario ufficiale” Francisco Guzmán
Jiménez (Goyito), “e sono stati loro a bloccare la strada”. Bisogna ricordare
che questo gruppo, filogovernativo, serve da punta di lancia per il progetto
turistico privato Visión 2030, che comprende lo stabilimento balneare
dell'ejido Agua Azul ed i terreni di San Sebastián.

Riferiscono che
il giorno 3 gli ejidatari dell'Altra Campagna si erano riuniti vicino al
crocevia: “I gruppi legati ai partiti avevano abbattuto degli alberi per
impedirci di passare ed andare a recuperare la cabina di riscossione. Qualche
ora dopo siamo stati circondati da centinaia di poliziotti e ci hanno chiesto
se volevamo discutere della cabina, ma gli ejidatari hanno risposto di no”.

I comandanti di
polizia hanno deciso che “se non volevamo parlarne era meglio portarci in un ‘posto
sicuro'”. Così, gli indigeni sono stati obbligati “a mettersi in fila e salire
uno alla volta su due autobus, su uno sono saliti 58 ejidatarios e sull'altro
59 e, trattati come animali siamo stati portati a Palenque, nella colonia
Pakalná”. Lì “quelli che non capivano lo spagnolo” sono stati torturati.

In carcere
attualmente si trovano Mariano Demeza Silvano (minorenne), Domingo Pérez
Álvaro, Pedro Hernández López, Miguel López Deara, Domingo García Gómez, Juan
Aguilar Guzmán, Pedro García Álvaro, Jerónimo Guzmán Méndez, Pedro López Gómez e
Miguel Álvaro Deara.

Questi erano
stati portati alla Procura Distretto Selva per rilasciare le loro
dichiarazioni, come il resto dei fermati, “e siccome hanno visto che sapevamo
un po' leggere e scrivere, i Pubblici Ministeri insistevano che mettessimo per
iscritto su un foglio il nome del colpevole dei fatti successi il 2 febbraio,
ed uno di noi ha detto che non lo sapevamo perché quel giorno eravamo al lavoro”
(pertanto, alcuni degli inquisiti non si trovavano nemmeno sul luogo dei fatti).

Jerónimo Guzmán
Méndez, “uno degli ultimi ad essere stati ascoltati”, come altri suoi compagni,
non ha avuto un adeguato interprete legale e gli sono state attribuite
dichiarazioni false senza possibilità di smentirle, in uno scritto che “pur di
accusarlo, gli hanno dato la colpa di tutto quanto è accaduto, ed è anche
scritto che non sa parlare castigliano, né scrivere”. Gli ejidatari concludono
definendosi “prigionieri politici in difesa delle nostre terre”. http://www.jornada.unam.mx/2011/02/13/index.php?section=politica&article=019n1pol

(Traduzione
"Maribel" - Bergamo)




      
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