[Ezln-it] Reportage Acteal - 14^ Parte

Annamaria annamariamar at gmail.com
Mon Nov 19 09:10:54 CET 2007


La Jornada – Domenica 18 dicembre 2007



REPORTAGE / A dieci anni da Acteal



*Provocazioni montate per preparare lo scenario*



- La pace è solo un'immagine retorica nel discorso di Zedillo

- Il dialogo, una simulazione per proseguire con la violenza

- Di fronte all'assenza del governo di risolvere il conflitto, l'EZLN
allerta sul reale carattere del PRI: "il nemico dei popoli indios e
sterminatore di zapatisti"



Hermann Bellinghausen/ Parte Quattordici



Il 12 dicembre 1997 il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando
Generale (CCRI-CG) dell'EZLN informa "sulla situazione di migliaia di
indigeni zapatisti, perseguitati, assassinati e cacciati dalle loro terre
nel municipio di San Pedro di Chenalhó", dove più di 6 mila profughi di
guerra "sono il risultato degli attacchi di bande paramilitari e della
polizia dello stato, guidate entrambe dal governo statale con il beneplacito
di quello federale" (*La Jornada,* 15 dicembre*).



"Solamente nella comunità di Xcumumal si trovano rifugiati più di
3.500indigeni. Sono completamente isolati, assediati da
*guardias blancas* e poliziotti di Pubblica Sicurezza. Gli zapatisti di
Chenalhó vivono alle intemperie e soffrono, oltre alla mancanza di
abitazione, abiti e cibo, malattie che sono ormai epidemie", aggiungeva il
CCRI.



"Il governo federale, statale ed il PRI, lungi dal fermare la loro ondata di
aggressioni, vogliono eludere la soluzione del problema principale che è la
scomparsa dei loro gruppi paramilitari ed il ritorno degli sfollati nelle
loro comunità. Mentre finge dialogare, il priismo chiapaneco si dedica al
saccheggio e distruzione dei beni degli espulsi dalle loro comunità. Caffè,
bestiame, abitii ed utensili domestici vengono spartiti tra i paramilitari
come bottino di una guerra nella quale ha sparato fino ad ora solo una delle
parti, quella del governo e del suo partito".



La comandancia zapatista fissa la sua posizione: "Il PRI rivela il suo vero
carattere: quello di nemico dei popoli indios ed uno degli esecutori della
politica di sterminio contro gli zapatisti che persegue il governo federale.
In giorni recenti la stampa nazionale ed internazionale ha mostrato la grave
situazione che soffrono gli indigeni zapatisti di Chenalhó. Quanto visto sui
media è solo una piccola dimostrazione della gigantesca dimostrazione di
intolleranza e crimine con cui il PRI ed i governi federale e statale
vogliono piegare la ribellione zapatista. Il fatto innegabile che gli
indigeni vengano assassinati e perseguitati, senza che essi rispondano alle
aggressioni, ha generato un'opinione pubblica sfavorevole al governo
messicano"

.

*Si studiano gli attacchi*



Per rimontare la corrente avversa, "i governi statale e federale ed i loro
gruppi paramilitari pianificano di aggredire fisicamente il rappresentante
del Vaticano, Justo Mullor, durante la sua prossima visita in Chiapas". Il
piano dei paramilitari e del governo "è presentare questi attentati come
realizzati da commandos dell'EZLN e, per questo, vestono i loro sicari con
uniformi e contrassegni dell'EZLN". Le "apparizioni" recenti di gruppi
armati presuntamente zapatisti a Las Margaritas ed in altri punti della
geografia chiapaneca sono "provocazioni montate per preparare lo scenario
che vogliono". Di fronte a questo, l'EZLN dice: "Come dall'inizio del
dialogo, le truppe zapatiste si mantengono nei propri quartieri di montagna
e non hanno realizzato né realizzano nessun movimento offensivo o al di
fuori delle loro posizioni".



Il comunicato aggiunge: "Oltre a coinvolgere l'EZLN nell'aggressione
progettata contro il nunzio, il governo vuole insabbiare l'attentato che Paz
y Justicia ha perpetrato contro i vescovi Samuel Ruiz e Raúl Vera, e
distogliere l'attenzione mondiale che il caso di migliaia di indigeni
sfollati da bande prieste a Chenalhó ha provocato negli ultimi giorni".



Invece di ordire "complicati complotti" come argomento per usare a fondo
l'opzione militare, il governo federale dovrebbe fermare i suoi
paramilitari, permettere il ritorno delle migliaia di profughi di guerra e
rispettare senza dilazione la sua parola impegnataa in San Andrés Sacamchén
de los Pobres. Così si contribuirebbe al dialogo e la pace smetterebbe di
essere una figura retorica nel discorso zedillista".



L'EZLN lancia "un appello urgente" alla società civile nazionale ed
internazionale "affinché accorra in aiuto dei nostri fratelli di Chenalhó".
La situazione "è drammatica, di vita o di morte per migliaia di indios
ribelli che credono ancora che la loro lotta non è contro altri indigeni, ma
contro il sistema che li condanna alla morte ed all'oblio"

.

*Il dramma degli esiliati*



Intanto, il presidente in turno della Cocopa, Carlos Payán Velver, dichiara
che la situazione è "molto grave" ed "è imprescindibile che tutta la società
incominci a protestare e preoccuparsi" (13 novembre). Le immagini mostrate
in televisione da Ricardo Rocha scuotono milioni di persone nel paese. Il
supplemento *Masiosare* di *La Jornada* il giorno 14 pubblica il reportage
di Blanche Petrich "La tragedia dei profughi". Ormai nessuno può dire che
Chenalhó è un segreto. Così l'inviata descrive la vita di un "accampamento":



Xoyeb è un casale a metà strada  tra Polhó e Yabteclum, di fianco ad un
ocotal, in un avvallamento tra le montagne. Sono 13 casette familiari, di
legno e tetti di lamiera tra milpas e banani. Tutti hanno aperto le porte
per condividere il poco che hanno con l'ondata dei nuovi arrivati, i loro
vicini.



Questi 488, con due neonati, sono di Yibeljoj. Stanno in due "accampamenti",
tetti minimi di foglie di banana. Gli ammalati più gravi sono alloggiati
dentro le case o sotto i pochi teli di plastica disponibili, perché è
inverno e piove continuamente. Cacciati dalla loro terra ancestrale, sono
qui da due mesi. Il promotore di salute stima che l'80% dei bambini ed il
60% degli adulti soffre di febbri. Ci sono dissenteria, malattie
respiratorie e gastrointestinali, tifo, alto rischio di colera.



Sotto una di queste minuscole coperture sta Zenaida. Ha 16 anni. Il suo
primo figlio, gli occhi insonnoliti dalla febbre, la pancia infiammata dai
vermi, gattona nel fango. Ancora non mangia tortilla e vuole il latte. Ma la
sua mamma lo guarda senza vedere, si stringe le ginocchia, si lamenta: anche
a lei fa male la pancia e la sua gonna azzurra indaco è inzuppata in sangue.
Il suo secondo figlio non nascerà più. E non ci sono antibiotici, neanche
un'asipirina, per aiutarla a sopportare le conseguenze dell'aborto. Sua zia,
inginocchiata al suo fianco, imbastisce frasi in tzotzil. Suo marito sta in
silenzio. Non possono fare niente per Zenaida. Neanche un tè.



Quando albeggia negli accampamenti nessuna donna è sotto le tettoie. Dai
camini esce fumo. Ogni casa è una cucina collettiva. Centinaia di mani
cooperano per attizzare i fuochi, tagliare la legna, cuocere il mais,
macinarlo, cuocere tortillas. Ne spetteranno due o tre a testa. Per tutta la
giornata. Fino a domani.



A mezzogiorno tutti avranno svolto qualche compito. Approfittando di un poco
di sole, gli uomini stendono le camicie bagnate. Le donne asciugano i loro
huipiles addosso. Si spulciano l'una con l'altra e chiacchierano. Ed i
bambini, in mezzo al dramma, ridono.



*L'ultimo dialogo di pace*

* *

Una nuova riunione di priiti e zapatisti a Las Limas il martedì 16 vede la
firma di un "patto di non aggressione" e mentre i ribelli insistono che lo
rispetteranno e chiamano la Croce Rossa Internazionale e l'Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), quello stesso
giorno viene assassinato da un gruppo di incappucciati un noto priista di
Quextic, Agustín Vázquez Secum, che si opponeva apertamente alla
paramilitarizzazione della sua gente (dal 16 al 20 dicembre).



Immediatamente, il municipio ufficiale accusa gli zapatisti ed assicura
perfino che i sopravvissuti dell'attacco hanno riconosciuto in due degli
aggressori delle basi zapatiste (unica versione che raccoglierà la PGR nelle
sue indagini, secondo *Il Libro bianco di Acteal*, 1998, ed a partire da lì
i successivi "storiografi" incaricati, perché con questo pezzo si finì di
costruire la spiegazione ufficiale di quello che sarebbe successo ad Acteal
sei giorni dopo).



Quella stessa notte, Las Abejas raccontano diversamente i fatti:
"L'imboscata è stata realizzata da priisti di La Esperanza, che hanno
divergenze con i priisti di Quextic". L'informazione coincide con quella del
consiglio autonomo di Polhó (18 dicembre), il quale aggiunge che in quella
zona del muncipio non ci sono più zapatisti. Queste informazioni saranno
ignorate d'ora in avanti dalle autorità, perché non quadrano con la
"spiegazione" del "conflitto intercomunitario ed interfamiliare" che la PGR
tenterà di imporre immediatamente dopo il massacro, per voce del procuratore
Jorge Madrazo Cuéllar (27 dicembre).



Il giorno 19 fallisce l'ultimo tentativo di negoziazione a Las Limas. Gli
autonomi non partecipano perché non ritengono che ci siano le condizioni di
sicurezza per il trasferimento della loro delegazione. Il sindaco priista
Jacinto Arias Cruz si oppone a che il lunedì 22 si incontri in una riunione
a Las Limas con la commissione di verifica degli accordi, così come a
fissare la data per un nuovo tentativo di negoziazione (20 dicembre). "Vi
avviseremo poi", dice Arias Cruz ai mediatori. I priisti non avviseranno
mai.



* Tutte le date tra parentesi corrispondono a notizie pubblicate da *La
Jornada. *



(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)
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