[Cslist] incontro delle realtà del PATTO calabrese

c.s.o.a. A.Cartella csoacartella at ecn.org
Tue May 6 16:48:54 CEST 2008


In vista dell'appuntamento di Riace del 24 e 25 maggio l'assemblea delle 
realtà tenutasi il 26 aprile ha convocato un nuovo incontro intermedio 
che si terrà il 17 e 18 maggio a Decollatura (CZ), con ritrovo presso 
l'Hotel Cardel.

Il programma provvisorio della due giorni:
17 maggio:     h. 15:00 -- Assemblea di apertura dei lavori e 
organizzazione delle attività tematiche
18 maggio:     h. 10:30 -- Assemblea generale conclusiva

Per organizzare al meglio l'iniziativa, invitiamo tutte le realtà a 
partecipare ed a segnalarci tramite mail quant* seguiranno la due giorni 
e possibilmente le tematiche di interesse, tenuto conto della richiesta 
fatta da alcune realtà di poter approfondire anche altri temi come 
"/mafia ed antimafia sociale/"

E' prevista la possibilità di cena+alloggio+colazione a €35,00.

Di seguito la sintesi dell'incontro del 26 aprile:

In vista dell'incontro nazionale del Patto di Solidarietà e Mutuo 
Soccorso che si terrà a Riace il 24 e il 25 maggio, la rete delle realtà 
calabresi di lotta che vi aderiscono si è riunita il 26 aprile al 
C.S.O.A. Cartella di Reggio Calabria, insieme alle soggettività 
messinesi con cui si condividono problematiche e lotte.
Al di là dell'impossibilità di alcune realtà di partecipare 
all'incontro, è stata un'occasione per ritrovarsi e per confrontarsi 
sulle contraddizioni che la nostra regione esprime, sempre più stridenti 
e che confermano una linea di tendenza storica nel segno 
dell'espropriazione e del degrado, che oggi si radicalizza e sembra 
diventare definitiva negli esiti.
La Calabria come estrema periferia coloniale dell'"impero" Europa si 
trova oggi più che mai oggetto di interventi devastanti che, se non 
efficacemente contrastati, comprometteranno definitivamente ogni 
equilibrio ecologico e sociale e renderanno invivibili, se ancor più 
possibile, le condizioni delle popolazioni che vi risiedono.
 
Dal Pollino allo Stretto, la lista delle doglianze di questa terra 
martoriata si fa infatti sempre più lunga e terribile.
A partire dall'interminabile e strumentale emergenza ambientale che, 
anche qui, ha assecondato la nefasta opzione inceneritorista, senza 
eliminare, anzi cronicizzando, le speculazioni economico-mafiose delle 
discariche legali e abusive.
Seguendo il filo degli interessi di chi continua a sostenere che gli 
inceneritori valorizzano e che i rifiuti sono fonte energetica 
rinnovabile, si arriva presto agli appetiti del capitalismo energetico 
che vuole imporci il più grande rigassificatore tra quelli previsti in 
Italia e intorno a questo una miriade di centrali, tra biomasse, 
turbogas e carbone, ad appestare l'aria di una regione che già esporta 
più del trenta per cento dell'energia prodotta.
Ancora, seguendo gli intrecci societari che mischiano singolarmente 
l'elettricità con i rifiuti e l'acqua nell'unico grande business dei 
servizi pubblici locali, sempre meno pubblici in verità e ancor meno 
servizi, incontriamo la più grande multinazionale del ramo, la francese 
Veolia, cui sono state svendute le nostre risorse idriche, come già 
altrove in Italia aumentando tariffe e disservizi, ma in un contesto, 
qui, dove spesso farsi una doccia è un lusso. A questo si somma la 
desertificazione quale effetto, il più distruttivo, dei cosiddetti 
"mutamenti climatici", che proprio nella Calabria trova la regione più 
esposta d'Italia.
Ma le nuove devastazioni non eliminano quelle vecchie, e con suggestivi 
nomi come /Europaradiso/ ecco ripresentarsi gli speculatori 
dell'industria turistica, locale, nazionale ed internazionale, che 
continua a consumare scelleratamente il territorio al punto da 
rendercelo inguardabile ed inagibile.
Fino ad arrivare, lungo la stessa via di cemento armato, alle piccole, 
grandi e grandissime opere, che dietro la mistificante chimera del 
"ponte sul mediterraneo" ci vogliono seppellire vivi tra i piloni del 
Ponte sullo Stretto, e prima ancora prospettarci un futuro prossimo 
d'interminabili cantieri, come quelli della famigerata A3, senza 
risolvere e anzi aggravando il problema di come spostarci da paese a 
paese, da costa a costa, o di partire e ritornare in condizioni di 
viaggio dignitose e umane.
Per non parlare infine di porti e zone franche, ovvero di Gioia Tauro 
"volano dello sviluppo regionale", tanto magnificato da istituzioni e 
grandi imprese quanto terribile nelle condizioni neoschiavistiche che vi 
s'impongono ai lavoratori, ostaggi di una terra che paga caramente la 
propria fame di occupazione e benessere...
 
Lo scenario che si profila è dunque quello di una regione condannata dal 
capitale e dai suoi governi alla monocultura più infestante, quella che 
prende il nome di logistica e vuol dire terra destinata a ospitare 
impianti inquinanti, mezzi di trasporto ultraveloci in transito e 
turisti stagionali in massa; terra sempre più degradata e priva di 
abitanti, salvo pochi lavoranti schiavizzati, ché chi non emigra perché 
non vuole o non può è destinato a morire di 'ndrangheta, repressione o 
nocività.
 
Tutto questo a vantaggio del blocco economico sociale dominante che 
coniuga notabilato locale in cerca di nuove clientele, imprenditoria 
variamente collusa sempre a caccia di finanziamenti da malversare e 
capitale mafioso da reinvestire e moltiplicare attraverso questi 
mega-appalti, con tutto il sanguinolento corollario di lotte per 
l'egemonia territoriale condotte a forza di bombe e mitragliate.
Al di là di ogni analisi politicamente schierata, arrivano le inchieste 
della magistratura a confermare la saldatura storica di questo complesso 
di potere con la politica nazionale, che ne raccoglie i consensi, e il 
grande capitale, che lo usa come puntello per saccheggiare 
selvaggiamente un territorio e sfruttarne liberamente la popolazione.
Per fare qualche nome, Italcementi, dell'industrial capitano Pesenti, 
icona del cementifero e sottosviluppato capitalismo nostrano, si scopre 
legata alle cosche della piana di Gioia Tauro, come succede 
specularmente in Sicilia tra la gloriosa Calcestruzzi e Cosa Nostra, per 
governare gli appalti e garantirsi una manodopera sottomessa e sottopagata.
Ecco che questa saldatura si rinnova oggi attraverso l'ondata delle 
grandi opere, con cui le cordate del capitale italiano pensano di 
affrontare la fase di crisi recessiva acuta, pompando i profitti 
attraverso l'investimento pubblico... che novità!
Impregilo, che vuol dire Gavio, Benetton, Capitalia, e appunto 
Pesenti... ma pure la concorrente Astaldi, la più antica Ansaldo e le 
megacooperative rosse (???)... e ancora Belleli e poi ancora De 
Benedetti, coi suoi rigassificatori e le sue centrali, per finire ai 
colossi del capitale pubblico energetico Enel ed Eni.
Tutti accompagnati e concorrenti delle multinazionali europee, che 
nell'Unione fortezza del libero mercato unificato possono ora venire 
anche loro qui a sradicare alberi ed aprire cantieri.
 
Ma non ci siamo riuniti per suonare le campane a morto della nostra terra.
L'incontro è stato soprattutto l'occasione per fare il bilancio di un 
anno di lavoro e lotte.
Perché se lo scorso è stato l'anno della fioritura in tutt'Italia del 
Patto del Mutuo Soccorso, attraverso una moltiplicazione dei fronti di 
lotta, è vero anche che la Calabria ha visto il rinascere di un 
movimento territoriale diffuso che non si vedeva dai tempi dell'epocale 
lotta contro la megacentrale a carbone di Gioia Tauro; un movimento che 
trova i prodromi negli anni di mobilitazione continua contro la 
minaccia, mai veramente sventata e oggi nuovamente in auge, del Ponte 
sullo Stretto.
La manifestazione del 22 dicembre a Gioia Tauro, contro tutti gli 
impianti inquinanti e per la difesa dei beni comuni, ha rappresentato il 
momento di piazza più qualificante di questa stagione, con ottomila 
persone mobilitate, presente anche una delegazione del presidio di 
Grottaglie, mentre contemporaneamente a Crotone si protestava contro la 
megadiscarica e a Napoli contro il nuovo scellerato piano rifiuti... una 
giornata che prefigurava l'unità d'azione meridionale delle lotte 
territoriali.
Ma quella era anche una giornata che sanciva la saldatura tra la 
resistenza della popolazione della piana e la lotta della più importante 
realtà occupazionale dell'area: il porto di Gioia Tauro. Abbiamo così 
verificato come la protesta contro gli impianti inquinanti possa 
acquisire uno strumento d'impatto micidiale come lo sciopero, che tra i 
portuali registrò quel giorno un'adesione dell'80%. A partire da quel 
momento abbiamo approfondito i legami tra queste due lotte, rompendo 
l'isolamento che soffocava quella dei portuali, secondo le intenzioni 
criminalizzanti della multinazionale che gestisce il porto e che li 
vorrebbe acquiescenti e sottomessi a ringraziare per il posto di lavoro 
elargito.
 
Ma al di là di momenti di piazza più o meno riusciti, abbiamo 
riconosciuto la necessità di confrontarci e riflettere sulle difficoltà 
del lavoro quotidiano nei territori. La pratica dell'autorganizzazione, 
come momento di crescita di quella coscienza collettiva necessaria per 
costruire percorsi di lotta duraturi ed efficaci, si misura sulla nostra 
capacità di radicamento e messa in responsabilità diretta della 
popolazione che risiede in questi luoghi. In questo senso, si è voluto 
problematizzare le forme comunicative con cui ci relazioniamo alla 
società civile, individuando in questo il presupposto di ogni sviluppo 
della lotta. "Parliamo come mangiamo" si è detto, a sintetizzare 
l'esigenza di strategie comunicative che sappiano superare la diffidenza 
spontanea che in questi contesti si respira verso i discorsi "politici". 
Deideologizzare il nostro lessico è dunque il primo passo. Ma le nostre 
non sono campagne d'opinione e l'autorganizzazione non si esprime nei 
convincimenti ma nella lotta fattiva. Per questo, il problema della 
comunicazione va posto in relazione con la necessità di creare spazi di 
socializzazione nei quali il nostro messaggio possa tradursi in pratica 
collettiva.
Perché al di là delle suggestioni esotizzanti di moda nei salotti 
radical-chic della metropoli, non è affatto vero che il Mezzogiorno 
d'Italia sia ancora la terra delle comunità integre e felici, dei valori 
autentici e delle tradizioni sane. Il Mezzogiorno e la Calabria in 
particolare è ancora la terra dei paesi, ma questi subiscono come e più 
della metropoli un processo di degrado e disgregazione che è prossimo ad 
annullare ogni vitalità sociale. Le piazze si svuotano e i centri 
commerciali si affollano di gente tutta presa ad ammassare i simboli del 
benessere consumistico nei salotti di casa. E nell'inseguimento di 
questi bisogni indotti aumentano i debiti, diminuiscono i servizi e 
decade l'ambiente che circonda le nostre case, mentre la frustrazione 
cresce proporzionalmente alle illusioni assorbite dalla televisione e ci 
impedisce d'individuare le cause reali del nostro malessere. È così che 
l'emigrazione ritorna l'unica via di fuga possibile per chi vuole 
raggiungere gli artificiali paradisi di benessere metropolitano. Lo 
sradicamento il punto d'arrivo reale di questo processo.
Riattivare pratiche di socializzazione primaria, riacquistare il senso 
dello spazio comune come luogo dello stare insieme risulta quindi essere 
la prima conquista, propedeutica allo sviluppo di un rinnovato senso del 
bene comune come noi lo auspichiamo. Stare insieme per decidere insieme.
 
A questo scopo, superare definitivamente la vulgata del "popolo dei no", 
argomentare, sviluppare le *nostre proposte* e soprattutto divulgarle è 
un compito immediato e improrogabile. In questo senso vanno chiariti i 
termini di accesso alle istanze decisionali o consultive (commissioni 
provinciali, regionali, nazionali..., VIA, VAS, AIA), presso le quali 
far valere le nostre competenze, la razionalità dei nostri no, la 
fattibilità delle alternative e capitalizzare il patrimonio di consenso 
popolare raggiunto.
Ma neanche questo basta, ché il capitalismo, si sa, ha un'indole 
"anarchica" e quando serve bypassa tanto il buon senso della scienza 
quanto il vincolo di legalità. La questione non è tecnica, bensì 
politica. È una questione di potere. A fronte degli assetti che 
vorrebbero i processi di trasformazione dei territori governati a 
discrezione solo di imprese e governanti, bisogna opporre la sovranità 
popolare quale unica istanza decisionale legittima. L'autogoverno 
diventa allora la prospettiva strategica dei movimenti territoriali e il 
senso politico ultimo del processo di crisi della rappresentanza da 
questi innescato. Ma questo processo costituente di un contropotere 
popolare territoriale deve dotarsi di una tattica e una strategia 
adeguate, di obiettivi intermedi attraverso i quali conquistare passo 
passo quote sempre maggiori di potere decisionale.
 
Questa chiara esigenza di radicamento si presenta ancora più stringente 
alla luce della fase che si prospetta. Al di là dei risultati 
elettorali, ché in questa come in tutte le questioni essenziali la 
contrapposizione tra i due schieramenti si rivela una pura formalità, si 
apre una fase di accelerazione di tutti i processi di riassetto 
territoriale che in questi anni sono stati preparati dai governi di ogni 
colore, tanto con dispositivi legislativi ad hoc (Legge Obiettivo, 
Sblocca Centrali...) quanto con la proliferazione, approvazione e 
avviamento dei vari interventi (centrali, ponti, autostrade, Tav) che, 
secondo i piani di adeguamento infrastrutturale di Confindustria, sono 
essenziali a riavviare il ciclo dell'accumulazione capitalistica. Non 
transigere né esitare è il mandato che prima delle elezioni Montezemolo 
ha trasmesso a entrambi i candidati Premier e possiamo star ben certi 
che il costituendo governo lo rispetterà, passando come un rullo 
compressore su tutte le resistenze locali che intralciano i piani di 
/lor/ /signori/. E allora le RESISTENZE dovranno RESISTERE più 
fortemente e a questo compito prepararsi trovando più saldo radicamento 
nel tessuto sociale e metodi più efficaci di lotta per non essere 
spazzate via.
 
S'impone allora un superamento del mutuo soccorso, che pure è necessario 
ma non basta ad articolare efficacemente le varie resistenze in una 
prospettiva strategica. Per essere concreti: se ad Aprilia si combatte 
contro la centrale a turbogas che la Sorgenia di De Benedetti vorrebbe 
costruire mentre a Gioia Tauro si prepara la resistenza alla 
realizzazione del megarigassificatore, che fa capo alla stessa azienda, 
è insensato che le lotte procedano parallele e unite solo da un generico 
vincolo di solidarietà. Serve una strategia chiara che articoli i 
passaggi di entrambe le lotte in una prospettiva volta ad inceppare i 
piani del nemico comune. Perché probabilmente la Sorgenia non avrà più 
interesse, o ne avrà meno, a costruire la Turbogas di Aprilia se non 
potrà disporre del gas naturale a basso costo garantito col 
rigassificatore di Gioia Tauro.
 
In questo spirito abbiamo ragionato sull'incontro di Riace, a partire 
dal riconoscimento di uno specifico storico economico e sociale 
dell'area meridionale che giustifica un'articolazione il più stretta 
possibile dei percorsi di lotta che vi si realizzano.
Perché specifico è il modo in cui funziona nelle nostre aree il miraggio 
occupazionale, con cui spesse volte si vogliono sedurre le popolazioni 
di un territorio destinato ad accogliere uno di questi mostri. 
Specifico, in senso statistico perché maggiore, è il disagio economico 
che rende allettanti indennizzi economici e opere compensative che 
rispondono all'aspirazione spasmodica di benessere consumistico. E 
specifico, ancor di più, è il complesso d'inferiorità che le nostre 
popolazioni colonizzate subiscono verso l'onnipotenza del capitalismo 
industriale, anche in virtù delle fanfare mediatiche che c'inculcano la 
visione salvifica dello "sviluppo" e non ci fanno vedere come questo, 
storicamente, si sia già realizzato nei nostri territori come 
sottosviluppo, complementare e funzionale al primo. Il nostro malessere 
è l'altra faccia del benessere delle fasce sviluppate. Noi siamo il 
terzo mondo all'interno del primo mondo.
*Per questo proponiamo che le realtà di lotta meridionali che 
parteciperanno a questo incontro nazionale arrivino a Riace già dalla 
sera del 23, in modo che la mattina seguente si possa realizzare una 
prima assemblea meridionale...*
 
Riteniamo inoltre di dover arrivare a quest'appuntamento adeguatamente 
preparati, per dare allo stesso un respiro programmatico che ci faccia 
avanzare concretamente nel senso sopra indicato.
E allora proponiamo che tutte le realtà di lotta calabresi s'incontrino 
nuovamente in una data intermedia per affrontare tematicamente le varie 
questioni ed articolarle in una visione organica da confrontare con 
quella delle altre regioni. E auspichiamo che, se si vorrà accogliere 
l'invito a un'assemblea meridionale, lo stesso si faccia nelle altre 
regioni del sud Italia.
 
Per questo proponiamo una discussione che approfondisca le seguenti 
tematiche:

    * Infrastrutture, consumo del territorio e speculazione turistica ed
      edilizia
    * Privatizzazione di beni e servizi
    * Smaltimento rifiuti e nocività
    * Servitù energetiche
    * Rapporto tra lotte dei lavoratori e lotte per la difesa del territorio
    * Comunicazione e circolazione delle lotte

-- 
c.s.o.a. "A.Cartella"
via Quarnaro I, Gallico
89135 Reggio Calabria
http://www.csoacartella.org

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