[Ezln-it] Marcos: Settimo Vento (Traduzione seconda e ultima parte)

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Thu Jan 8 15:21:16 CET 2009


SETTE VENTI NEI CALENDARI E GEOGRAFIE IN BASSO.
 
Settimo Vento: alcuni morti degni e arrabbiati.

....segue dalla prima parte
 
Qualche mese fa è venuta nelle nostre terre una carovana internazionale per dimostrare il suo appoggio alle comunità zapatiste rispetto alle incursioni militari. Come ricordo, venivano da Grecia, Italia, Francia e Stato Spagnolo, tra altri paesi del mondo. Ci siamo stupiti che non ci fosse nessun basco o basca. Probabilmente, abbiamo pensato, non si erano iscritti o non erano stati inseriti nella lista dei partecipanti. Il Teniente Coronel Insurgente Moisés, addetto della Commissione Intergalattica, andò a verificare e, in effetti, c'erano dei baschi, ma dissero, parola più parola meno, "che si erano iscritti insieme agli spagnoli per non creare problemi". Noi dicemmo loro che non avevamo litigato con mezzo mondo per rendere pubblico il nostro riconoscimento al diritto dei baschi alla loro indipendenza, per poi finire di metterli insieme agli spagnoli "per non avere problemi". Che abbiamo combattuto con mezzo mondo per poter dire: Gora Euzkera! Gora
 Euzkal Herria!
 
Se siamo responsabili della nostra insurrezione, se siamo responsabili della nostra parola, se per questo sfidiamo la forza del governo e dei suoi eserciti e poliziotti, se siamo responsabili dei nostri morti, non vedo perché non dovremmo essere responsabili della nostra rabbia.
 
Compagne e compagni:
 
Questa mattina con un piccolo gruppo e questo pomeriggio con tutta la delegazione abbiamo riuniti le compagne e i compagni per decidere quale deve essere il messaggio principale di questo intervento.  
  
Qui in questi giorni a San Cristobal, e prima a Città del Messico, abbiamo ascoltato molte e belle parole. Chiaro, abbiamo sentito anche qualche assurdità.
 
Quasi tutti hanno fatto riferimento alla crisi mondiale e nazionale ed ai brutti tempi che si avvicinano. C'è stata sincera preoccupazione. Ma c'è stata anche allegria. Come se ognuno, ognuna, individualmente e collettivamente, sapesse che deve fare qualcosa di fronte a queste paure ed orrori. Come se non avessimo più avere paura e pena, ma queste fossero diverse. Come se avessimo preso questa paura e questa pena e le controllassimo, dandogli direzione, destinazione. Come se potessimo fare come ci hanno detto Mariana, Italia e Norma. Come se sapessimo che succederà quello che succederà.
 
Alcuni di coloro che sono intervenuti in questo Festival, nei loro interventi o posizioni hanno mostrato preoccupazione per chi, o come, o con che cosa guidare questo movimento. Si prospettano strutture, modi, forme, per questo grande movimento che sicuramente dovrà sollevarsi di fronte agli oscuri e perversi tempi. Come sicuramente si solleverà il popolo Palestinese di fronte al crimine che oggi si commette sulle sue terre e contro la sua gente.
 
Come zapatisti vi dico chiaramente che siamo molto contenti che i dubbi e le domande che vi sorgono non sono più del tipo "Si può fare qualcosa?", Succederà qualcosa?".  
  
Voi e noi abbiamo visto e sentito questa rabbia accumulata.
 
Ma a noi non preoccupa chi, o come, o con che cosa si guiderà questa rabbia. Nemmeno con che quale passo, velocità, ritmo e in compagnia di chi. Non ci preoccupa la velocità del sogno.
 
Abbiamo imparato a fidarci della gente, del popolo, del nostro popolo. Sappiamo che non ha bisogno di chi li guidi, che si dotano delle proprie strutture per lottare e vincere. Che prendono nelle loro mani i propri destini, e che lo fanno meglio dei governi che si impongono da fuori.
 
No, a noi non preoccupa la guida del movimento. Ascoltando ora il compagno Carlos González, del Congresso Nazionale Indigeno, capiamo di avere la stessa preoccupazione.  
  
A noi preoccupa la direzione e la destinazione. Ci preoccupa il modo. Ci preoccupa che il mondo che partorisca la nostra rabbia somigli a quello che oggi subiamo.
 
Permettetemi di dirvelo: L'EZLN ebbe la tentazione dell'egemonia e dell'omogeneità. Non solo dopo l'insurrezione, anche prima. Ci fu la tentazione di imporre modi e identità. Che lo zapatismo fosse l'unica verità. E furono i popoli in primo luogo ad impedirlo, e poi ci insegnarono che non è così, che non si passa da lì. Che non potevamo sostituire una dominazione con un'altra e che dovevamo convincere e non vincere chi era ed è come noi, ma che non è noi. Ci insegnarono che ci sono molti mondi e che è possibile e necessario il mutuo rispetto.
 
E non ci riferiamo al rispetto che si esige da noi verso chi ci aggrediscono, ma verso chi ha altri modi ma lo stesso impegno per la libertà, giustizia, democrazia.  
  
Dunque quello che vogliamo dirlvi è che questa pluralità tanto simile nella rabbia, e tanto differente nel sentirla, è la direzione e la destinazione che noi vogliamo e vi proponiamo.  
  
Perché qualcuno può fare dichiarazioni contro i partiti e le organizzazioni che, dice, vogliono egemonizzare ed omogeneizzare l'Altra Campagna, ma nel momento che si critica o si dissente da quello che fa, allora partono le grida e gli insulti.
 
Non tutti siamo zapatisti (cosa di cui qualche volta ci rallegriamo). Nemmeno siamo tutti comunisti, socialisti, anarchici, libertari, punk, ska, dark, o come ognuno chiami la sua differenza.  
  
Deve esserci una parola per quello che vogliamo dirlvi. E ci sembra utile quella usata ieri dal compagno Jean Robert: "proporzionalità".
 
Gli zapatisti, le zapatiste, non ci siamo preposti con la Sesta Dichiarazione di organizzare e guidare tutto il Messico, tanto meno tutto il mondo. Nella Sesta noi diciamo: qui siamo, questo siamo, questo vogliamo e così pensiamo che bisogna fare. Ed in questa riconosciamo i nostri limiti, le nostre possibilità, la nostra proporzionalità.
 
Nella Sesta non diciamo che tutti i popoli indios entrino nell'EZLN, né diciamo che guideremo operai, studenti, contadini, giovani, donne, altri, altre. Diciamo che ognuno ha il suo spazio, la sua storia, la sua lotta, il suo sogno, la sua proporzionalità. E diciamo di stringere un patto per lottare insieme per il tutto e per ognuno. Fare un patto tra la nostra rispettiva proporzionalità ed il paese che ne risulti, che il mondo che nasca sia formato dai sogni di tutti e di ogni diseredato.
 
Che quel mondo sia così variopinto che non ci siano gli incubi che assillano chi sta in basso.  
  
Ci preoccupa che in quel mondo partorito da tanta lotta e tanta rabbia, si continui a considerare la donna con tutte le varianti del disprezzo che la società patriarcale ha imposto; che si continuino a considerare stranezze o malattie le diverse preferenze sessuali; che si continui a presumere che i giovani devono essere addomesticati, cioè, obbligati a "maturare"; che noi indigeni continuiamo ad essere disprezzati e umiliati o, nel migliore dei casi, considerati come i buoni selvaggi che bisogna civilizzare.
 
Ci preoccupa che quel nuovo mondo non sia un clone di quello attuale, o un transgenico o una fotocopia di quello che oggi ci inorridisce e ripudiamo. Ci preoccupa, dunque, che in quel mondo non ci sia democrazia, né giustizia, né libertà.  
  
Allora vogliamo dirvi, chiedere, di non fare della nostra forza una debolezza. L'essere tanti e tanto differenti ci permetterà di sopravvivere alla catastrofe che si avvicina, e ci permetterà di costruire qualcosa di nuovo. Vogliamo dirvi, chiedervi, che quel nuovo sia anche differente.
 
Questo è il messaggio che volevamo trasmettervi. Questa è la nostra parola.  
  
Molte grazie a tutti, a tutte e tuttie quelli che ci hanno parlato ed ascoltato e, così, ci hanno contagiato e si sono contagiati della degna rabbia.  
  
Libertà e Giustizia per Atenco! Libertà, Giustizia e Liberazione delle Prigioniere e Prigionieri Politici! e Presentazione in vita dei desparecidos politici!  
  
Per gli uomini, le donne, bambini ed anziani dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.  
  
Subcomandante Insurgente Marcos  
Messico, 5 gennaio 2009
 
(Traduzione “Maribel” – Bergamo)
 


      
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