[Ezln-it] Marcos: Una degna rabbia organizzata - Su Gaza

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Mon Jan 5 19:31:13 CET 2009





SETTE VENTI NEI CALENDARI E GEOGRAFIE IN BASSO

 

Quarto Vento: Una degna
rabbia organizzata

 

INTERVENTO DEL SUBCOMANDANTE MARCOS NELLA SESIONE
MATTUTINA DEL 4 GENNAIO 2009.

 

 

Buon pomeriggio.  

  

È con noi Don Luis Villoro. Se mi permette, il compagno Luis
Villoro.  

  

La sua vicinanza ai popoli indio di questo paese non è
successiva al 1994, ma lo precede in vari calendari.  

  

Nel nostro caso, le zapatiste, gli zapatisti, il suo
appoggio è stato vitale. Lo dirò chiaramente: più di uno, di una, nelle comunità
indigene, è viva, vivo, e lotta grazie all'appoggio di questo uomo. E mai, mai,
si insinuò che si aspettasse qualcosa in cambio del suo appoggio, cosa che
invece hanno fatto altri, altre.

 

In lui abbiamo trovato un generoso ascolto e, da quando
siamo balzati alla luce pubblica, ha tentato di capirci, ed i suoi pensieri non
poche volte sono stati il combustibile del nostro passo. E non sapete quanto
sia stato difficile trovare, in questi 15 anni, qualcuno che cerchi di capirci
e non di giudicarci.  

  

Con lui, come con altri, abbiamo avuto ed abbiamo divergenze
e le nostre discussioni molte volte sono state aspre, come per quanto si
riferisce al movimento studentesco che 10 anni fa e dalla UNAM, ci meravigliò e
insegnò a noi zapatisti

 

Con tutte queste differenze, nel nostro cuore non c'è mai
stato il minimo dubbio delle sue convinzioni e impegno da questa parte, in
basso e a sinistra.  

  

Catalogare "di destra" chi non la pensa come noi,
come un orribile e vile striscione dichiarava ieri, è la manifestazione di un
atteggiamento di chi vuole imporre fatta, paradossalmente, da chi dice di
rivendicare un atteggiamento libertario. Forse non ne so molto, ma per quanto
ci arrivo, l'anarchismo libertario non esime dal conoscere. E bisogna conoscere
prima di giudicare e condannare.

 

È un onore, Don Luis, averla oggi dalla nostra parte, come è
da 15 anni.  

  

Il mondo che sogniamo non è un mondo con unanimità di
pensiero, canche se il nostro, il pensiero zapatista, né con l'egemonia imposta
che questa implica.  

  

Salute Don Luis, volevamo solo dirle che lei ha, da lunghi
calendari, un posto nel cuore scuro che ci anima.  

  

Si suppone che dopo l'intervento di Moy, del Tenente
Colonello Insurgente Moisés, io dovrei leggervi un racconto. Lo farò dopo,
ora dobbiamo dire qualcosa d'altro.

 

Di semine e raccolti.

 

Forse quello che dirò non c'entra col tema centrale di
questo tavolo, o forse sì.  

  

Due giorni fa, lo stesso giorno in cui la nostra parola
faceva riferimento alla violenza, Condoleeza Rice, funzionaria del governo
nordamericano, dichiarava che quello che sta succedendo a Gaza è colpa dei
palestinesi, per la loro natura violenta. 


  

I fiumi sotterranei che percorrono il mondo possono cambiare
geografia, ma intonano lo stesso canto. 


  

E quello che ora sentiamo è di guerra e di dolore.

 

Non molto lontano da qui, in un luogo chiamato Gaza, in
Palestina, in Medio Oriente, qui vicino, un esercito fortemente armato ed
addestrato, quello del governo di Israele, continua la sua avanzata di morte e
distruzione.

 

I passi seguiti fino ad ora sono quelli di una guerra
militare classica di conquista: prima un bombardamento intenso e massiccio per
distruggere postazioni militari “nevralgiche” (così le chiamano i manuali
militari) e per “neutralizzare” le fortificazioni di resistenza; poi il ferreo
controllo dell’informazione: tutto ciò che si sente e si vede “nel mondo
esterno”, cioè, esterno al teatro delle operazioni, deve essere selezionato con
criteri militari; ora fuoco intenso di artiglieria sulla fanteria nemica per
proteggere l'avanzata delle truppe verso nuove posizioni; poi i sarà
l'accerchiamento e l'assedio per indebolire la guarnizione nemica; quindi
l'assalto che conquisti la posizione annichilendo il nemico, poi la
"pulizia" di possibili "sacche di resistenza".

 

Il manuale militare della guerra moderna, con alcune
variazioni e appendici, viene seguito passo passo dalle forze militari
d'invasione.  

  

Noi non sappiamo molto di questo e, sicuramente, ci sono
specialisti del cosiddetto "conflitto in Medio Oriente", ma da questo
angolo di mondo dobbiamo dire qualcosa:

 

Secondo le foto delle agenzie d'informazione, i punti
"nevralgici" distrutti dall'aviazione del governo di  Israele sono abitazioni, capanne, edifici
civili. Non abbiamo visto nessun bunker, né quartiere o aeroporto militare, o
batteria di cannoni, tra quanto distrutto. Allora noi, scusate la nostra
ignoranza, pensiamo che o gli artiglieri degli aerei hanno pessima mira o a
Gaza non esistono tali punti militari "nevralgici".

 

Non abbiamo l'onore di conoscere la Palestina, ma supponiamo
che in quelle case, capanne ed edifici abitava gente, uomini, donne, bambini ed
anziani, e non soldati.  

  

Non abbiamo visto nemmeno fortificazioni di resistenza, solo
macerie.  

  

Fino ad ora abbiamo visto il vano sforzo di assedio
informativo ed i diversi governi del mondo dubitare tra scaricare le
responsabilità o applaudire all'invasione, ed una ONU, già inutile da tempo,
tirare fuori tiepidi comunicati stampa.

 

Ma aspettate. Ci è vento in mente adesso che forse per il
governo di Israele quegli uomini, donne, bambini ed anziani sono soldati nemici
e, come tali, le capanne, case ed edifici dove abitano sono quartieri che
bisogna distruggere.  

  

Quindi sicuramente i fuochi di artiglieria che questa
mattina cadevano su Gaza erano per proteggere da quegli uomini, donne, bambini
ed anziani l'avanzata della fanteria dell'esercito di Israele.

 

E la guarnigione nemica che vogliono indebolire con
l'assedio intorno a Gaza non è altro cosa che la popolazione palestinese che
vive lì. E che l'assalto cercherà di annichilire questa popolazione. E che
qualsiasi uomo, donna, bambino o anziano che riesca a scappare, nascondendosi,
dall'assalto prevedibilmente sanguinoso, sarà poi "cacciato" affinché
la pulizia sia completa ed il comandante militare al comando dell'operazione
possa riferire ai suoi superiori "missione compiuta".

 

Scusate di nuovo la nostra ignoranza, forse quello che
stiamo dicendo non faccia al caso. E che invece di ripudiare e condannare il
crimine in corso, come indigeni e guerrieri quali siamo, dovremmo discutere
come e prendendo posizione nella discussione su "sionismo" o
"antisemitismo", o che al principio erano le bombe di Hamas.  

  

Forse il nostro pensiero è molto semplice, e ci mancano le
sfumature e postille sempre necessarie nelle analisi ma, per noi, zapatiste e
zapatisti, a Gaza c'è un esercito professionista che sta assassinando una
popolazione indifesa.

 

Chi in basso e a sinistra può restare in silenzio?  

  

Serve dire qualcosa? Le nostre grida fermano le bombe? La
nostra parola, salva la vita di qualche bambino palestinese?

 

Noi pensiamo che sì, serve, che forse non fermeremo una
bomba né la nostra parola si trasformerà in uno scudo blindato che impedisca
che quella pallottola calibro 5.56 mm o 9 mm, con la sigla "IMI",
"Industria Militare Israeliana" stampata alla base della cartuccia,
arrivi nel petto di una bambina o un bambino, perché forse la nostra parola
riesca ad unirsi ad altre in Messico e nel mondo e forse prima si trasformi in
mormorio, poi a voce alta, e quindi in un grido che si senta a Gaza.

 

Non sappiamo voi, ma noi zapatiste e zapatisti dell'EZLN
sappiamo quanto sia importante che, in mezzo alla distruzione e alla morte,
sentire parole di incoraggiamento.  

  

Non so come spiegarlo, ma sembra che le parole da lontano
forse non riescono a fermare una bomba, ma sono come se si aprisse una crepa
nella nera stanza della morte e si accendesse una piccola luce.

 

Per il resto, succederà quello che succederà. Il governo di
Israele dichiarerà di aver inferto un duro colpo al terrorismo, occulterà al
suo popolo la dimensione del massacro, i grandi produttori di armi avranno
ottenuto un respiro economico per affrontare la crisi e "l'opinione
pubblico mondiale", quell'ente malleabile e sempre a modo, si volterà a
guardare da un'altra parte.  

  

Ma non solo. Succederà anche che il popolo Palestinese
resisterà e sopravvivrà e continuerà a lottare e continuerà ad avere la
simpatia del basso per la sua causa.

 

E, forse, un bambino o una bambina di Gaza sopravvivranno.
Forse cresceranno e, con loro, il coraggio, l'indignazione, la rabbia. Forse
diventeranno soldati o miliziani di qualcuno dei gruppi che lottano in
Palestina. Forse combatteranno contro Israele. Forse lo faranno sparando un un
fucile. Forse immolandosi con una cintura di cartucce di dinamite legata in
vita.  

  

Ed allora, in alto, scriveranno sulla natura violenta dei
palestinesi e faranno dichiarazioni di condanna di quella violenza e si tornerà
a discutere su sionismo o antisemitismo. 


  

E nessuno domanderà chi ha seminato ciò che sta
raccogliendo.  

  

Per gli uomini, donne, bambini ed anziani dell'Esercito
Zapatista di Liberazione Nazionale.  

  

Subcomandante Insurgente Marcos  

Messico, 4 gennaio 2009 

 

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)




      
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