[Ezln-it] REPORTAGE ACTEAL - 16^ Parte
Annamaria
annamariamar at gmail.com
Wed Nov 21 12:48:57 CET 2007
La Jornada – Martedì 20 novembre 2007
REPORTAGE /A dieci anni da Acteal
- Funzionari statali ordinarono di cancellare le facce dei morti
Tentativi di occultare il massacro
- Rimuovere i corpi "prima che arrivino i giornalisti", l'ordine.
- Paura in un'altra comunità per le minacce di un nuovo attacco.
- Il vescovo Samuel Ruiz García definisce il massacro un "crimine contro
l'umanità" e denuncia il clima di violenza "crescente ed impune denunciato
ripetutamente alle autorità che l'avrebbero potuto fermare".
Hermann Bellinghausen / Parte Sedici
Il 23 novembre 1997, *La Jornada* coprì da Acteal, Tuxtla Guitérrez, Polhó e
San Cristóbal de Las Casas i diversi pezzi del tragico avvenimento. Con un
veloce *operativo* montato dalla Pubblica Sicurezza (SP) dello stato, con
l'appoggio della Croce Rossa Messicana, da un avallamento e da una grotta si
riuscirono a recuperare i 45 corpi massacrati con armi da fuoco e mutilati a
colpi di machete. Tutti gli organismi coinvolti nel recupero e
nell'assistenza medica (Croce Rossa, IMSS ed ERUM) e lo stesso governo del
Chiapas ammisero l'omicidio di 45 persone, tutte massacrate il lunedì
precedente (24 dicembre).
Sopravvissuti, feriti e testimoni intervistati da *La Jornada* quel martedì
erano concordi nell'accusare militanti del PRI delle comunità di Los
Chorros, Puebla, Chimix, Quextic, Pechiquil e Canolal di essere gli autori
del massacro contro i rifugiati di Las Abejas.
Nonostante il negare insistentemente che c'erano dei morti ad Acteal, il
governo di Julio César Ruiz Ferro quella mattina ordinò un
*operativo*coordinato dal sottosegretario Uriel Jarquín Gálvez e
dall'ex procuratore
Jorge Enrique Hernández Aguilar, con l'obiettivo principale, secondo il
consiglio autonomo, di cancellare le facce dei morti per potere manipolare a
suo capriccio il loro numero.
*La Croce Rossa fece rettificare*
La comunicazione pubblica della delegazione della Croce Rossa Messicana a
San Cristóbal provocò la reazione del governo statale. L'ordine di
recuperare i cadaveri fu dato "alle quattro del mattino" di martedì. "Prima
che arrivino i giornalisti", era l'ordine. Fino a quel momento si ammetteva
solo l'esistenza di cinque feriti lievi.
La Croce Rossa ricevette alle 20:07 di lunedì una chiamata del Pubblico
Ministero, il quale avvisava che "c'erano degli scontri" nel municipio di
Chenalhó. Tre ore e mezza dopo si mobilitavano le unità 162 e 158 della
delegazione di San Cristóbal ed un'altra di Tuxtla Gutiérrez. Due delle
unità si recarono nella zona e trovarono corpi senza vita in un burrone.
Altre sei unità della Croce Rossa ed un altro veicolo si unirono al lavoro
di recupero.
Alle quattro del mattino, il governo autorizzò la Pubblica Sicurezza e la
Croce Rossa al recupero dei corpi, dopo che il Pubblico Ministero aveva
svolto le relative pratiche. La Croce Rossa informò di aver recuperato 45
corpi: un neonato, 14 bambini, 21 donne e 9 uomini. I resti furono
consegnati alla polizia statale che li trasferì alla città di Tuxtla
Gutiérrez. Non furono autorizzati altri testimoni.
Il titolare della Procura Generale della Repubblica (PGR), Jorge Madrazo
Cuéllar, comunica per televisione che le prime indagini rivelano che gli
aggressori erano circa 25, erano in abiti neri, col volto coperto, e che per
spostarsi avevano utilizzato tre camion di tre tonnellate.
Alle 14 circa di lunedì 22, Homero Tovilla Cristiani ed Uriel Jarquín,
segretario e sottosegretario di Governo, rispettivamente, furono informati
dalla diocesi di San Cristóbal de Las Casas dei fatti violenti che stavano
accadendo in quei momenti nel campo profughi di Acteal, secondo rapporti di
Las Abejas. I funzionari si impegnarono ad investigare sulla situazione e
dare una risposta nelle prossime ore. Alle 6 del pomeriggio Tovilla
Cristiani si mise in contatto con la diocesi per informare che la situazione
nella comunità di Acteal era sotto controllo e si sentivano solo "alcuni
spari".
La Commissione Nazionale dei Diritti Umani aveva emesso due raccomandazioni
in meno di 30 giorni al governo di Ruiz Ferro per appoggiare gli indigeni
sfollati dalla violenza ed indagare sui fatti di sangue accaduti dalla
seconda metà di novembre a Chenalhó. Il governo dello stato ha ignorato
queste raccomandazioni ed altre emesse da organismi non governativi, e
mantiene la sua politica di non ammettere che esistono circa
6.000rifugiati, la maggioranza di Las Abejas e simpatizzanti
zapatisti, in cinque
comunità.
*Timori di un nuovo attacco a X'Cumumal*
Malgrado l'Esercito avesse raddoppiato il numero di effettivi nel capoluogo
municipale di Pantelhó, a pochi chilometri da Acteal, e triplicato gli
agenti di Pubblica Sicurezza nella zona, il gruppo armato di priisti
minacciava quel giorno di attaccare la comunità di X'Cumumal.
Il consiglio autonomo di Polhó confermò che circa 50 uomini armati si
stavano dirigendo a X'Cumumal, dove si trovavano circa 3.000 profughi
dell'EZLN e Las Abejas.
Il presidente del consiglio autonomo, Domingo Pérez Paciencia, puntualizzò
che il massacro di lunedì ad Acteal è la "guerra del governo" contro le
comunità indigene. "Questo è quello che ci dà il governo invece di
riconoscere i nostri diritti.
Ci appelliamo a tutta la società civile, nazionale ed internazionale,
affinché si organizzi ed obblighi a che si disarmino immediatamente i
paramilitari, ma che questo avvenga con la supervisione di organismi
nazionali ed internazionali. Ed anche perchè se ne vadano i poliziotti della
Pubblica Sicurezza, perché sono complici dei paramilitari".
Il vescovo di San Cristóbal de Las Casas e presidente della Commissione
Nazionale di Intermediazione, Samuel Ruiz García, definì un "crimine contro
l'umanità" il massacro perpetrato ad Acteal e sottolineò il clima di
violenza "crescente ed impune denunciato ripetutamente alle autorità che
avrebbero potuto fermare".
*In scena i funzionari*
sentiva il clima rovente che bruciava gli Altos del Chiapas, nel dare i
primi risultati delle indagini aperte dalla Procura Generale della
Repubblica.
Le autopsie eseguite sui 45 indigeni massacrati, "nella stragrande
maggioranza dei casi mostrano che le pallottole di grosso calibro hanno una
traiettoria da dietro in avanti, e questo vuole dire che gli hanno sparato
alle spalle", ratificò il viceprocuratore per le Indagini Preliminari,
Everardo Moreno.
Fu chiamato a rispondere di negligenza il segretario generale di Governo,
Homero Tovilla Cristiani, non avendo agito immediatamente una volta al
corrente dell'aggressione, secondo la denuncia del vicario della diocesi di
San Cristóbal, Gonzalo Ituarte. Si concluse che non avesse alcuna
responsabilità. Il viceprocuratore Moreno affermò che nelle loro
dichiarazioni gli indigeni arrestati avevano detto che "alcuni di loro
appartengono al Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) ed al Partito
Cardenista (PC)".
"Sono paramilitari?", domandarono i giornalisti a Madrazo Cuéllar. Rispose:
"quello che posso dire è che hanno a che vedere con l'associazione a
delinquere e col crimine organizzato; non posso usare altri aggettivi che
non abbiano a che vedere con i termini strettamente giuridici e
costituzionali. Si stanno portando avanti diverse linee di indagine ed
azioni concrete".
*Poggia di voci*
Questi gli articolisti di *La Jornada* che si buttano a capofitto a scrivere
sull'argomento nei giorni successivi: Manuel Vázquez Montalbán, Horacio
Labastida, Paulina Fernández, Adolfo Gilly, Arnoldo Kraus, Carlos Fuentes,
Luis Javier Garrido, Fernando Benítez, Andrés Aubry, Angélica Inda, Luis
González Souza, Adelfo Regino, José del Val, Ana Esther Ceceña, Néstor de
Buen, Cristina Barros, Antonio Gershenson, Gilberto López y Rivas, José
Agustín Ortiz Pinchetti, Luis Hernández Navarro, Julio Moguel, Alberto Aziz
Nacif, José Blanco, Marco Rascón, Arnaldo Córdova, Antonio García de León,
Carlos Monsiváis, Luis Linares Zapata, Jaime Avilés, Bernardo Bátiz, Jaime
Martínez Veloz. Perfino Carlos Tello, che ne approfitta per chiedere che si
compiano gli Accordi di San Andrés.
Héctor Aguilar Camín, controcorrente rispetto al resto, dalla prima pagina
di *La Jornada* critica la "stampa pro zapatista" per mettere le cose "in
bianco e nero", perché "nessuno sano di mente" può accusare il governo di
Ernesto Zedillo, se non di "omissione" per non affrontare il problema (cioè,
non disfarsi in tempo degli zapatisti). E spiega: "Tuttavia, non è la guerra
degli apparati ciò che rende incontrollabile e moralmente oppressiva la
situazione del Chiapas, bensì l'odio interiorizzato e radicalizzato tra la
gente comune, l'odio attizzato dalla vendetta familiare e dall'intolleranza
religiosa, dall'avidità comunitaria e dalla contesa politica a mano armata.
Non ammazzano né muoiono *guardias blancas* e *pistoleros* mercenari.
Ammazzano e muoiono gente del popolo, vicini e parenti condannati a morte"
(29 dicembre).
Per Eduardo Huchim (24 dicembre), "mai in questo secolo messicano la morte
di massa era stata tanto annunciata. Stampa, radio e televisione avevano
descritto i segnali evidenti di quello che oggi è una realtà dolorosa ed
indignante. In altri tempi, il solo annuncio di quello che si preparava
avrebbe avuto effetti di dissuasione efficaci. Ora sembra sia stato un
incentivo".
* Tutte le date tra parentesi corrispondono a notizie pubblicate da* La
Jornada. *
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)
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