[Ezln-it] IL CONFLITTO DIMENTICATO
nadiadarco
nadiadarco at alice.it
Mon Jan 14 13:10:10 CET 2008
To: unioneplurale
Sent: Monday, January 14, 2008 12:36 PM
Subject: [UnionePlurale] IL CONFLITTO DIMENTICATO
dall'espresso, mondo
IL CONFLITTO DIMENTICATO
Polveriera chiapas
di naomi klein
*Gruppi paramilitari, movimenti di truppe, manovre sui contadini. Dopo
anni di azione politica il movimento zapatista teme il ritorno delle
armi. Perchè la guerra con il governo messicano non è mai finita*
I presepi abbondano a San Cristòbal de las Casas, città coloniale tra le
montagne del Chiapas, in Messico. Ma quello che dà il benvenuto ai
visitatori all'entrata del centro culturale TierrAdentro ha una
stranezza locale: le statuette sui somarelli indossano passamontagna in
miniatura e imbracciano fucili di legno.
è l'alta stagione dello 'Zapaturismo', l'industria dei viaggiatori
internazionali che è cresciuta in fretta fra gli indigeni in sommossa da
queste parti, e TierrAdentro è il punto zero. Poster, gioielli e tessili
fatti dagli Zapatisti si vendono velocemente. Nel ristorante sul
cortile, dove alle 10 di sera l'atmosfera è festosa, quasi confusa,
studenti universitari bevono birra Sol. Un giovane tiene in mano una
fotografia del Subcomandante Marcos, con indosso come sempre un
passamontagna e una pipa, e la bacia. I suoi amici scattano ancora una
fotografia del più documentato dei movimenti.
Passando fra la gente in festa, mi conducono in una stanza chiusa al
pubblico che si trova sul retro del centro. L'atmosfera allegra qui
sembra lontana un mondo. Ernesto Ledesma Arronte, ricercatore
quarantenne con i capelli raccolti in una coda di cavallo, è ricurvo su
mappe militari e resoconti di spiacevoli episodi di diritti umani. "Ha
capito cosa ha detto Marcos?", mi chiede: "Ha detto una cosa molto
forte. Erano molti anni che non diceva cose del genere".
Arronte si riferiva ad un discorso che Marcos aveva fatto la sera
precedente prima di una conferenza fuori San Cristòbal. Il discorso si
intitolava 'Sentirsi rossi: calendario e geografia di guerra'.
Trattandosi di Marcos, il discorso fu poetico e leggermente ellittico.
Ma alle orecchie di Arronte, deve essere suonato come un allarme da
codice rosso. "Quelli di noi che hanno fatto la guerra sanno come
riconoscere le strade che vi conducono", disse Marcos: "All'orizzonte si
intravedono chiaramente i segnali della guerra. Quest'ultima, come la
paura, ha anche un odore. Ed ora, nelle nostre terre, stiamo iniziando a
respirare il suo fetido odore".
Il giudizio di Marcos conferma ciò che Arronte ed i suoi colleghi
ricercatori del Centro di analisi politica ed investigazione sociale ed
economica (Center of Political Analysis and Social and Economic
Investigations) stanno seguendo con mappe e cartine. Nelle cinquantasei
basi militari permanenti dislocate in territorio indigeno e gestite dal
governo messicano è stato registrato un significativo aumento di
attività. Armi ed attrezzature sono state potenziate in modo
sensazionale, nuovi battaglioni arrivano continuamente, inclusi quelli
delle forze speciali: tutti segnali di una escalation.
Mentre gli Zapatisti diventavano un simbolo globale di un nuovo modello
di resistenza, si correva il rischio di dimenticare che la guerra in
Chiapas di fatto non è mai finita. Dal canto suo, Marcos - nonostante la
sua identità clandestina - ha giocato un ruolo sfacciatamente aperto
nella politica messicana, in particolare durante le tanto contestate
elezioni presidenziali del 2006. Piuttosto che appoggiare il candidato
di centrosinistra, Andrès Manuel Lòpez Obrador, Marcos ha capeggiato
un'altra campagna parallela, tenendo comizi che richiamavano
l'attenzione su argomenti ignorati dai candidati di maggiore peso.
In quel periodo, il ruolo di Marcos come leader militare dell'Esercito
Zapatista di Liberazione Nazionale (Ezln) sembrò passare in secondo
piano. Lui era il Delegato Zero, l'anti-candidato. Quella sera, Marcos
aveva annunciato che per un po' quella conferenza sarebbe stata la sua
ultima apparizione di quel genere. "Vedete l'Ezln è un esercito", ha
ricordato Marcos al suo pubblico, e lui ne è il capo militare.
Quell'esercito si trova di fronte ad una nuova grave minaccia, una
minaccia che va diritto al nocciolo della lotta zapatista. Durante la
rivolta del 1994, l'Ezln rivendicò grandi appezzamenti di terra e li
collettivizzò. Ciò rappresentò la sua vittoria tangibile. Negli accordi
di San Andrès, è stato riconosciuto il diritto al territorio, ma il
governo messicano si è rifiutato di ratificare del tutto gli accordi.
Non essendo riusciti a custodire gelosamente tali diritti, gli zapatisti
decisero di passare ai fatti. Formarono delle strutture governative
proprie, chiamate consigli del buon governo, e incrementarono la
costruzione di scuole e ospedali. Mentre gli zapatisti estendevano il
proprio ruolo e raggio di influenza come governo di fatto in vaste aree
del Chiapas, si andava intensificando la determinazione del governo
statale e federale a scardinare e indebolire il movimento. "Ora hanno il
loro metodo", spiega Arronte. Il metodo consiste nell'utilizzare il
profondo desiderio di terra che tutti i contadini nutrono in Chiapas e
di sfruttarlo contro gli zapatisti. L'organizzazione di Arronte ha
documentato che, soltanto in una regione, il governo ha speso circa 16
milioni di dollari per espropriare la terra e darla in mano a famiglie
legate al Partito istituzionale rivoluzionario, notoriamente corrotto.
Spesso, la terra è già occupata dalle famiglie zapatiste. Spesso molti
dei nuovi proprietari sono legati a gruppi paramilitari criminosi che
cercano di forzare gli zapatisti a lasciare le terre da poco intestate
loro. Da settembre, si è registrata una marcata escalation di violenza:
colpi d'arma da fuoco sparati in aria, percosse brutali, famiglie
zapatiste che denunciano di essere state minacciate di morte, stupro e
smembramento. Presto i soldati nelle loro caserme potrebbero avere la
scusa di cui hanno bisogno per scendere in campo: ristabilire la pace
tra gruppi indigeni in lotta fra loro. Per mesi gli zapatisti hanno
resistito alla violenza e hanno cercato di denunciare queste
provocazioni. Ma scegliendo di non allinearsi con Obrador nelle elezioni
del 2006, il movimento si è fatto potenti nemici. Ed ora, dice Marcos,
le loro richieste di aiuto incontrano solo un assordante silenzio.
Esattamente dieci anni fa, il 22 dicembre 1997, ebbe luogo il massacro
di Acteal. Come parte della campagna anti-Zapatista, un gruppo
paramilitare aprì il fuoco nella chiesetta del villaggio di Acteal,
uccidendo 45 indigeni, sedici dei quali erano bambini e adolescenti.
Alcuni corpi furono fatti a pezzi con dei machete. La polizia statale
sentì i colpi di arma da fuoco ma non fece nulla. Da settimane, i
quotidiani messicani riempiono le pagine di articoli che ricordano il
tragico anniversario del massacro che si è consumato proprio dieci anni fa.
In Chiapas, comunque, molta gente sottolinea che le condizioni odierne
appaiono stranamente familiari: i paramilitari, le crescenti tensioni,
le misteriose attività dei soldati, un rinnovato isolamento dal resto
del Paese. è per questo che lanciano un appello a coloro i quali in
passato li hanno sostenuti: non guardate indietro. Guardate avanti e
fate in modo che si possa evitare un altro massacro di Acteal, prima che
avvenga.
traduzione di Rosalba FruscalzoPassamontagna leggendario
di Federica Bianchi
*Il ventennio rivoluzionario del campione dei diseredati*
Affascinante, con passamontagna nero in viso, fazzolettone rosso al
collo e pipa in bocca. Eloquente nel parlare e raffinato scrittore.
Il Subcomandate Marcos ha rapito l'immaginario di milioni di persone ben
oltre i confini del Messico, lo Stato in cui è nato, e che combatte dal
1994. è lui il difensore dei più poveri: indigeni truffati da antichi
colonizzatori e nuove multinazionali. è lui la bandiera del Chiapas,
l'ultima delle regioni messicane, dove i contadini fanno fatica a
salvaguardare le loro terre e sono sottomessi tanto quanto i loro
colleghi cinesi.
Il suo Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, proprio nell'anno
della ratifica degli accordi nordamericani che spianavano la strada
messicana ai colossi dell'agricoltura e dell'industria americana,
insorse contro le autorità di San Cristobal in nome di Emiliano Zapata,
il leader rivoluzionario messicano dell'inizio del secolo scorso.
Una rivolta frutto di anni di rabbia covata da generazioni di indios a
causa della discriminazione economica e politica imposta dal succedersi
dei governi messicani. La lotta si intensificò nel 1995, quando le
istituzioni avendo perso autorità sociale agli occhi del Paese e
credibilità economica a quelli degli investitori stranieri, decisero di
inviare nel Chiapas l'esercito federale per schiacciare
il movimento ribelle. Ma i comandanti non furono mai catturati. Marcos a
parte, si dice che ce ne siano almeno una settantina. Furono avviati
negoziati con il governo e nel febbraio del 1996 fu siglato il primo di
una serie di accordi di pace che hanno migliorato solo in piccola parte
la situazione della popolazione indigena nella società messicana. Ma da
allora la causa del Subcomandante è diventata il simbolo mondiale della
lotta contro l'oppressione imperialista delle multinazionali e dei
governi democratici Lui, Marcos, non si è mai mostrato pubblicamente. Il
nome sarebbe l'acronimo di alcune delle municipalità occupate dagli
zapatisti nel gennaio del 1994: Margaritas, Altamirano, Rancho Nuevo,
Comitàn, Ocosingo e San Cristobal. Il volto dietro il nome sarebbe stato
identificato dalle autorità messicane con Rafael Sebastian Guillen
Vicente, un ex- ricercatore dell'Università di Città del Messico. Figlio
di immigrati spagnoli, avrebbe studiato in una scuola gesuita a Tampico,
dove è entrato in contatto con la teoria della liberazione. Laureato in
filosofia all'Università Nazionale Autonoma del Messico (Unam), ha
lavorato come professore all'Università Autonoma Metropolitana.
Marcos ha sempre negato di essere Rafael e la famiglia di Rafael ha
sempre affermato di ignorare dove si trovi il figlio. Ma dal discorso di
Marcos durante la marcia del 2001 che ha portato gli zapatisti all'Unam,
è parso chiaro che conosceva bene quei luoghi. Influenzato dalla strage
di Tlatelolco nel 1968, ha sposato le teorie maoiste, poi confluite
nello zapatismo, e studiato gli ideali marxisti di Antonio Gramsci. Pare
però che l'attuale subcomandante sia un altro uomo, molto più giovane,
sui trent'anni, che avrebbe sostituito Rafael. Cosa certa è la sua
grande preparazione letteraria, che continua ad affascinare i cuori di
mezzo mondo.
Il subcomandante si è più volte misurato con la letteratura e al suo
attivo vanta una decina di titoli. Oltre ai comunicati e alle lettere
sulla lotta zapatista nel Chiapas, ha creato anche due personaggi
squisitamente letterari: il vecchio Antonio e Don Durito della
Lacandona. Il primo rappresenta il lato indigeno della sua cultura,
mentre il secondo è espressione della cultura occidentale. Il premio
Nobel per la letteratura Octavio Paz, ha definito quest'ultimo
un'invenzione letteraria "memorabile".
Nel 2004 il quotidiano messicano 'La Jornada' ha pubblicato a puntate un
romanzo intitolato
'Morti scomode' scritto a quattro mani con Paco Ignacio Taibo II.
Pubblicato in Francia da 'Libèration' e in Italia da 'Carta',
nel 2005 è uscito in Italia in
volume da Marco Tropea Editore. Secondo una recente intervista
rilasciata al quotidiano britannico 'The Guardian', il subcomandante
prevede grandi sconvolgimenti
per il 2010, 200 anni dopo
la guerra di indipendenza e 100
anni dopo la rivoluzione messicana. "Il Messico si trasformerà in una
pentola a pressione", ha assicurato: "E credetemi, esploderà".
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