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Martedì 10 marzo è stato presentato in conferenza stampa, presso l'Urban
center di Bologna, il geoblog percorsi-emotivi.org<br><br>
di seguito riporto una sintesi del progetto che voglio sottoporre a
questa lista invitando alla pertecipazione, all'appropriazione, al
detournamento, alla contaminazione (immagino quanto fruttuosa potrebbe
essere quella con Bologna Città Libera...)<br><br>
ogni tipo di suggerimento/porposta/critica/commento è ben
accetto<br><br>
<b>Disegnare una mappa emotiva di Bologna<br>
</b>Il geoblog
<a href="http://www.percorsi-emotivi.org/">www.percorsi-emotivi.org</a>,
nasce a partire dalle riflessioni e dalle proposte elaborate dal
<a href="http://www.iger.org/mappeurbane-d-30.html">Laboratorio Mappe
Urbane</a>, uno dei gruppi di ricerca attivi all’interno della
<a href="http://www.iger.org/">Fondazione Istituto Gramsci
Emila-Romagna</a>. <br>
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La proposta è di far dialogare i cittadini di Bologna con la mappa
elettronica della loro città, dando modo a quanti la consultino di
inserire, su un punto specifico della mappa, un loro pensiero, una loro
proposta, un loro ricordo suscitati da quel luogo.<br>
Si costruirà così anche una fonte di informazioni preziose per aumentare
la conoscenza della percezione dei luoghi e di come essi sono vissuti dai
loro abitanti. Un indicatore delle molte identità che abitano le nostre
strade, delle loro diverse aspirazioni, bisogni, ma anche di ciò che esse
hanno in comune.<br>
L'obiettivo è poter disegnare con gli utenti del sito un'organizzazione
spaziale ed estetica più rispondenti ai loro bisogni e ai loro desideri e
che possa essere offerta come stimolo delle politiche urbanistiche della
città e dei quartieri.<br>
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Mappe emotive <br>
</b>La geografia postmoderna ha elaborato una critica della cartografia
tradizionale, in particolare della riduzione di complessità che essa
opera a partire dalla struttura di potere che la genera. Ma non ha
offerto una metodologia alternativa per la rappresentazione cartografica
dello spazio urbano fondata su questa consapevolezza critica. Questo
progetto fa riferimento a tre matrici teoriche che possono contribuire
alla definizione di un produttivo rapporto tra la percezione soggettiva
della città e la sua rappresentazione.<br>
Alcune esperienze che hanno tentato di costruire delle mappe emotive
della città vanno ricercate in ambito artistico, a partire
dall’esperienza surrealista che ha guardato alla città come ad un luogo
del meraviglioso, liquido nutritivo e ambiente generatore di incontri e
di scoperte. E’ dal surrealismo, passando attraverso l’esperienza
lettrista e situazionista, che si è cominciata a elaborare una
rappresentazione dello spazio in base alle emozioni che esso provoca
sugli affetti di chi lo vive o lo attraversa. Le metodologie della deriva
e della deambulazione hanno cercato di rendere la mappa della città più
sensibile alla percezione soggettiva e sensoriale, ponendo le basi della
cosiddetta psicogeografia e di numerose esperienze artistiche
contemporanee che si sono esercitate sulla costruzione delle mappe
emotive della città (tra le più significative, cfr. il progetto
Cychopolis di <a href="http://www.mlutyens.com/Site/home.html">Marcos
Lutyens</a> a Cagliari, e il progetto
<a href="http://www.biomapping.net/">Biomapping</a> di
<a href="http://www.softhook.com/">Christian Nold</a>). Il paesaggio
urbano muta continuamente in base agli affetti, agli stati d’animo e alle
pratiche che in esso si svolgono.<br>
Queste esperienze forniscono un suggestivo punto di osservazione del
territorio urbano come agglomerazione di flussi ed emozioni generate da
pratiche, movimenti e passioni che rovescia completamente qualsiasi
geometrica assialità. Il limite di queste esperienze sta nella
«naturalizzazione» del rapporto tra percezione-emozione individuale e
territorio urbano che tende a marginalizzare le mediazioni culturali che
lo informano.<br>
Sul piano della città percepita, l’insegnamento di Kevin Lynch ha fornito
una metodologia che ha formalizzato alcuni protocolli cognitivi della
percezione dello spazio urbano. Le persone si formano mappe mentali dei
luoghi utilizzando un insieme di elementi di base: percorsi, bordi,
distretti, nodi, punti salienti o pietre miliari. Lynch non si è limitato
a proporre questa classificazione, ma attraverso interviste che
verificavano la concreta e soggettiva percezione della città ha cercato
di costruire un «indice di immaginabilità», vale a dire ha tentato di
individuare la qualità di un oggetto fisico che produce nell'osservatore
un'immagine forte e vivida. L’intento di Lynch era quello di utilizzare
la percezione per retroagire sulla pianificazione urbana e
sull’architettura, nel tentativo di scegliere forme adeguate a rendere
semplice l’orientamento e riconoscibile il proprio ambiente. Questa
formalizzazione dei processi cognitivi che governano la percezione dello
spazio è stata utilizzata per creare modelli urbani sulla rete web. <br>
Un terzo riferimento teorico che contribuisce a definire l’approccio alle
mappe emotive della città è quello di Michel de Certau che ha messo a
confronto due modelli di razionalità. La <i>razionalità di tipo
strategico</i>, quella esercitata dai grandi attori della trasformazione
urbana che dispongono di risorse normative, materiali e simboliche, viene
messa al servizio del perseguimento di determinati scopi di
amministrazione, pianificazione e intervento sulla città. La cartografia
tradizionale è figlia di questa razionalità strategica che fa della città
un oggetto sul quale dispiegare una determinata logica operativa. A
questo modello di razionalità si contrappone la <i>razionalità di tipo
tattico</i>, vale a dire una razionalità che opera dentro lo spazio
definito dalla <i>strategia</i>, senza che tuttavia quest’ultima sia in
grado di definire compiutamente le possibilità di scelta nella fruizione
della città e nella propria collocazione e movimento in essa. Proprio
dall’estrema varietà di risorse umane e semiotiche messe a disposizione
dagli odierni spazi urbani nasce la possibilità di costruire propri
percorsi, mappe di orientamento che dipendono dalle proprie proiezioni
soggettive. Questo approccio ha il pregio di non separare la città
vissuta soggettivamente da quella oggettivata dalle pratiche
amministrative e di intervento, ma trova proprio nell’incontro, nel
conflitto, nella negoziazione tra queste due logiche il proprio piano di
analisi. Offre inoltre utili tracce per la definizione delle categorie
della precomprensione urbana, il modo cioè di analizzare le forme dello
spazio, sulla base di analoghi modelli di analisi delle forme del
discorso (linguistica) o dell’inconscio (psicanalisi).<br>
Con questo approccio non si corre il rischio di naturalizzare la città e
i soggetti che la abitano e la attraversano, ma la si riconosce come
prodotto dell’impiego strategico di risorse di potere. Si pongono insomma
delle domande che mirano al riconoscimento delle logiche che ispirano le
scelte (non solo la ricostruzione di un tracciato di percorsi, ma
un’interrogazione sui motivi che hanno portato a quei percorsi) e si
situa l’indagine al livello della presenza corporea dei soggetti. In
questa prospettiva, l'attività cognitiva non si fonda semplicemente sulla
manipolazione di simboli, ma ha le sue basi nel sistema senso-motorio. La
cognizione è dunque <i>embodied</i>, incorporata, cioè nasce
dall'interazione tra l'organismo e l'ambiente, ed è situata, cioè
radicata in contesti reali (Bateson).<br>
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</b> <br>
<b>La redazione di percorsi-emotivi<br>
</b>Il lavoro della redazione si articolerà essenzialmente in due
funzioni.<br>
La prima sarà quella di agire da filtro rispetto agli interventi degli
utenti che verranno ricevuti sotto forma di “richiesta di pubblicazione”.
<br>
L’unico criterio guida per la selezione dei materiali da pubblicare sarà
la loro congruità con le finalità del progetto. <br>
Nessun intervento di editing precederà invece la pubblicazione e ciò per
non inficiare la genuinità dei contributi che deve necessariamente
passare anche attraverso la soggettività stilistica.<br>
La seconda funzione della redazione sarà quella di costruire un archivio
di materiali (testi, esperienze, resoconti di progetti legati al
territorio urbano, ecc.), non necessariamente di recente produzione, e
ciò con lo scopo di garantire una continuità nell’aggiornamento del sito,
soprattutto nella fase di lancio. <br>
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<b>L’archivio e le associazioni<br>
</b>L’archivio, inoltre, attraverso la specifica modalità della sua
costruzione, avrà uno scopo ancor più rilevante: far fronte, per quanto
possibile, all’inevitabile problema dell’autoselezione dei partecipanti.
Qualsiasi sperimentazione su internet, infatti, soprattutto quando basata
sull’invito agli utenti alla partecipazione e all’autoespressione (in
questo caso percezioni e vissuto dei luoghi), si scontra con le selezione
implicita dei propri interlocutori di cui si “proietta” un profilo
fortemente dipendente da alcune specifiche variabili sociologiche come il
genere, l’etnia, il livello di scolarità e di alfabetizzazione
informatica.<br>
Se la mera disponibilità dell’accesso alla rete, che ha prodotto la
vecchia distinzione tra gli “have” e gli “have nots”, centrale nel
dibattito sul “divario tecnologico” fino alla fine degli anni ’90,
risulta oggi sempre meno rilevante – ancor più in una città come Bologna
dotata di un numero significativo di punti d’accesso pubblici – non sono
però trascurabili le differenze nei diversi “usi” che di internet si
fanno. Si è passati dalla consapevolezza dell’esistenza di un
<i>divario</i> a quella di <i>divari</i> multipli e di conseguenza alla
necessità di aggiungere a una misura di accesso esclusivamente polare
(have/have nots) degli indicatori d’uso legati ai più diversi stili e
finalità di navigazione in rete (Hargittai). Fra questi indicatori,
risulta cruciale per il nostro progetto, il “supporto di reti sociali”
ossia il poter contare e chiedere aiuto e informazioni a familiari,
amici, colleghi e associazioni o sportelli istituzionali.<br>
L’aspettativa di partecipazione di utenti appartenenti alle molte
diversità presenti a Bologna, non sempre avvezze all’utilizzo del mezzo,
non può essere alta se ci si affida al solo “invito” diretto (la semplice
esistenza del sito e la “pubblicità” che se ne può fare), ma deve passare
dal coinvolgimento di quegli attori (associazioni che lavorano con i
migranti, con le donne in situazioni di disagio, con i “senza fissa
dimora”, i centri sociali anziani, le scuole, ecc.) che, grazie al forte
radicamento territoriale e alla loro esperienza, hanno già creato un
canale comunicativo privilegiato con loro.<br>
Stabilire dei legami con reti sociali già consolidate, può fungere da
stimolo e fornire il supporto necessario a coinvolgere chi è più
svantaggiato nella comunicazione e nondimeno portatore di una preziosa
diversità d’esperienze, prospettive e dunque narrazioni possibili, che è
negli intenti del progetto far emergere.<br>
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<b>Postazioni pubbliche<br>
</b>Una postazione pubblica per la consultazione e la pubblicazione su
percorsi-emotivi è presente all’interno
dell’<a href="http://www.urbancenterbologna.it/">Urban Center Bologna</a>
e altre sono in corso di attivazione.<br>
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