[aha] a tutti gli attivisti, collettivi, gruppi politici e centri sociali, a tutte le realtà di movimento: nasce ACTIV a rmy.

// to.slash.slash a gmail.com
Mar 2 Ago 2011 12:56:02 CEST


Il 31/07/2011 23:35, lo|bo ha scritto:
> On 31/07/2011 13.03, // wrote:
>> Ciao lobo,
>
> ciao pat, ciao lista
> grazie per la tua risposta, mi sembra molto interessante e permette di 
> allargare il discorso rispetto ad activarmy
prego ; )
>
>> no, non sono così negativo, è il solito problema del far trasparire i
>> toni nelle email...
>> Capisco l'operazione, ed è pure simpatica. Gli posso riconoscere il
>> valore "artistico" nella divergenza tra la forma e il contenuto.
>> Insomma... lo scarto dal normale.
>> Forse lo svelare in qualche modo, i tabù dei gruppi attivisti (questa è
>> la mia lettura) può essere un buono spunto di autoriflessione, ma anche
>> una lama a doppio taglio, anche se poi questo caso non sarà così 
>> incidente.
>
> mha, si, forse, non sarà incidente è probabile ma almeno permette di 
> discutere. e visto che la discussione ultimamente langue ne 
> approfitto. La differenza tra forma e contenuto è qualcosa di cui in 
> arte contemporanea non si parla quasi più. non perchè quell'ambito 
> abbia capito più di altri ma perchè inevitabilmente credo che sia 
> impossibile fare una differenza tra il modo in cui poni una questone e 
> la questione stessa. per banalizzare una frase abbastanza conosciuta 
> "il medium è il messaggio". io non mi occupo di arte contemporanea ma 
> sono interessata all'artivismo e purtroppo molto spesso certe pratiche 
> subiscono le conseguenze di quella distinzione. cioè la differenza tra 
> pratica attivista o artivista e teoria. cioè capita spesso che gli 
> artivisti o i queer vengano presi un po' come quel elemento strambo da 
> utilizzare in manifestazione (naturalmente prevalentemente in ambito 
> italiano) e non come una scelta politica. altre volte soprattutto in 
> ambito artistico le pratiche vengono utilizzate come una sorta di 
> maniera svuotata dal suo senso politico. insomma in tutti gli ambiti 
> si continua a fare una divisione che a mio parere è troppo lontana dal 
> nostro vivere quotidiano. Un’amica una volta mi ha fatto notare come 
> adesso sia facile parafrasare una frase molto celebre pronunciata nel 
> 2001 a Genova, che fece il giro del web: "mettete avanti quei cazzo di 
> queer" (la frase giusta allora era "mettete avanti quei cazzo di 
> migranti")  c’è da piangerci ma a me fanno ridere entrambe le frasi, 
> sarò cinica.

La tua osservazione non fa una piega... e aggiungerei anche che seppur 
parliamo dei climi più culturalmente attivi e "biodiversi", mi sembra 
che permane spesso una certa incapacità di emanciparsi e rimodularsi... 
in altre parole, credo che in tanti non si sono accorti che il tempo 
passa. Un altro problema è che qualche volta la negazione del mondo così 
com'è, porta ad uno scollamento tale da non riuscire più a comunicarci, 
e di essere quindi efficace.
Una suggestione... sarebbe interessante anche applicare le forme più 
discutibili dell'attivismo a contenuti opposti. Da questo cortocircuito 
potrebbe emergere una strana coerenza che pone l'accento proprio nelle 
forme.

>
>> Non ti parlo della difesa di un "elite" (di cui non faccio assolutamente
>> parte) ma alla creazione di senso.
>> Sono d'accordissimo che non si può fare una separazione tra mainstrem e
>> subculture in termini politici (o forse meglio, d'attitudine) ma questa
>> separazione esiste nel momento in cui si definisce ,non a caso non c'è
>> un tg che non parla dei backblock della Val Susa, non viene data una
>> connotazione sugli intenti della "lotta", ma nella definizione delle
>> persone che la conducono.
>> Ecco, già definire l'attivismo con simboli e forme, è creare un bel
>> press kit.
>
> alcuni ridicolizzano il valore dell'autocritica, lo sottovalutano. io 
> ritengo che sia fondamentale. diciamo che, mettiamo il caso, io sia 
> tra quelle persone che vogliono cambiare il mondo (che non so cosa è 
> in effetti) prima di avviarmi verso la rivoluzione devo essere 
> estremamente consapevole almeno di quello che io ritengo sia il mondo 
> e di quello che vorrei cambiare, cioè sapere qual'è la mia percezione 
> del mondo in relazione agli altri. do per scontato che non esista un 
> qualcosa di astratto che si chiama mondo, una verità assoluta nè una 
> fede a cui votarsi perchè giusta. Sento spesso parlare del problema 
> della sussunzione o della cooptazione, nel movimento queste parole 
> piacciono un sacco :-D. Molto spesso però mi sono chiesta: e se forse 
> il problema fosse un altro? cioè se forse riproponiamo modelli che già 
> di per se si adattano al capitale? e se questo non fosse altro che un 
> atteggiamento culturale di cui siamo continuatori? nemmeno io so dare 
> una risposta ma so che la mia scelta politica è cercarla attraverso 
> pratiche che nel tempo mi permettano di cambiare anche le domande se 
> voglio, pratiche che non sono strumenti per ottenere un obbiettivo 
> giusto in astratto, pratiche che sono un modo di vivere e 
> relazionarsi. cioè magari io voglio cambiare il mio rapporto rispetto 
> al mondo sempre in relazione agli altri (ci insito parecchio perchè 
> per me è importante). quindi si esistono i press kit ma perchè? e non 
> mi basta pensare che è perchè gli altri sono neoliberisti. cmq è 
> capitato a parecchi di far parte di quel press kit ma non credo sia 
> molto importante anzi credo che quello sia poco incidente 
> paradossalmente.

Sono convinto anche io che l'autocritica sia fondamentale se non ha la 
pretesa di raggiungere una verità, ma che sia sempre la rettifica di un 
processo, come mi sembra che è anche il tuo approccio. Ma poniamo un 
esempio per assurdo (senza generalizzare, ma qualche in qualche caso non 
credo così assurdo): "SE" il vero motore che motiva alcune persone o 
alcuni gruppi non fosse da ricercarsi nel (come va) il mondo, ma fosse 
una questione interna, personale, quasi esistenziale, che trova uno 
sfogo, una realizzazione nella "lotta", è chiaro che allora il vero 
obbiettivo è autoreferenziale. Ipotizzando un esempio ancora più 
pratico: "SE" una percentuale di motivazione dei movimenti giovanili 
fosse solo trasgressione per la ricerca di una propria emancipazione e 
autodeterminazione, tutto questo farebbe crollare i veri principi e 
presupposti della lotta?
In una visione romantica certamente.
C'è chi dice che il 68 è stata un esplosione ormonale su scala globale, 
che è stato fatto da figli di papà che si potevano permettere di non 
lavorare, che forse in quel periodo sono iniziati a girare troppi 
giochetti psichedelici...
Qualunque sia stato il motivo, la lotta si è coagulata in obbiettivi più 
o meno utopici, ma in una direzione culturale ben precisa.
Siamo animali che ci muoviamo sempre sulla base di un emotività di cui 
non siamo ne padroni ne consapevoli, se la dialettica tra emotività e 
attività si basa su una incoerenza, poco importa se mira ad un 
obbiettivo socialmente condiviso.
Ultimamente c'è una parola che sto associando sempre a queste questioni: 
etica. Con questo ho detto tutto e non ho detto niente perchè qui si 
apre un altro mondo. Si tratta di qualcosa di troppo vago e indefinito, 
ma idealmente sarebbe quel punto che potrebbe legittimare qualsiasi 
forma di potere... boh



>
>> Non ho la soluzione a questo problema, forse non ho individuato bene
>> neanche il problema, ma credo che quando l'attivismo si cerca di creare
>> un identità (o gli si impone) si sta scavando la fossa da solo. Sono
>> d'accordissimo anche che i metodi andrebbero rivisti ma atttenzione a
>> non dare in mano le armi a le persone sbagliate.
>
> sono d'accordo sulla questione identità, l'identità è la morte... le 
> armi spero che gli attivisti non le abbiano e non le usino mai :-D

Se non fosse controproducente, qualche volta desidererei di si : )

>
>
>> Premetto che non mi sono mai potuto definire un attivista, ma un
>> simpatizzante. Se io credessi che esistesse l'ipocrisia e la coerenza,
>> probabilmente il mio odio sarebbe riverso più verso l'attivismo che al
>> peggior nazi. Come tutti credo che abbiano in parte verificato, in
>> alcuni gruppi di attivisti esistono degli egocentrismi, delle dinamiche
>> di potere, e gerarchie, da fare invidia alle dittature. Anzi, in
>> qualsiasi gruppo queste sono parti integranti... non crederlo sarebbe
>> essere troppo persuasi dall'idea del buon animo umano. Ma tutto ciò ha
>> un importanza marginale, l'attivismo ha dei piccoli poteri che cercano
>> di controbilanciare i grandi poteri, questo è il grande valore, e anche
>> se in maniera un po cieca, starei sempre attento a mettere i pesi nel
>> piatto della bilancia giusto. Secondo me è ipocrita credere
>> nell'ipocrisia. : )
>
> IMHO la questione del potere è centrale e non se ne scappa, non la si 
> può escludere dicendo che c'è e basta. la gestione del potere dovrebbe 
> essere il punto fondamentale da cui partire all'interno di qualsiasi 
> gruppo. non è facile e spesso non si riesce ad uscirne. non sono 
> d'accordo sulla divisone tra poteri grandi e poteri piccoli. il potere 
> è potere, e se facessi parte di un gruppo che non prova neanche a 
> gestirlo nel rispetto delle relazioni e del singoli individui non 
> credo gli affiderei il mio cambiamento e peggio ancora quello del 
> mondo. poi lenin ha fatto miracoli ignorando tutto il problema :-D.

Sicuramente la gestione del potere può essere fatta su vari livelli, e 
si può certamente trovare il metodo più sostenibile che un gruppo 
ritiene opportuno (ma ci sono anche quelli che desiderano essere sotto 
una dittatura). Qui il discorso lo riporterei sulla questione di un 
"etica" che citavo prima. Mi piace molto la visione di Bordieu riguardo 
i gruppi sociali (che assomiglia un po anche alle cerchie di google+... 
oltretutto) che forse ho un po reinterpretato a modo mio. Un gruppo 
prima di essere inclusivo, è esclusivo, nel senso che si sottrae a tutto 
l'insieme potenziale di persone. I gruppi sono tantissimi, sfumati uno 
sull'altro, condividono interessi comuni. I gruppi non sono da 
considerarsi solo in quelli formalizzati: anche due persone che vanno 
insieme a fare la spesa sono un gruppo. All'interno di ogni gruppo e tra 
ogni gruppo esistono rapporti di potere, in cui chi non ne ha ne cerca, 
e chi ne ha lo difende, e nei modi più o meno blandi. Tutto questo è 
inevitabile nel momento in cui siamo tutti nel gruppo "mondo" e ognuno 
cerca una legittimità alla propria esistenza. Ciò può sembrare del tutto 
cinico e darwiniano ma lo vedo come un processo naturale. Allora dove 
sta il problema? Il problema lo vedo negli squilibri dei rapporti di 
potere, e soprattutto nell'inconsapevolezza generale di queste dinamiche 
che anestetizza una volontà di autodeterminazione. Se tutti lottassero 
per la propria autodeterminazione di macro-gruppo, micro-gruppo, e 
individuale, sarebbe il caos, un tutti contro tutti, ma qui è ancora 
l'etica che dovrebbe venire in soccorso.

> Ho detto ipocrita perchè penso che la gente che muove parecchie 
> persone (perché qualcuno che organizza c’è sempre), soprattutto nelle 
> grandi manifestazioni sia perfettamente consapevole delle cose che ho 
> scritto prima. ma forse hai ragione tu, magari sono solo degli 
> egocentrici, io spero proprio di no, spero sia anche una scelta 
> politica non diversa dalle pratiche. oppure sono affetti da quello che 
> credo sia un grosso problema, legato anche alla tecnologia e ai social 
> network cioè l'automatismo. magari siamo ad un punto in cui certe 
> modalità si adottano per automatismo e abitudine alla formula 
> standard. non mi sto escludendo anzi. anche io lo faccio e per me è un 
> problema. c'è una frase di Flusser che a me piace molto, magari l'ho 
> già mandata in lisa, non ricordo:

Io uso spesso dire che l'altruismo è solo una forma dell'egoismo. A 
parte le forme più becere della filantropia dei VIP, credo che il "fare 
del bene" a qualcuno, è sempre un sentirsi bene nell'aver fatto del 
bene, è sempre un sentirsi utili. Chissà... forse anche la carità è il 
dimostrare una superiorità... Ma tutto ciò non è negativo, ma solamente 
cinico :) e è assolutamente splendido godere di questa doppia e utile 
natura. Mi spiace ma credo che non possono esistere motivazioni sociali 
senza motivazioni individuali. Credo che molti leader si sentono 
veramente al servizio del mondo e di tutti i più nobili principi, ma 
probabilmente stanno solo inconsciamente legittimando il solo far vedere 
che ce l'hanno più lungo. Ma anche qui... finché etico e di piccolo 
potere, non c'è niente di male. Come dici tu, il potere è potere, si 
possono sicuramente rivedere le forme, ma per il resto è solo un 
problema di proporzioni.

>
> "È necessario rilevareche nell’ambito degli apparecchi automatici, 
> programmati e programmanti non vi è posto per la libertà umana, per 
> mostrare infine come sia comunque possibile aprire uno spazio di 
> libertà [...] Una tale filosofia é necessaria, poiché è l’unica forma 
> di rivoluzione che ci sia ancora concessa".

fantastica, il libro mi capiterà tra poco nelle mani...

>
> apparecchi programmanti sono spesso molte modalità che adottiamo 
> quotidianamente, credo che anche lì si possa aprire uno spazio di 
> libertà e che quella culturale (non quella cinese :-D) sia l'unico 
> tipo di rivoluzione che ci sia ancora concessa, naturalmente partendo 
> da se stessi.
>
> per chiuderla, forse si, il punto è che politicamente io sono distante 
> da chi sceglie certe pratiche-teorie, forse si sono ipocrita ma credo 
> che ci sia sempre uno spazio di dialogo. ma siccome l'ipocrisia non 
> esiste, sono tranquilla :-D

su questo sono d'accordissimo, anche se ancora non ho ben deciso se 
schierarmi tra gli apocalittici o gli integrati... sarà che ormai che mi 
è venuto in mente, continua a ronzarmi il termine etica :)
Se come sta spingendo qualcuno, ormai tutto si può ricondurre alla 
"software culture", probabilmente siamo al punto in cui l'etica ci sarà 
programmata dal software. La questione è cruciale perché se il potere 
oggi può essere misurato il linee di codice, sono i mostri 
dell'informazione a detenere questo potere.

>
> grazie mille

grazie a te :)

> lo
>
>
>
>>
>>
>> pat
>>
>>
>>
>>
>>
>> Il 30/07/2011 19:08, lo|bo ha scritto:
>>> On 30/07/2011 16.45, // wrote:
>>>> va bene l'autoironia, se di questo si tratta, ma non capisco il 
>>>> bisogno
>>>> di gettare discredito su attività già così tanto discreditate dalla
>>>> cultura mainstream. Se l'intento non fosse ironia nell'attivismo, beh,
>>>> mi dispiace, ma credo che qualsiasi altro obbiettivo è stato fallito.
>>>>
>>>> fui pat
>>>
>>>
>>> eheheh... però un po' fa rosicare? (scherzo naturalmente).
>>> la tua risposta però è indicativa. avere una tensione polita non è una
>>> cosa che a mio parere può essere divisa tra mainistream e subcultura.
>>> è di tutti, mi dispiace, in quel campo elitè non ce ne sono. mi fa
>>> sorridere al massimo puoi dire destra e sinistra se si parla di
>>> politica. ma probabilmente la cosa è più complessa perchè l'ironia
>>> viene dall'interno (almeno sembra che chi ha fatto il sito ne sappia
>>> abbastanza) e non da fuori. forse per dire che è il caso che si
>>> rivedano molte cose su certe modalità.
>>>
>>> probabilmente se c'è discredito un motivo ci sarà e non credo proprio
>>> che il motivo sia da cercare solo nel essere più consapevoli di altri
>>> o più fighi perchè si è "militanti", o di una parte politica mentre il
>>> resto del mondo non lo è.
>>>
>>> è sicuramente un sito atroce nel modo in cui pone la questione. il
>>> lavoro interinale è la forma più odiosa di lavoro che conosco anche
>>> prima di tutti i vari contratti co-pro e co-co-de che ci siano. qui la
>>> si usa per denunciare qualcosa che chi fa parte di quel mondo non
>>> mainstream :-D sa benissimo. è ipocrita nascondersi dietro un dito. il
>>> lavoro interinale o quello precario non sono solo una condizione o un
>>> tipo di contratto ma ormai invadono la nostra visione del mondo, sono
>>> un aspetto culturale del vivere quotidiano. siamo così convinti di
>>> esserne fuori! da quel sito forse si capisce che alcune modalità non
>>> ne sono affatto immuni. soprattutto per la questione del reclutamento.
>>> ci sono modalità e pratiche opprimenti che respingono chiunque anche
>>> chi non fa parte della cultura di massa, ma forme di partecipazione
>>> politica diverse esistono e si sottraggono a quella logica (vedi il
>>> mondo queer o i metodi di consenso o le pratiche femministe o magari
>>> forse anche il fenomeno degli indignados, non so, ci dovrei pensare),
>>> quindi nonostante tutto non la vedrei così negativa.
>>>
>>> (abbiamo provato ad affrontare il tema della partecipazione in lista,
>>> e credo che quel sito abbia a che vedere proprio con questo)
>>>
>>> non è il primo caso di siti che cercano di ironizzare sulle modalità
>>> militanti di quel tipo prima c'era stato:
>>>
>>> http://www.guerrigliamarketing.it/ep/it/offerta.html
>>>
>>> potete leggere anche da questo articolo:
>>>
>>> http://www.digicult.it/digimag/article.asp?id=68
>>>
>>> ne parlano su indymedia:
>>>
>>> http://italy.indymedia.org/node/233
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