[Ezln-it] 27000 ore di solidarieta'

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Sat Jun 27 03:04:11 CEST 2009



27.000 ORE DI SOLIDARIETA'

Chiedo al lettore un piccolo sforzo: fare mente locale al maggio 2006. 

Chiudi gli occhi. 

Focalizzi? Adesso lascia scorrere nella tua mente i ricordi, falli fluire
fino ad oggi. Quanti avvenimenti. Magari hai cambiato casa, lavoro (chissà
quante volte), partner o perso e ritrovato qualche amico. Io, per esempio,
ho cambiato latitudini. Quante iniziative, riunioni, manifestazioni.

Bene.

Nello medesimo lungo arco di tempo, un tenace gruppo di attivisti/e non si
è mai schiodato da sotto un carcere nella zona extra-urbana di Città del
Messico, per reclamare la libertà dei prigionieri politici d'Atenco. Mai.

Mi rendo conto che mentre la mia vita scorre in ampi spazi, come quella di
quasi tutt*, l'esistenza di quest* compagn* è rimasta coscientemente
concentrata nei pochi metri quadrati di un parcheggio, all'ombra di un
penitenziario. Ininterrotamente.

Perchè? Ricordiamo:

Il villaggio di San Salvador Atenco e le sue terre collettive. Gli sporchi
interessi delle multinazionali e del governo. Prima un aereoporto, poi un
ipermercato. La resistenza, la lotta. Brillano i machet e nitriscono i
cavalli. La vittoria dei contadini. La vendetta dello Stato. Dalla nebbia
dei lacrimogeni spuntano, neri, i profili di migliaia di divise. Dal cielo,
incessante, il ritmo ossessivo delle pale degli elicotteri militari. Odore
di sangue. Gli spari. Javier, 14 anni, e Alexis, 21 anni: altri due dei
nostri nella lista dei compagni da ricordare, da vendicare, da amare. Le
grita di decine di donne violentate. Duecento contadini, contadine,
compagni, compagne arrestati. Ancora sangue.

Ragioni in abbondanza per organizzare un presidio permanente davanti al
carcere esigendo la scarcerazione immediata dei/lle compagn* arrestat*. La
Otra Campagna, promossa dall'EZLN ed abbracciata da centinaia di
collettivi, organizzazioni, villaggi ed individui anticapitalisti, dà la
sua parola: se toccano un@, toccano tutt* e finchè non li vediamo fuori
rimaniamo accampati/e.

La parola è sacra, non solo per gli indigeni anche per i/le militanti di
un mondo migliore.

Eccole quindi come si ammucchiano 27.000 ore di solidarietà durante le
quali neanche un minuto l'accampamento, o il Planton come si dice da queste
parti, è rimasto sguarnito. La notte, per turni di alcune ore, si danno il
cambio i/le compagn*, per garantire la sicurezza del presidio e per stare
sempre affianco ai prigionieri. Quando succede qualcosa, quando urlano
dalle celle, quando c'è una rivolta, quando trasferiscono o picchiano
qualcuno, il Planton se ne accorge subito e diffonde la notizia, interviene
quando possibile, vigila i vigilanti. 

27.000 ore di sfida. Di guardie che non capiscono e guardano schifate ed
attonite, di sirene spiegate che squarciano la notte, di provocazioni, di
tentativi di sgombero, di guerra psicologica. Di insonnia.

27.000 ore di turni di guardia montati da centinaia di persone di decine di
organizzazioni. Ma anche 27.000 ore di un nucleo di irriducibili, stoici
militanti, quell* che non se ne vanno mai, che hanno lasciato la scuola, il
lavoro, la famiglia, gli svaghi e le comodità della vita di città o i
cicli del campo che zappavano. 

27.000 ore di documentari, di film pirata, di libri, di caffè - quanto
caffè! - e di chilometriche discussioni che vanno alla deriva e volano per
tutta America Latina, stretti sotto le coperte di lana, di fronte al falò
schioppetante. Mentre la luna cavalca la notte ed i fari accecanti delle
torri del carcere cercano, ridicoli, di rubarle la scena. 

3 anni ed un mese di mosche ronzanti d'estate, pioggia a dirotto e poi sole
a picco; di acqua nelle taniche e taniche da riempire. Di latrine sghembe,
di polvere e di cibo cotto alla meglio. Di notti gelate d'inverno. Di
tedio, a volte; di rabbia, sempre.

Non è la cartolina di una lotta pittoresca della sempre esotica America
Latina. E' un percorso reale costruito con una determinazione invidiabile
ed esemplare. Non privo di ostacoli, di risentimenti, di difficoltà sia
politiche che umane. 

Per esempio, l'accordo preso in assamblea di proibire il consumo di alcool
e droghe all'interno del presidio e, di conseguenza, l'impedimento a
partecipare all'attività politica dello stesso in condizioni d'ebrietà ha
fatto allontanare quei gruppi e quelle persone che non si trovano in
sintonia con questo stile di militanza sobrio. 

O la decisione di allontanare un compagno, responsabile di aver picchiato
alla sua ragazza, ha fatto deteriorare le relazioni con quei gruppi che
hanno continuato a difenderlo, preferendo la complicità di genere o
l'omertà alla spesso difficile coerenza politica. Gruppi che, di
conseguenza, non mandano più gli aiuti, l'appoggio economico e volontari
per il picchetto notturno.

Infine non è facile, semplicemente, rinunciare a tutto e piazzarsi lì,
con le guardie che volteggiano come avvoltoi, le incomprensioni politiche,
l'ossessione del panorama immutabile, per di più reso nefasto e grigio
dall'orribile costruzione del penitenziario.

Per questo il Planton è un monumento alla solidarietà, alla tenacia della
fraternità umana; uno sforzo epico di chi vi vive e della comunità che lo
sostiene, la rete di tanti piccoli collettivi che alimentano, proteggono,
aiutano questa “locura”, questa pazzia di dimostrare che la parola
dei/lle compagn* non è aria fritta come quella dei politici. 

Da qualche mese un'organizzazione operaia e il movimento di lotta per la
casa di Cittá del Messico stanno turnando per periodi più ampi con il
gruppo storico dei presidianti per dargli almeno un po' di respiro, ogni
tanto. 

Ci sono tende, un cane, pentoloni, due bandiere nere al vento, un microfono
e delle casse per le iniziative che ogni tanto si organizzano. O per le
visite speciali come il recente arrivo della Carovana per la Libertà dei
Prigionieri della Loxicha (Oaxaca), le cui storie dolorose s'assomigliano
troppo, dannatamente troppo, alla tragedia d'Atenco. Anche lì, in una
delle regioni più povere di Oaxaca, 155 arresti, donne violentate, case
invase e distrutte dall'esercito. Successe 13 anni fa, ed ancora stanno
dentro in dodici, sequestrati come i dodici prigionieri d'Atenco che si
ritrovano con condanne dai 31 ai 112 anni. Per resistere in piazza, per non
vendere la terra.

P. ha la faccia tonda e un sorriso che inforca le guance cicciottelle. Ha
50 anni, aggiustava computer ma con la vita di Planton ha perso tutti i
clienti. Non importa, riso e fagioli non mancano grazie alla solidarietà
del movimento. La voce soffice, il tono tranquillo di chi sa che sta nella
ragione, dice: “Compa', con questa gente, non c'e ombra di dubbio che la
facciamo la rivoluzione.”

Già, sta a noi, alla nostra determinazione.

Ormai il Planton di Molino de Flores è un porto d'asfalto. Un punto vivo
nella mappa antagonista della metropoli. La gente va e viene, molti/e
passano solo per una notte e poi si rimettono in cammino verso destini
diversi. A volte fioriscono amori, contro le notti fredde e solitarie di
picchetto. 

Vedo una coppia, che vive qui da tre anni, abbracciarsi. Sullo sfondo i
torrioni tetri diventano minuscoli di fronte alla loro tenera e
semplicissima manifestazione d'amore. In questo parcheggio i mondi
all'antitesi, del denaro e della solidarietà, si fronteggiano e non c'e'
verso, vinciamo noi in bellezza, determinazione, colore, giustizia e
fantasia.

Un compagno del Nodo Solidale,
giugno 2009 – Messico.

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Se sei o vai in viaggio in Messico, non dimenticare di passare, almeno una
notte, a questo presidio, al Planton de Molino de Flores, Texcoco. Puoi
conoscere qualcosa d'interessante e far riposare chi, domani, seguirà
restando lì.

Se vuoi appoggiare economicamente e politicamente organizzando
un'iniziativa, una chiacchierata, una cena sociale per il Planton, puoi
contattarci: 

Collettivo Nodo Solidale (Roma)
http://www.autistici.org/nodosolidale 

Grazie!

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