[Cslist] [Fwd: Inoltra: INTOLLERANTE AI CARABINIERI]

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Thu Aug 27 23:35:56 CEST 2009


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Subject: Inoltra:  INTOLLERANTE AI CARABINIERI
From:    "transiti_inconsci28" <transiti_inconsci28 at yahoo.it>
Date:    Wed, August 26, 2009 11:49 am
To:      telviola at ecn.org
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--- In fori-sociali at yahoogroups.com, "Meletta" <meletta at ...> ha scritto:

dal sito  <http://filiarmonici.wordpress.com/> Filiarmonici: INTOLLERANTE AI
CARABINIERI

Abbiamo deciso di occuparci di questa storia.

Non é una scelta corrente per Filiarmonici, che non usa pubblicare testi
propri e tanto meno condurre inchieste. Non l'ha mai fatto e, allo stato,
non é prevedibile che lo faccia in futuro. Precisiamo questo per non doverci
ritrovare domani, tirati per la giacchetta per non aver seguito questa o
quell'altra delle mille ingiustizie che l'Italia (e perché solo l'Italia
poi?) sforna con prevedibile regolarità. Questa nostra é un'eccezione, e
probabilmente tale rimarrà.
Perché, dunque, ci siamo orientati a tralignare da una condotta consolidata
in parecchi anni? Non perché le vittima fosse un anarchico: semmai
coltiviamo la speranza che questo elemento ci consenta di arrivare con
minori difficoltà a scoprire quanto ci preme. Ma perché ci sono almeno due
aspetti che questa vicenda può portare all'attenzione di molti, di quei
molti che intuiscono che degli strumenti di controllo dei comportamenti é il
caso di diffidare, ma che non hanno mai avuto il tempo e l'occasione per
indagarne un po' più a fondo i processi, le finalità, gli strumenti.

Foto di Valentina Perniciaro _le testuggini di Genova 2001_

Foto di Valentina Perniciaro _le testuggini di Genova 2001_

Il primo é il TSO, il Trattamento Sanitario Obbligatorio. Come tutto ciò che
deriva da un obbligo, é immediato comprendere che si tratta di uno strumento
esposto per natura agli abusi. Alcuni tra noi pensano addirittura che un
obbligo socialmente imposto sia di per sé un abuso. Tuttavia, un po' tutti,
specie i moltissimi che non hanno esperienza personale e diretta di casi
simili, sono portati a ritenere che, in fin dei conti, il TSO colpisca
ossessi e furiosi, temporaneamente o stabilmente pericolosi. Che si tratti
di una violenza, magari eccessivamente brutale, ma in qualche modo non del
tutto evitabile.
Poiché noi (anche perché alcuni di noi operano in maniera approfondita per
denunciare questo strumento) sappiamo che non é così, ecco una buona
occasione per mettere in evidenza la realtà. Il TSO è un abuso in sé, non é
uno strumento medico, ma di controllo e repressione sociale, che mira alla
psichiatrizzazione totalitaria dei comportamenti. E che, in quanto tale, si
presta poi ad ulteriori abusi, facendo rientare nella propria casistica
anche molti che, in base ai protocolli, oggi come oggi non vi
rientrerebbero. La nostra ipotesi é che la vicenda di cui ci occupiamo sia
di questo tipo. Ma, in ogni caso, l'esito tragico ci dimostra quanto il TSO,
lungi dal difendere da una pericolosità ipotetica e tutta da dimostrare,
costituisca un pericolo, frequentemente un pericolo mortale. Di TSO si muore
abbastanza spesso, e si ha la vita rovinata il più delle volte. Questo, se
il TSO è stato deciso secondo tutti i crismi della legge. Ma, e qui veniamo
alla seconda questione, noi dalle cronache abbiamo tratto l'impressione che
forse, o magari probabilmente, questo particolare TSO abbia corrisposto a
una volontà persecutoria specifica, ad opera di qualcuno che aveva il potere
di attivare la procedura, e che covava un odio di antica data nei confronti
di Francesco Mastrogiovanni. Tutti i dati confermano che lui si sentiva
perseguitato e sussiste l'ipotesi che sia questo suo terrore ad avergli resa
fatale la contenzione (che non fa bene a nessuno, ma che in genere non
uccide in soli quattro giorni). Ora, considerando che da ragazzo era stato
arrestato per essersi difeso da un'aggressione omicida, che una seconda
volta era stato arrestato per aver protestato "per una multa", può darsi che
gli si fosse formata quella che le persone superficiali e i mentitori
professionali chiamano "mania di persecuzione".

Ma, e l'ultima vicenda lo conferma anche ai più scettici, lui era
effettivamente perseguitato. Tanto più che le ragioni dell'ultimo TSO
appaiono totalmente nebulose, e verosimilmente false. Quindi, appare
ragionevole l'ipotesi che fosse in atto, forse da molto tempo, una precisa
macchinazione nei suoi confronti ad opera delle autorità. I motivi esatti, i
protagonisti precisi, vorremmo scoprirli e indicarli al giudizio di
ciascuno. Tanto più che ci appare urgente portare alla luce un aspetto
dell'Italia poco noto a chi vive nelle grandi città, all'ombra
dell'anonimato che ci regalano le moltitudini: nella provincia, nei piccoli
paesi, esiste sovente una sproporzione fra soggetti da controllare e
controllori. Questo innesca molte volte una capillarità ossessiva
dell'osservazione dello stato. In pratica un'intera stazione dei
carabinieri, o un intero ufficio Digos si occupa stabilmente di un unico
minimo gruppetto di tipi strani o addirittura di un unico individuo con la
"fobia per i carabinieri". Questa é una vessazione in sé, anche quando non
conduce né a TSO né a procedimenti penali. Ma di solito vi conduce. Sono
cose che non si sanno. O cui non si pensa. Noi vogliamo che si sappiano, e
vogliamo che tutti ci riflettano e possano giudicare se si sentano sicuri
grazie a ciò che si fa in nome della sicurezza. E della sicurezza di chi si
stia parlando: perché Francesco Mastrogiovanni stava in vacanza e dopo
quattro giorni era morto, perché le forze dell'ordine erano andate a
prenderlo. Questa é l'unica cosa indiscutibile da cui partiamo. A questo
fine intendiamo raccogliere, pubblicare e diffondere tutti gli elementi che
emergeranno. Invitando ciascuno a ricavarne le opportune riflessioni. Già
che ci siamo, ne avanziamo subito una: gli stessi carabinieri che avevano
fatto il blitz contro Mastrogiovanni che passeggiava in ciabatte da mare,
adesso portano avvisi di garanzia a medici e infermieri. Lo stesso stato che
ha determinato il danno, ora pretende di giudicarlo e di distribuire
assoluzioni e forse anche condanne. Nei riguardi tutti, salvo che di sé
stesso e delle sue leggi. Ecco, nella ricerca che vorremmo avviare, lo stato
non dovrà essere al di sopra delle parti, ma essere chiamato precisamente in
giudizio. Già ora infatti, con i soli dati di cui disponiamo, é evidente che
Mastrogiovanni é morto a causa dello stato. E che quindi, come sempre
d'altro canto, non é dallo stato che possiamo attenderci verità e giustizia.

POI, DI SANDRO PADULA, pubblicato su L'Altro, questo articolo molto bello


Giustizia: Francesco Mastrogiovanni; basta anarchici "suicidi"
di Sandro Padula, L'Altro, 18 agosto 2009

1972. Su via Velia a Salerno, in un pomeriggio di luglio, muore accoltellato
il giovane militante del Msi Carlo Falvella. In carcere finisce l'anarchico
Giovanni Marini e ci resta svariati anni. Qui, e lo diciamo con rispetto
verso i parenti della vittima, non è importante ricostruire la dinamica del
fatto. A quel tempo il clima politico era pieno di odio e bastava poco
perché nascessero delle risse o delle forme di violenza sanguinaria fra
giovani di opposte idee politiche.
<http://baruda.net/2009/08/22/su-francesco-mastrogiovanni/giipol000508200908
13/> giIPOL00050820090813 Qui si vuole ricordare un'altra cosa. Da quel
giorno cambia anche la vita dell'anarchico salernitano Francesco
Mastrogiovanni.
Lui vive con dolore quella tragedia la cui eco, proprio come succede in ogni
piccolo centro urbano nel quale tutti si conoscono, è moltiplicata
all'ennesima potenza e la cui radice storica affonda nelle secolari guerre
fra i poveri conosciute dal sud d'Italia. Come se non bastasse, è schedato
dai carabinieri perché, proprio come Giovanni Marini, ha idee anarchiche.
1999. Francesco viene arrestato per oltraggio a pubblico ufficiale.
Trascorre diversi mesi in carcere. Alla fine si scopre che è innocente e
riceve un risarcimento per ingiusta detenzione.
2009. Il 31 luglio Francesco viene ricoverato all'ospedale San Luca in
seguito ad una crisi di nervi e conseguente certificato di trattamento
sanitario obbligatorio. Muore dopo quattro giorni di degenza. L'autopsia
attesta che Francesco è morto per un edema polmonare provocato da
un'insufficienza ventricolare sinistra. Inoltre si scopre che il suo corpo
presenta profonde lesioni a polsi e caviglie.
Lacci e lacciuoli di ferro o di plastica? Questo sospettano in procura. La
pratica della contenzione è ammessa per legge solo in stato di necessità e
soltanto poche ore, fino alla terapia chimica. Invece, secondo la procura di
Vallo della Lucania, le lesioni dimostrerebbero l'allettamento forzato e
prolungato del paziente. Non si sa ancora se Francesco sia morto dopo
quattro giorni interi di letto di contenzione. In ogni caso è morto in un
letto di contenzione e il matto, statene certi, non era lui.
Venerdì 31 luglio le forze dell'ordine, con un dispiegamento da guerra di
terra e mare, circondano il bungalow dove Francesco è ospite. La notte
precedente, secondo la versione ufficiale, "avrebbe tamponato quattro
autovetture".
Non ci sono le prove. L'automobile di Francesco è normalmente parcheggiata
sotto la sua abitazione di Castelnuovo Cilento e non mostra segni di alcun
danno. Francesco, sempre per nulla o poco fiducioso nelle istituzioni dello
Stato, scappa verso il lido. Prende l'ultimo caffè e fuma l'ultima
sigaretta. Viene acciuffato e spedito nell'ospedale psichiatrico San Luca,
il posto in cui non avrebbe mai voluto finire perché temeva di morirci
dentro. "Hanno ucciso un uomo in letto di contenzione", dice il pm nel suo
atto d'accusa.
Che dire a tale riguardo? Conoscendo il carattere torturante delle carceri
in quanto tali, non possiamo auspicare il carcere a nessuno. Sappiamo solo
che l'ospedale San Luca dovrebbe essere posto sotto inchiesta amministrativa
da parte della Regione Campania e invece quest'ultima finge che nulla sia
successo. Sappiamo inoltre che a piangere la morte di Francesco, Franco per
gli amici, sono stati i partecipanti al funerale svoltosi il 13 agosto, i
suoi alunni della scuola elementare e l'intera popolazione, nessuno escluso,
di Castelnuovo Cilento.
In un paese come l'Italia, in questo strano impero del bene, non dovremmo
meravigliarci se gli attuali indagati per la morte di Francesco fossero
assolti dall'accusa di omicidio colposo.
Nessuno però ci venga a dire che Franco, amico della vita, dei suoi giovani
studenti, dei suoi concittadini e di tutti i libertari del mondo, si sarebbe
suicidato. È da secoli che si racconta la favoletta secondo cui gli
anarchici amerebbero suicidarsi. Adesso basta.

Ristretti Orizzonti, 18 agosto 2009

Comunicato dell'Associazione Italiana Psichiatri – AipsiMed – sulla morte
del prof. Franco Mastrogiovanni, nel Spdc di Vallo della Lucania. Vorrei
aggiungere ai tanti pervenuti in questi giorni anche un commento altro, il
mio, condito di qualche riflessione riguardante la tragica e disperata morte
del maestro, insegnante, Franco Mastrogiovanni, avvenuta all'interno del
Servizio di Diagnosi e Cura Psichiatrico di Vallo della Lucania (Sa).
Dei drammatici eventi tutti coloro che sono addentro alle cose
dell'assistenza psichiatrica, anche perché puntualmente aggiornati da
AipsiMed, sono oramai al corrente, ragion per cui non vi tornerò. Ma
certamente è bene fare anche un po' l'avvocato del diavolo in questo che
pare già esser connotato come un processo scontatamente sommario ai sette
dirigenti medici.
Stavolta, contrariamente all'iconografia ufficiale, questo Diavolo vuol
essere anche un buon diavolo, provando a essere persino equilibrato in un
dibattito processuale che appare senza un contenzioso dibattimentale di tipo
etico e culturale. Ma il Diavolo oggi parlerà da un angolo visuale un po'
spostato, magari defilato, provando tuttavia ad allargare maggiormente
orizzonti pur di andare a rintracciare cause anche remote che possono stare
dietro e aver persino causato la morte di Mastrogiovanni.

Foto di Valentina Perniciaro _senza casa al Campidoglio, circondati dai
servi di Stato_

Foto di Valentina Perniciaro _senza casa al Campidoglio, circondati dai
servi di Stato_

I colleghi quando si laurearono in medicina e chirurgia pensavano che "da
grandi" avrebbero fatto i medici. I colleghi dopo la specializzazione in
psichiatria hanno affinato la loro preparazione anche intima, effettuando
complessi e complicati percorsi formativi pensando che da grandi avrebbero
fatto gli psichiatri. Nulla di tutto questo. Sono stati sì assunti
dall'azienda sanitaria locale, ma arruolati con i compiti di psico-polizia,
quella funzione che dai manicomi in poi identifica ancora oggi la tipologia
dell'intervento psichiatrico in specie per le psicosi maggiori.
Di questo sono al corrente anche i tutori dell'ordine che ben volentieri si
fanno affiancare dagli psichiatri territoriali nella "cattura" delle persone
che appaiono di pubblico scandalo e demandano solo agli psichiatri dei
reparti psichiatrici la custodia di quelle stesse persone e prima ancora che
sia stata effettuata una diagnosi precisa sulle loro vere condizioni
clinico-psicopatologiche.
Non solo, ma quegli stessi psichiatri devono anche far passare nel più breve
tempo possibile lo stato psichico che potrebbe aver sotteso condotte
antisociali. E con che? Con gli psicofarmaci in primis, con il controllo
costante da parte di loro stessi e degli infermieri collaboratori e, estrema
ratio, con la contenzione.
Insomma gli psichiatri vanno in guerra all'attacco e non in difesa,
combattendo una battaglia che mai avrebbero voluto condividere e,
soprattutto, vanno in campo con armi giocattolo finendo per tradire ogni
giuramento di Ippocrate. Ma si può?
Uno psichiatra è oggi messo nelle condizioni di non potere attendere la
trasformazione, anche assai favorevole, di uno stato psichico, ma dev'essere
un leguleio conoscitore di quanti minuti bastano per tenere contenuta una
persona. Deve servire, obbedire e combattere senza disporre neppure di un
test sull'alcolemia di cui è portatore la persona a loro "affidata", ma deve
subito sedare con i gravissimi effetti in termini di
interazione\potenziamento dell'alchimia alcool\psicofarmaci. Non può subito
effettuare un elettrocardiogramma alla persona che gli portano, visto che
per la trafelatezza e la concitazione dell'intervento, che la persona sia
affetta da ipertrofia del ventricolo sinistro (come in Mastrogiovanni) al
mandante del ricovero pare essere l'ultimo dei suoi problemi.
Si dirà: ma per un medico questo è essenziale! È vero. Ma quanti collaborano
a che la persona agitata se ne stia buona buona su un lettino a praticare
tutte le indispensabili analisi emato-cliniche e gli accertamenti
diagnostici strumentali? Bisogna trovarcisi in quelle bolge dantesche
chiamate pronti soccorso all'interno dei quali afferisce tutta un'umanità
dolente (non solo nel corpo) ed uno sparuto di medici annichiliti
dall'angoscia relativa all'improbo compito tenta di rendersi utile nella
sofferenza senza finire sotto inchiesta.
Non ci si vuole dilungare troppo e, si sa, l'unica soluzione per i medici,
per gli psichiatri, consiste nell'attenersi rigidamente a ciò che attiene
all'intervento sanitario delegando ad altre figure ed istituzioni il
controllo del male sociale.
Pare che Mastrogiovanni prima di entrare in Spdc abbia urlato che se finiva
in psichiatria sarebbe morto. Non sarebbe stato meglio per lui, oltre che
per la sua storia anche politica, una permanenza breve e solo per
accertamenti in una struttura solo investigativa e non sanitaria e rimandare
ad altri momenti l'acquisizione psicodiagnostica delle cause delle sue
angosce di sempre, magari con la costante presenza di uno psichiatra
chiamato in consulenza e solo per proteggerlo e non per fargli da Caronte o
da suo persecutore più o meno occulto?
La risposta solo è rintracciabile negli intestini d'una legge di assistenza
psichiatrica che non s'è mai voluta interrogare sul suo mandato e sulla sua
vera funzione. Che Dio ci perdoni. Tutti.





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