LE MANI SULLE CITTA' Traccia del workshop workshop su metropoli, grandi eventi, territori: una decostruizione degli immaginari che caratterizzano i grandi eventi come Expo, le grandi opere come il TAV o i grandi piani di governo dei territori metropolitani da Milano a Roma; tra rendita, privatizzazioni, precarietà, economie criminali e nocività quali percorsi attivabili per rivendicare mobilità sostenibile, diritti dell'abitare, beni comuni, salubrità e sostenibilità del vivere metropolitano nelle giornate di venerdì e sabato a margine e dentro gli altri incontri e presentazioni di libri previsti al camp si avvierà il dibattito preparatorio al workshop di domenica che si vorrebbe molto concreto nell'arrivare a: - una lettura condivisa delle trasformazioni in atto nell'area lombarda e le connessioni con quanto accade in altri territori e aree metropolitane - una piattaforma di lotta milanese riferita a Expo - rivendicazioni specifiche legate al luogo del camp - idee, azioni, vertenze attivabili su scala locale e nazionale sui contuti del workshop - forme di lotta metropolitana per attaccarei meccanismi della rendita parassitaria immobiliare e finanziaria Alcuni spunti a partire dall'analisi locale L'immaginario creato con Expo2015, e sopravvissuto all'onda che ha spazzato Moratti, nucleare e privatizzazione dell'acqua, sta alimentando da mesi i peggiori fenomeni speculativi e il consumo di suolo, soprattutto agricolo e dento territori teoricamente a parco. La metropoli dell’iperconsumismo, del cemento sovrano, della disuguaglianza sociale istituzionalizzata e della sudditanza dei corpi al mercato, però, ha fatto il suo corso. Il viale del tramonto imboccato dal modello produci, consuma e crepa viene comunemente definito crisi e pare esser sempre più irreversibile. Davanti a questa prospettiva la governance metropolitana tenta attraverso le grandi opere ed i grandi eventi – con la prassi dell’emergenza - di rialimentare meccanismi di crescita diffusa ma ottiene in realtà solo meccanismi di espropriazione e spostamento della ricchezza dei territori, oltre che l’imposizione dall’alto di modelli e stili di vita verso i quali fortunatamente cresce ogni giorni la resistenza. Vari sono oggi i comitati presenti in città e nell’hinterland che si oppongono ai grandi progetti di infrastrutture funzionali alla viabilità su asfalto, utili al modello economico che fa profitti attraverso la grande distribuzione, i flussi abnormi di merci e la precarietà imposta a tutti gli attori di questo ciclo, dal produttore al consumatore. Ricordiamo i comitati contro la TEM a Gorgonzola, i comitati civici contrari alla Pedemontana di Seveso, Bovisio Masciago, Cesano Maderno e quelli per l’interramento della Rho-Monza di Paderno Dugnano e Novate Milanese, solo per fare alcuni esempi di gruppi di cittadini decisi a non rimanere inerti davanti all’avanzamento del progresso (dell’asfalto). Ricordiamo inoltre tutti quei comitati pendolari (Milano/Novara, Mortara, Rho….) che lottano quotidianamente contro i rincari del biglietto e per migliorare le condizioni di quelli che comunemente vengono definiti “carri bestiame”, nel momento in cui d’altra parte ogni investimento del gestore ferroviario viene dedicato all’onerosa alta velocità o ad interventi dettati da logiche elettorali o consociative, di cui solo una ristretta élite socioeconomica può farne uso. Altrettanti sono i cittadini che in tutti questi anni si sono opposti all’aggressione dell’ambiente da parte del partito degli inceneritori e delle mancate bonifiche, i cui attori vanno dall’A2A (pronta a sacrificare la salute pubblica per un pugno di kilowattora in più), Moratti, Penati e Formigoni, , le mafie (che sui rifiuti, vedi il caso campano, sono ormai strutturali) e alcuni noti imprenditori locali di livello internazionale. A questa esigenza del capitale i territori, con in prima linea i comitati che vi nascono, rispondono con l’esigenza di una cultura del riciclo e del rispetto dell’ambiente che ci ospita. Il PGT di Milano, infine, è il nuovo strumento in grado di trasformare il suolo nel più efficace strumento di profitto – e di salvaguardia della rendita - del moderno capitalismo meneghino, assegnando in merito al rapporto istituzioni/terreni la priorità al mercato rispetto ai bisogni ed ai desideri dei cittadini. Un PGT che ha perso la capacità di progettare e programmare, ma che ha recepito le istanze della grande proprietà immobiliare e del sistema finanziario che dietro questo si nasconde. Un PGT che nella sistematica semplificazione normativa permette il prevalere di quegli interessi forti, strutturalmente conservatori, che si pongono come antitesi di una idea di città capace di creare vivibilità e sostenibilità. Sin da ora il PGT trova nella città l'opposizione dei comitati di lotta per la casa, delle associazioni che lottano contro ogni forma di razzismo, segregazione ed emarginazione, i comitati contro i parcheggi sotterranei e la speculazione sulle aree dismesse. Legge regionale, piano per le grandi opere viabilistiche e PGT portano a perfezione un modello di governo del territorio che, tutt'uno con la privatizzazione dei servizi pubblici, di rete ed alla persona, si alimenta della precarietà lavorativa ed esistenziale che costantemente la riproduce: i gradienti della rendita costringono la popolazione a spalmarsi sul territorio metropolitano frantumato e segregato, mentre il tempo di vita è frammentato dai tempi del lavoro precario, dagli infiniti tempi di spostamento Attività produttive chiudono per permettere al padrone la valorizzazione dei terreni dello stabilimento, centri commerciali sovradimensionati,integrati nel piano delle grandi opere, si insediano a scapito dell’agricoltura di prossimità, dei diritti di chi vi lavora e del potere d’acquisto dei consumatori , devastano il tessuto sociale di quartieri e paesi. Il territorio è divorato da un ciclo finanziario-immobiliare nel quale convergono i capitali dei grandi istituti bancari, che hanno tenuto in piedi le grandi società immobiliari piegate dalla crisi, e senza soluzione di continuità i capitali della 'ndrangheta, delle attività in nero . I costi sociali alti si sommano al depauperamento delle risorse pubbliche intese come servizi tagliati o privatizzati per fare cassa (secondo la cara sussidiarietà che piace da destra a manca), diritti edificatori concessi per incassare oneri, casse che si impoveriscono per inseguire l'evento salvifico che poi lascia i buchi di bilancio (da Atene a Torino passando per Saragozza...e Milano si mette in coda). Gli strumenti regolatori che dovrebbero tutelare l'interesse debole, pubblico, collettivo in realtà sono legiferati in funzione della pepetuazione di un neoliberismo d'accatto (peraltro sonoramente sconfitto dai movimenti per l'acqua con il referendum) a garanzia del privato di turno sia l'immobiliarista o il privato sociale. Il modello di governo del territorio determina infine il rapporto con tutto quanto non rientra nel "piano" e da disciplinare: sgomberi, controllo sociale, espulsioni di massa (vedi triboniano), militarizzazione dei quartieri meticci, gentrificazione le soluzioni con cui Milano, e non solo, affronta i bisogni sociali con la scusa di punti di crisi o problemi di convivenza, libera la città a nuovi profitti e rendite. A proposito di immaginari -Che senso ha costruire grandi opere, alberghi, centri commerciali, grattacieli spesso poi inutilizzati? Chi ha interesse e perchè a costruire strutture che poi non hanno un mercato? -Qule ruolo gioca la ndrangheta nel ciclo dell'edilizia, movimento terra, lavoro nero, calcestruzzo, bonifiche e smaltimento. Cosa succede in lombardia? - Il sistema fiera e il sistema expo. Il modello fatto di subappalti, precarietà e lavoro nero con cui si è costruita e gestita la fiera sarà il modello expo?