[Ezln-it] I presos ad Ocosingo chiedono la punizione degli accusatori

Annamaria Pontoglio maribel_1994 at yahoo.it
Sat Mar 22 13:17:11 CET 2008


  La Jornada – Sabato 22 marzo 2008
  - Hanno fabbricato reati per impossessarsi della terra, denunciano    Libertà e punizione per gli accusatori, chiedono i detenuti in sciopero ad Ocosingo
    HERMANN BELLINGHAUSEN
    Playas de Catazajá, Chis., 21 marzo. I carcerati tzeltales in sciopero della fame nel Cereso 17 di questo municipio vicino a Tabasco, tutti provenienti dalla comunità Busiljá (Ocosingo), non solo chiedono la loro liberazione, ma anche la punizione dei loro accusatori, alcuni dei quali sono colpevoli dei reati che vengono imputati a loro, altri, di falsa testimonianza e tutti, di averli spogliati delle loro terre.  
    "Vogliamo la nostra liberazione il più presto possibile perché siamo innocenti. La lotta e la sofferenza andranno avanti fino a soluzione. Vogliamo giustizia. Siamo in 12 persone ad essere accusati di cose che non abbiamo fatto. Hanno fabbricato questi gravi reati per impossessarsi della nostra terra", dichiarano.
    “Il leader della Opddic è Pedro Chulín. Sono paramilitari e si sono impadroniti delle nostre terre”. Denunciano Benjamín Gómez Sánchez, Calixto Gómez Sánchez, Feliciano Sánchez López, Nicolás Gómez Sánchez, Pablo Gómez Sánchez, Rafael Gómez Pérez, Elías Samuel Pérez Méndez e José Gómez Pérez. “Vogliamo che siano puniti quelli che costruiscono i reati, Quello che dice il governo a noi sembra una presa in giro. Anche se usciremo da qui morti, continueremo a dimostrare la nostra innocenza”.
    Intanto, i detenuti in sciopero della fame a Cintalapa hanno inviato la seguente missiva al vescovo "della nostra diocesi" (San Cristóbal de las Casas), Felipe Arizmendi Ezquivel: "Egregio signore, se conosce parte della realtà in cui vive il nostro popolo in Chiapas, comprenda che siamo parte di essa. Desideriamo condividere con lei il nostro pensiero rispetto al suo appello e dichiarazioni riguardo alla nostra lotta".
    Replicando ad un commento del vescovo sulla possibilità che non tutti i partecipanti alla protesta fossero innocenti, ed alla richiesta del governo statale al prelato affinché "chieda" agli indigeni di sospendere lo sciopero, i detenuti affermano: "Cercare la libertà non solo è un nostro diritto, ma è responsabilità di tutti coloro che si sono resi conto dell'oppressione. Lottare non solo è giusto, ma urgente se vogliamo conservare la nostra dignità come popolo".
    "Il fatto che lo facciamo con lo sciopero della fame non significa che odiamo la vita. Al contrario, l'amiamo. Tanto che non vogliamo continuare a vivere l'ingiustizia dalle sbarre. La nostra lotta non è un atto suicida, è una dimostrazione di forza, volontà e fede".  
    Ed aggiungono: "Se siamo colpevoli o no, non dipende da lettere di amici o dalla giustizia di codici pieni di vizi ed interessi meschini. I nostri problemi rientrano in un contesto sociale e politico che le stesse leggi hanno creato ed è fondamentale la sua conoscenza per fare ragionamenti coerenti e chiari. Le nostre organizzazioni da anni espongono al governo questi argomenti e siamo ancora in atesa di una risposta".
    Chiedono al vescovo "l'opportunità di dimostrare che vale la pena lottare per uno dei diritti più fondamentali: la libertà. Permetta che la fede che abbiamo nelle nostre azioni ci avvicini alla giustizia. Ringraziamo infinitamente le sue benedizioni". Firmano, come "compagni nella fede", i "prigionieri politici" di la Voz del Amate, Pueblo Creyente, Grupo Zapatista, CIOAC e MOCRI-CNPA-MN.
     Da parte loro, Pascual Heredia Hernández ed Enrique Hernández Hernández, membri di Pueblo Creyente che sono ancora in carcere, mandano a dire al vescovo: "Come un pastore del popolo di Dio speriamo che ci aiuti a portare la nostra croce. Qui nella prigione c'è sofferenza ed è molto difficile passare i giorni. Affinché sappia, noi qui dentro ci troviamo in presidio permamente a digiuno e preghiera da tre giorni e tre notti.  
      "Abbiamo bisogno che ci aiuti per le vessazioni delle autorità competenti che riceviamo ogni giorno. Il governo ha promesso di liberarci ma così non è stato, solo Zacario ha ottenuto la libertà con lo sciopero. Stiamo a digiuno e preghiera permanente dal 12 febbraio. Abbiamo dimostrato la nostra innocenza, ma il governo non ci ha preso in considerazione".
     
(Traduzione Comitato Chiapas “Maribel” – Bergamo)
  
       
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