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la solita repressione del cazzo!<BR>
luca chiude e semplifica;<BR>
LUCA: ma vaffanculo!<BR> <BR>
<HR id=stopSpelling>
Date: Wed, 9 Sep 2009 23:49:16 +0200<BR>From: gionatan@blankpage.it<BR>To: aha@lists.ecn.org<BR>Subject: [aha] Fwd: Bloccata la prima di "A ferro e fuoco" di Simone Capula e Associazione Cult. Teatro a Canone<BR><BR>---------- Messaggio inoltrato ----------<BR>From: giada totaro <<A href="mailto:giada.tot@gmail.com">giada.tot@gmail.com</A>><BR>To: List on artistic activism and net culture <<A href="mailto:aha@lists.ecn.org">aha@lists.ecn.org</A>><BR>Date: Wed, 9 Sep 2009 22:51:03 +0200<BR>Subject: Bloccata la prima di "A ferro e fuoco" di Simone Capula e Associazione Cult. Teatro a Canone<BR>Salve, <BR><BR>inoltro una info di Associazione Cult. Teatro a Canone <BR>(info: <A href="mailto:lucavonella@tiscali.it">lucavonella@tiscali.it</A>)<BR><B><BR>Comunicato Stampa</B><BR><BR>(Con preghiera di pubblicazione)<BR><BR>Chivasso 05 settembre 2009<BR><BR>Agli organi d'informazione.<BR><BR><BR>Si comunica che l'Anteprima nazionale dello spettacolo "A Ferro e<BR>fuoco-Spettacolo in La min." prevista per il giorno 10.09.2009 alle ore<BR>21 presso il Teatrino Civico di Chivasso, è stata annullata in data da<BR>destinarsi a causa della "revoca amministrativa della concessione in<BR>uso dei locali" da parte del Sig. Sindaco della Città di Chivasso Bruno<BR>Matola.<BR><BR>I sottoscritti reputano l'azione del Sindaco un grave atto di<BR>arroganza amministrativa-politica altamente lesiva dell'immagine<BR>professionale dei sottoscritti.<BR><BR> Si allega alla presente, la lettera del Sindaco per ora solo<BR>inviataci via mail dalla dott.ssa Roberta Colavitto (Dirigente al<BR>patrimonio) e copia del testo dello spettacolo che nessuno ha ancora<BR>letto o visto rappresentato compreso il Sindaco di Chivasso.<BR><BR><BR>Con l'occasione auguriamo buon lavoro e ringraziamo per la cortese<BR>attenzione.<BR><BR><BR><BR>Per Ass. Cult. Teatro a Canone<BR><BR>Simone Capula<BR><BR>Lorenza Ludovico<BR><BR>Luca Vonella<BR><BR><BR><BR><BR> A FERRO E FUOCO<BR> spettacolo in la min.<BR>LORENZA: Io ti ho offerto il mio corpo come un moto<BR>Di gioiosa tristezza<BR>Come un’acqua serena per andare:<BR>tu mi hai creduto una rupe divina<BR>ma non atta a ancorare la radice...<BR>ti ho offerto i miei tralci, la mia voce,<BR>la mia vita feconda<BR>ho domandato che tu mi capissi...<BR>ma neppure hai cercato di baciarmi<BR>e mi credi una venere delusa.<BR>Una venere delusa<BR>una venere delusa<BR>una venere delusa<BR>LORENZA: Lo so che non mi crederete. Mi sono abituata a raccontare storie a cui<BR>nessuno ormai presta fede. Eppure stanotte, in televisione, ho visto uomini tormentati<BR>e picchiati a sangue e soltanto uno, tra tutta la gente uno solo, li ha difesi. Ma era<BR>tanta la povertà degli altri che quegli uomini morirono, disperati fino all'ultimo.<BR>Affogati.<BR>LUCA: siamo nel 2009... vaffanculo...c'è la crisi economica...che cazzo vuoi.<BR> Era il tempo dell'adorata giovinezza<BR> quando gli alberi schiusi<BR> gemevano tristezza<BR> era il tempo degli innamorati dolori<BR> e dei sordi frastuoni della terra.<BR>LORENZA: che cazzo vuoi.<BR>LUCA: Milano benedetta<BR> patria di sicurissime storie<BR> di frangenti mobili oscuri<BR> Milano dove è nata la mia poesia<BR> e dove la mia poesia è morta<BR> lungo il Naviglio che geme<BR> dove la Patria Italia ha un riferimento sicuro<BR> dove vivono Marina e Chiara<BR> dove sono nati i miei figli<BR> dove i miei figli mi abbandonano<BR> giorno per giorno<BR> dove l'emarginato e il povero trovano il suo caldo affetto<BR> dove tutto brilla all'insegna della cultura<BR> e dove le sere sono dolenti<BR> come il mare di Taranto<BR> dove ho lasciato un lungo sconfinato amore<BR> morto di lebbra e di ardente desiderio di rivederti.<BR>LORENZA: vaffanculo!<BR>LUCA: ce ne fottiamo.<BR>LORENZA: ce l'avevano detto di non farlo. Ce ne fottiamo!<BR>LUCA: ce l'avevano detto di non farlo, ce ne fottiamo. Ce l'avevano detto di non farlo<BR>uno spettacolo su una brigatista.<BR>LORENZA: glielo avevo detto, lo avevo scongiurato, glielo avevo detto di non dire<BR>niente, di non provocare.<BR>LUCA: me l’avevano detto, me l’avevano scongiurato, me l’avevano detto di non<BR>dire niente, di non provocare.<BR>LORENZA: ma che senso ha parlare di questa storia?<BR>LUCA: ma che senso ha parlare di questa storia?<BR>LORENZA: caso archiviato<BR>LUCA: disturbo post-traumatico da stress, ovvero quel complesso di reazioni<BR>patologiche che si sviluppano a causa della rimozione prolungata di un evento<BR>doloroso.<BR>LORENZA: si tende a cancellare persino il ricordo dell’evento per paura di rivivere<BR>quelle stesse situazioni. Ci si illude di aver eliminato il problema, in realtà emozioni e<BR>stati d’animo continuano a ribollire<BR>LUCA: Ma che senso ha riparlare di anni di piombo e della storia da cui sono<BR>scaturiti?<BR>LORENZA: l’Italia non è mai uscita del tutto dalla stagione degli anni di piombo a<BR>causa del disturbo post-traumatico da stress. La verità è che quasi nessuno vuole fare<BR>davvero i conti con la tragedia di quegli anni con il loro carico di lutti e di sofferenze.<BR>LUCA: E, in particolare, con i suoi profondi sensi di colpa.<BR>LORENZA: vogliono farci credere che le BR venivano dallo spazio e invece sono<BR>figlie di una parte della Sinistra storica, quella Sinistra storica di cui anche noi tre,<BR>che abbiamo lavorato a questo spettacolo, siamo orgogliosamente figli.<BR>LUCA: Così, il nostro paese, non ha potuto farsene una ragione, non ha capito. Il<BR>fenomeno continua a rimanere senza una spiegazione.<BR>LORENZA: la sua comprensione sarebbe la giusta terapia contro il disturbo post-<BR>traumatico da stress, la cura capace di depotenziarlo degli aspetti distruttivi, lasciando<BR>LUCA: sarebbe giunto il momento di strapparlo alla cronaca per riconsegnarlo alla<BR>memoria e alla storia.<BR>LORENZA: il nostro spettacolo è la storia ed è dedicato ad una ragazza militante<BR>delle Brigate Rosse. Cerca di narrarla appena con qualche intelligenza e pietà; pietà<BR>non solo per coloro che morirono e ne morirono ma per la vicenda delle rivoluzioni<BR>del secolo dentro la quale, come una steroide, si è accesa e spenta. La memoria per<BR>questa storia, come tutta la storia delle BR, non è morta, non è neanche conservata; è<BR>esorcizzata, allontanata, deformata. Tutti sanno tutto e tutti continuano a elucubrare,<BR>non vedere quel che è semplice, tragico e semplice.<BR>LUCA: siamo coscienti che il nostro spettacolo è politicamente scorretto, che è una<BR>piccola operazione a rischio come tutte le operazioni che affrontano temi a lungo<BR>rimossi. Temiamo che le BR ci siano ancora. Quel terreno non è mai stato bonificato<BR>a fondo e non si spiega il perché<BR>LORENZA: questo spettacolo racconta delle origini delle Brigate Rosse fino al 5<BR>giugno 1975, data di morte del carabiniere Giovanni D’Alfonso e della brigatista<BR>Mara Cagol.<BR>LUCA E LORENZA: uno spettacolo che vuol essere, forse in maniera un po’<BR>presuntuosa, un piccolo tentativo di narrare un po’ di questa storia.<BR>LORENZA:<BR>Andarsene di casa senza destinazione, oltrepassare l’uscio senza un saluto, darsi il<BR>co0raggio assurdo di non tornare quella sera né un’ altra a dormire senza sapere dove,<BR>senza sapere invece. In tasca forse cinque mila lire, una sacca con ricambio scarso.<BR>Cercavamo il comunismo. Comunismo per noi era forza di uguaglianza e smentita di<BR>ogni privilegio. Era il nome del tempo e del campo a noi assegnato. Non era volontà<BR>di potenza: nel gennaio 1969 un pomeriggio un ragazzo raggiunse la base della statua<BR>di San Venceslao, che è il centro di Praga. Si tolse il cappotto, alzò il canestro che<BR>conteneva un liquido, si cosparse la testa e le spalle e il corpo intero, estrasse dalla<BR>tasca l’accendino, lo azionò, si trasformò in una fiaccola. Nella tasca del cappotto di<BR>Jan Palach troveranno una lettera.<BR> (mi alzo dalla sedia, di fronte al pubblico)<BR>Io sono il primo a cui tocca l’onore di eseguire la nostra decisione, sono il primo che<BR>ha avuto il diritto di scrivere la lettera e sono anche la prima fiaccola. La richiesta<BR>principale è l’abolizione della censura: se questa richiesta non sarà rispettata entro<BR>cinque giorni, vale a dire entro il 21 di gennaio, e se la gente non dimostrerà<BR>l’appoggio alla nostra azione, altre torce umane seguiranno.<BR> (mi risiedo)<BR>nella Praga di Jan Palach invasa dai cannoni russi noi eravamo praghesi. Comunismo<BR>per noi era la negazione dell’autorità. L’autorità è una torta nunziale. Da guastafeste,<BR>senza invito a nozze, cominciammo a tirare in faccia agli autorevoli le fette della loro<BR>torta e gli sberleffi all’inaugurazione della stagione lirica alla Scala di Milano, nella<BR>notte di San Silvestro alla Bussola di Viareggio.<BR>Cara mamy, è fatta! Siamo sposati...! C’è cascato...!<BR>Ora eccoci qui a Milano, stiamo molto bene insieme ma purtroppo in questo periodo<BR>siamo molto indaffarati e ci rimane appena il tempo per qualche breve passeggiata. Lì<BR>la nostra parola d’ordine era “portare gaiezza nella rivoluzione”. Tutto ciò che<BR>facevamo era in sintonia con questo principio. Nel collettivo si cantava, si faceva<BR>teatro, si facevano mostre di grafica, era obbligatorio avere una continua esplosione<BR>di gioiosità e invenzione. Tutto questo non vale più qui a Milano perché dopo un<BR>primo tempo in cui la città pare luminosa e piena di attrattive si rivela come un<BR>mostro feroce che divora tutto ciò che c’è di naturale, di umano e di essenziale nella<BR>vita.<BR>Questa società violenta ogni minuto tutti noi togliendoci ogni cosa che possa in<BR>qualche modo emanciparci o farci sentire veramente quello che siamo. Questa società<BR>ha estremo bisogno di essere trasformata da un profondo “processo rivoluzionario”.<BR>La violenza del sistema è recepita ormai da grandi masse e non è più sopportata. Gli<BR>operai sono più che mai arditi e violenti contro il governo, contro i padroni, contro<BR>una situazione sociale creata da una politica errata, basta guardare i fatti che<BR>succedono quotidianamente nelle fabbriche; rivolte, ammutinamenti (i giornali certo<BR>non ne patlano) oppure i cortei, qui a Milano ce ne sono due o tre ogni giorno.<BR>Bisogna fare il possibile per combattere questo sistema, è dovere farlo perché questo<BR>credo sia il senso profondo della nostra vita. Io e il mio amore stiamo impostando<BR>tutto un modo di vita “nuovo” teso a raggiungere i nostri obiettivi ed è questo l’amore<BR>che ci unisce e che ci apre sulla società. Costruire in modo nuovo e solido un rapporto<BR>che vada oltre noi due, a servizio degli sfruttati e quindi a servizio del popolo. Cara<BR>mamma, questa mia felicità tu hai contribuito molto a costruirla perché tu hai sempre<BR>avuto molta fiducia in noi, tu non mi hai mai contrastata nelle mie scelte ma anzi mi<BR>hai sempre aiutata in tutti i modi possibili e a volte anche impossibili. I tuoi<BR>atteggiamenti mi hanno sempre indotto a tente riflessioni e considerazioni che mi<BR>hanno fatta maturare molto. Tu mi puoi capire vero? La vita è una cosa tropoo<BR>importante per spenderla male o buttarla via in inutili chiacchiere o battibecchi. Ogni<BR>minuto è importante soprattutto qui a Milano dove la città ti ruba ore e ore che<BR>potrebbero essere usate in mille modi creativi.<BR>Bene mamma, di tutto questo parleremo a lungo e ci scriveremo presto, per ora<BR>smetto perché sennò magari pensi che sto chicchierando troppo e che i fatti son ben<BR>altro! Beh, forse avresti anche ragione...Ciao mamma, tanti bacioni dalla tua<BR>rivoluzionaria Margherita.<BR>Cara mamy fortunatamente è in corso un processo di trasformazione sociale verso<BR>una società migliore, dove nessuno sia sfruttato da nessun altro, dove la libertà dell<BR>uno sia il limite e la condizione della libertà dell’altro, dove chiunque possa<BR>esprimere in libertà le proprie opinioni e le proprie idee, dove la ricchezza delle terre<BR>e dell’industria sia egualmente ripartita. E’ sempre difficile e mai indolore.<BR>Noi scappiamo via e questo schifo continua a diffondersi. Non c’è nessuno che prova<BR>a fermarlo. Laudate dominum, laudate dominum. Non vogliamo pensarti figlio di dio<BR>ma figlio dell’uomo anche nostro fratello. Il potere che cercava il nostro umore<BR>mentre uccideva nel nome di un dio uccideva un uomo. Nel nome di quel dio si<BR>assolse, poi chiamò dio quell uomo e nel suo nome altri uomini uccise. Laudate<BR>dominum. Ancora una volta abbracciammo la fede che insegna ad avere il diritto al<BR>perdono sul male commesso nel nome di un dio che il male non volle finchè restò<BR>uomo. Laudate dominum.<BR>Qualcuno cercò di imitarlo. Se non ci riusì fu scusato, anche lui perdonato perché non<BR>si imita un dio. Un dio va temuto e lodato. Laudate do..hominem. no non voglio<BR>pensarti figlio di dio ma figlio dell uomo anche nostro fratello. Laudate<BR>hominem.quel mattino c’era un silenzio anomalo, laudate hominem. Perché nessuno<BR>prova a fermarlo questo schifo che continua a diffondersi, si diffonde ovunque.<BR>Tu mi puoi capire vero?<BR>Quel mattino c’era un silenzio anomalo.<BR>All’ amore tuo fanciulla<BR>altro amor io preferia<BR>è un ideal l’amante mia<BR>a cui detti braccia e cor.<BR>Il mio core aborre e sfida<BR>i potenti della terra;<BR>il mio braccio muove guerra<BR>al codardo, all’oppressor.<BR>Perché amiamo l’uguaglianza<BR>ci chiamaron malfattori<BR>ma noi siam lavoratori<BR>che padroni non vogliam.<BR>Dei ribelli sventoliamo<BR>le bandiere insanguinate<BR>e innalziam le barricate<BR>per la vera libertà.<BR>Se tu vuoi fanciulla cara<BR>noi lassù combatteremo<BR>e nel dì che vinceremo<BR>braccia e cor ti donerò.<BR>La forza del potere è anche quella di far credere alla maggior parte delle persone ciò<BR>che vuole ed ha a sua disposizione molti strumenti, radio televisione i giornali. Circa<BR>un anno fa quando cominciammo a mettere in pratica le nostre idee furono proprio<BR>questi strumenti a diffondere l’opinione che noi eravamo dei delinquenti, banditi. Del<BR>resto non è cosa nuova. Già nel ’43 su tutti gli angoli delle strade si potevano leggere<BR>manifesti che dicevano parlando dei partigiani “ achtung banditi”, ma ormai tutti<BR>sappiamo che i partrigiani banditi non sono stati, mentre i nazisti e i fascisti si.<BR>I nazisti e i fascisti erano e sono banditi, figli di puttana ignoranti. (sputo).<BR>Arrivati in piazzale Loreto il mio amore fa un cenno: “guardate è lì che le Brigate<BR>Partigiane hanno appeso a testa in giù Mussolini e la Petacci. Ci guardiamo in<BR>silenzio. Certo, dico io, Brigata è il nome giusto. Brigata Rossa propongo. Gli altri<BR>annuiscono. E’ fatta. In piazzale Loreto, in quella malandata 850 nasce la Brigata<BR>Rossa, al singolare. E il suo simbolo una stella a cinque punte, la stessa dei<BR>Tupamaros.<BR>Cara mamy, sono ormai milioni le persone nel mondo che per rendere possibile il<BR>processo di trasformazione in atto si prodigano in una lotta continua contro i padroni<BR>e la classe borghese senza avere paura della repressione, della persecuzione o della<BR>galera.<BR>Quando il nucleo di carabinieri e polizioa di Reggio Emilia ha messo sotto sopra la<BR>vostra casa, per quattro ore frugando in ogni angolo, anche a voi è toccato vedere<BR>come si muovono gli uomini che vogliono mantenere a tutti i costi il disordine attuale<BR>di questa società malata di ingiustizia.<BR>Siamo stufi di quelli che dicono che sarebbe giusto che le cose andassero<BR>diversamente ma poi se ne stannno tranquilli seduti in poltrona aspettando che altri si<BR>muovano. Noi lavoriamo, stiamo bene, mamy devi avere fiducia nel nostro lavoro e<BR>nelle nostre idee anche se questo ti farà certamente <A href="http://preoccupare.la/">preoccupare.la</A> nostra è una scelta<BR>di vita, di lotta, non di rinuncia o di opportunità personale. Ti voglio molto bene,<BR>credici, Margherita.<BR>Prendi un filo comune da calza, preferibilmente bianco e di lino perché inodore e<BR>meno fumogeno. Stempera 8 grammi di bicromato di potassio in 100 grammi<BR>d’acqua, lasci bollire per dieci minuti il cotone, dopodichè lo lasci asciugare al buio.<BR>Poi prendi 40 fili ben asciutti di detto cotone e con un filo del medesimo cotone<BR>avvolgi i 40 fili facendo così un cordoncino che brucerà per mezzo centimetro al<BR>minuto. Poi prendi un tubo, piccolo o grande, di ferro, di ghisa, di bronzo, perfino di<BR>alluminio. Lo tagli a dieci, venti, quaranta centimetri. Saldi ad un’estremità un<BR>coperchio dello stesso materiale del tubo e al centro del coperchio pratichi un foro del<BR>diametro di sei o sette centimetri. L’altra parte del tubo viene filettata per permettere<BR>di avvitarvi un altro coperchio pure filettato per un paio di centimetri.<BR>Si ripone l’esplosivo nel tubo, si fa passare la miccia con il detonatore nel foro del<BR>primo coperchio facendo in modo che il detonatore vada ad innescarsi nell’esplosivo.<BR>Alla fine si avvita il secondo coperchio e la bomba è pronta. Costruisci la tua bomba<BR>e poi la sperimenti su uno degli obiettivi che vuoi buttare all’aria.<BR>Buon lavoro.<BR>Mamy, aspetto un figlio. Io e il mio amore siamo felici, lo desideravamo da tempo.<BR>Certo non sarà facile conciliare le cure del bambino e l’impeglio politico ma<BR>sappiamo di farcela, siamo felici.<BR>Mara partecipa agli scontri per le case occupate, è l’anima di molte occupazioni.<BR>Durante l’occupazione in via Mc Mahon viene arrestata insieme a tanti altri e<BR>percossa dagli agenti.<BR>Cara mamy, il giorno dopo l’occupazione perfino la sinistra, la sinistra istituzionale e<BR>ben stipendiata ci ha accusato di aver strumentalizzato il quarto Stato. Il sindaco di<BR>Milano però è stato costretto a trovar casa agli sfrattati, certo non bella come quella<BR>che avevamo occupato, ma pur sempre una casa.<BR>Cara mamy, purtroppo ho una brutta notizia da darti. Dopo loccupazione e la caduta<BR>dal motorino sono stata male e sono stata costretta ad abortire. Il medico però mi ha<BR>tranquillizzata dicendomi di non allarmarmi, dopo l’operazione dovrei poter<BR>concepire regolarmente. Avere un figlio da allevare ci entusiasmava ance se questo<BR>avrebbe di certo comportato dei cambiamenti non facili nella lostra vita sino ad ora<BR>così movimentata.<BR>Sarà per un’altra volta e speriamo sia presto.<BR>Il 18 febraio 1975 poco dopo le 16, un commando formato da sei persone, cinque<BR>uomini e una donna Margherita, scende da due macchine. Margherita si avvicina al<BR>portone del carcere di Casale Monferrato. Suona, ha con se un pacca. Lo mostra al<BR>piantone e dice “Per favore mi apra, devo consegnare questo pacco a mio marito”. Il<BR>piantone non ci vede nulla di strano, è giorno di visita. Pochi secondi e fa scattare la<BR>serratura. Si ritrova con un mitra piantato al petto. Margherita dice “Stai buono o sei<BR>un uomo morto”. Pochi minuti e sono tutti fuori diretti ad Alassio. Un’azione<BR>perfetta.<BR>Il mio amore è stato liberato senza sparare un colpo.<BR>C’è qualcono? Aprite, carabinieri.<BR>Sono in tre mi hanno visto, dobbiamo andare via.<BR>Non possiamo farci prendere. E che facciamo con il prigioniero?<BR>Lo lasciamo qui, lui non c’entra. Scappiamo, lui non c’entra. Non si mette a<BR>repentraglio la vita di un rapito per denaro.<BR>L’autopsia dirà che Margherita è morta per:<BR>“ferita da arma da fuoco con i caratteri del foro d’entrata alla regione mediale del<BR>cavo ascellare sinistro con alone ecchimotico circostante e ferita da arma da fuoco<BR>con i caratteri d'uscita sulla linea ascellare posteriore destra pressochè orizzontale<BR>rispetto al foro d'entrata.<BR>Tre proiettili, il terzo il classico colpo per uccidere, di precisione, a distanza<BR>ravvicinatissima.<BR>Quel giorno persero la vita due giovani: Margherita e il carabiniere Giovanni<BR>D’Alfonso.<BR>LUCA: ma vaffanculo!<BR><BR><br /><hr />Il tormentone dell'estate? <a href='http://www.messenger.it/radioMessenger.aspx' target='_new'>Riascoltalo sulla Messenger Radio</a></body>
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