[Ezln-it] La geografia secondo il Vecchio Antonio
Annamaria
maribel_1994 at yahoo.it
Tue Oct 19 10:32:42 CEST 2010
Dove
vivono i nostri morti
(La
geografia secondo il Vecchio Antonio)
Settembre. Piove. Le strade
principali ora sono improvvisati ruscelli. I rilievi una successione di
pozzanghere precarie per milpe, girasoli ed alberi insolenti. Da lontano, si
sente una voce:
Sono
arrivato. Mi sistemo come posso accanto al fuoco. Anche se fradicio, sono
riuscito a mettere in salvo il tabacco ed alcune foglie di mais. Sorseggio il
caffè che mi passa Juanita con la sua mano piena di calendari passati e a
venire. Con pazienza e impegno, come si deve, mi arrotolo una sigaretta e
l'accendo con un tizzone.
Il mio
nome è Antonio, ma credo che questo già lo sappiate. Il Sup mi chiama “il
Vecchio Antonio”. Anche se sono ormai defunto, ogni tanto mi va di apparire per
raccontare storie passate. Col Sup ci siamo conosciuti molte piogge fa e spesso
viene a pormi domande alle quali rispondo con altre domande… o con delle storie.
Di
solito, dopo essermi acceso la sigaretta, segue la parola. A volte il Sup tira
fuori la sua pipa… ma non sempre… perché spesso il tabacco gli si bagna per il
sudore… o per la pioggia… o per gli amori… o perché attraversando il guado del
fiume la corrente lo travolge… e arriva alla capanna grondante d'acqua… e
allora, come a me, la Juanita gli avvicina una panca vicino al fuoco e gli porge
il caffè… Dunque, vi stavo dicendo che, dopo essermi acceso la sigaretta,
dovrebbe seguire la parola. Non una parola dura come quelle che usate voi
cittadini, ma semplice e umile… come siamo noi. Ma ora non segue la parola… sto
solo a guardare come il serpente di fumo si attorciglia e si confonde col fumo
del fuoco.
Così mi
attardo, fumando e sorseggiando caffè. Ed è perché il fumo non porta una storia
passata, ma una ancora da venire. E le storie a venire devono essere ben
taciute prima di raccontarle. È così qua in basso. Invece lassù c'è molto
chiasso… rumore… parole dure da capire… e vuoti.
Stavo
dicendo che io sono morto. Sono morto nel '94. Molti non si ricordano o fanno
finta, ma quell'anno noi ci ribellammo contro i malgoverni. E continuo…
continuiamo.
“Defunto”
vuol dire morto. Benché qua i nostri morti vivano. Vivono, sì, ma non perché lo
desideriamo, e lo desideriamo… non perché conserviamo la loro memoria, come sì
facciamo. Vivono perché ci hanno lasciato un debito, una pendenza, un qualcosa
che dobbiamo fare.
Per
questo ogni tanto bisogna andare dove vivono i nostri morti per rispettare
l'impegno di saldare quel debito. Ed è solo lì dove si conoscono il luogo e
l'ora, il quando e il dove, o, come dite voi cittadini, il calendario e la
geografia.
Non è nelle date né nei
luoghi dell'alto.
È qui in basso che sta la
nostra geografia.
È dove vivono i nostri morti.
Antonio, il Vecchio
Antonio.
Settembre 2010
http://revistarebeldia.org/revistas/numero74/05nuestrosmuertos.pdf
(Traduzione
“Maribel” - Bergamo)
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