[aha] Arti e politiche della partecipazione (txt Tatiana Bazzichelli)
T_Bazz
t_bazz a ecn.org
Gio 7 Apr 2011 15:30:35 CEST
Ciao a tutt@!
e grazie ancora per un fantastico AHAcktitude 2011!
Come promesso, ecco qui di seguito il testo che avevo scritto in
preparazione del seminario "Arti e politiche della partecipazione" -
come sapete, ma lo ripeto per chi non c'era, e' stato un seminario
promosso da Loretta, Vera, Simona e la sottoscritta avvenuto sabato
scorso all'AHAcktitude.
Un piccolo retroscena: per confrontarci sull'argomento, ciascuna di noi
ha scritto un testo che ci siamo scambiate prima del seminario e che
abbiamo piu' o meno raccontato a voi a voce durante la nostra
chiacchierata, unito ad altre riflessioni che si sono sviluppate in
corso d'opera.
Abbiamo registrato il seminario e speriamo di dargli una forma piu'
compiuta in futuro, ma ancora non abbiamo deciso le modalita'. Ci
penseremo...
Nel frattempo, eccovi il mio testo. Non ho voluto leggervelo o
raccontarlo paro paro all'AHAcktitude perche' trasgredisce alcune regole
che ci siamo prefisse di rispettare durante il seminario, e che vi
abbiamo comunicato a voce: ci sono infatti citazioni e riferimenti a
personaggi e testi specifici. Nel seminario invece abbiamo deciso di non
farli per permettere a chiunque di presentare un'esperienza soggettiva
al di la' di riflessioni teoriche specifiche (regola mutuata
dall'esperienza delle donne di Diotima). Credo che rispettare questa
regola sia stato molto interessante, insieme al fatto di rapportarsi
direttamente citando chi aveva parlato in precedenza, che e' stata la
nostra seconda "regola" del gioco.
Credo comunque che sia importante dare dei riferimenti ora che ci
confrontiamo sul piano virtuale, e spero che il mio testo cosi com'e'
sia fonte di ulteriori riflessioni. Le domande che pongo vogliono essere
delle "provocazioni" e degli inviti a riflettere. Come gia' detto al
seminario, non ho risposte precise - e rimangono interrogativi
aperti...magari per un prossimo incontro sulla partecipazione? :)
(personalmente poi ho trovato tutti i testi scritti dalle altre molto
belli, ma credo che sia una decisione personale scegliere di mandarli in
lista o meno).
Buona lettura allora e grazie a chi ha *partecipato* al seminario!
...e grazie naturalmente per tutto il resto dell'AHAcktitude :)
T_Bazz
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Arti e politche della partecipazione. AHAcktitude 2011
Racconto di un'esperienza: verso una critica dell'artivismo?
di Tatiana Bazzichelli
Il concetto di partecipazione e' centrale per sciogliere alcuni nodi che
riguardano l'evoluzione e le trasformazioni del concetto di "fare rete"
nell'era dei social media. Le mie riflessioni sono la conseguenza di un
percorso che sto portando avanti a livello universitario durante la
scrittura del mio dottorato in Danimarca e sono anche la conseguenza di
un percorso di diretto coinvolgimento nell'ambito della scena attivista
(o meglio artivista) in Italia sin dalla meta' degli anni 90. Quindi, il
mio contributo va pensato come soggettivo, e di base si tratta di un
racconto di un'esperienza, che citando Chiara Zamboni, "e' allo stesso
tempo dono ai presenti e desiderio di essere aiutati nel decifrarla"
(Zamboni, 2009: 34).
Soffermandoci quindi sulle dinamiche di rete, e tenendo sempre in mente
il tema della partecipazione, siamo di fronte a un duplice processo. Non
c'e' dubbio che il concetto di networking e' diventato mainstream
allargandosi a un vasto pubblico che, come nel caso dei piu' giovani che
si stanno alfabetizzando attraverso i social media, lo interpreta in
base alla propria presenza su Facebook, YouTube, Flickr, ecc. Da una
parte siamo quindi di fronte a un processo di continuita': il
networking, che prima era una pratica diffusa soprattutto all'interno
dei circoli artistici di avanguardia, oppure nell'ambito della scena
tecnologica underground, e' diventato una pratica anche per un pubblico
allargato di meno "esperti". C'e' chi vede questo processo non
necessariamente negativo. Per esempio, Lee Felsenstein durante una mia
intervista nel dicembre 2009 a Palo Alto sostiene che in qualche modo i
social media di oggi e le forme di partecipazione allargata che
implicano, sono una vittoria della cultura hacker e del concetto di
"access for all", "computer power to the people", tematiche su cui Lee
si e' confrontato nel corso della sia carriera. Analogamente, in
un'altra intervista con Vittore Baroni effettuata nel marzo 2009 a
Viareggio, Vittore sostiene che bisogna riconoscere l'importanza dei
social network come piattaforma di rete, per questo e' importante essere
presenti all'interno di essi pur mantenendo un approccio critico,
perche' costituiscono sicuramente un nuovo potenziale a livello di scambio.
Questa linea di congiunzione si biforca pero' in una linea di rottura,
se consideriamo gran parte del vocabolario critico che si e' sviluppato
nel corso degli ultimi anni rispetto alla tematica del social
networking. Questo vocabolario e' strettamente correlato ad una critica
dell'economia post-fordista, al concetto di biopolitica, all'analisi
dello sfruttamento capitalistico (exploitation) e in gran parte si
ricollega all'evoluzione del pensiero autonomo marxista (anche se il
discorso e' molto complesso da fare in questa sede, per le molte
posizioni che vivono all’interno di questa "tradizione"). In questa
visione, alcuni teorici, come Antonio Negri, Michael Hardt, Paolo Virno,
vedono come soggetto emergente la cosiddetta moltitudine, termine prima
usato da Machiavelli e poi Spinoza e riadattato da Hardt e Negri nel
libro Impero (2000) e poi Moltitudine (2004) e da Paolo Virno in
Grammatica della moltitudine (2003).
A mio parere, e qui parlo anche attraverso la mia esperienza artivista,
pur se una visione del genere – quella della moltitudine come modello di
resistenza contro il sistema capitalistico – puo' ipoteticamente
funzionare a livello teorico perche' mette in campo diverse
soggettivita', e' difficilmente applicabile a livello pragmatico senza
ricreare dinamiche di conflitto, e quindi paradossalmente, movimenti
oppositivi che si basano ancora su una visione dicotomica della
partecipazione. Pur se gli stessi teorici sopra menzionati tendono a
criticare dinamiche di potere dualistiche (concentrandosi sui temi delle
soggettivita', del nomadismo e superando un approccio dialettico
negativo), tradotte nella pratica le loro idee sono spesso interpretate
in forma di "opposizione", e di "conflitto".
Il punto sta nel cercare di capire come immaginare nuove forme di
partecipazione che vadano oltre conflitto e resistenza – e che vadano
oltre la creazione di un soggetto olistico, pur se presentato come
plurale (la moltitudine, appunto). Di conseguenza, e' sicuramente
necessaria una riformulazione del linguaggio, che entra nella sfera
della produzione e del politico, e in questo senso sono d'accordo con
Paolo Virno, ma vanno ripensate anche le pratiche attiviste e le
strategie critiche.
La tradizione che va dal punk alla cultura hacker, e la stessa idea di
disturbo virale, è sicuramente centrale, perche' agisce dall'interno dei
processi e non dall'esterno (ricordiamoci l’hands on imperative), e
propone dinamiche spezzate a livello di soggettivita' e strategie (si
pensi per esempio al Neoimo, a Luther Blissett, ecc). Ma allo stesso
tempo, anche questa scena va criticizzata di fronte alla propria
sussunzione negli ambiti di mercato (come vediamo, nella retorica
propria dei social media, il linguaggio degli hacker e' diventato
complice delle dinamiche di profitto).
Franco Berardi presenta una critica del concetto di attivismo e del
ruolo delle avanguardie, sostenendo che le ultime hanno fallito perche'
sono state totalmente incorporate dal mercato e oggi sono divenute
strategie di mercato (2009). Ma allo stesso tempo oggi ci sono artisti e
attivisti che si ispirano proprio a una certa tradizione "disruptiva" e
"disturbante" creando azioni dall'interno, appropriando criticamente il
business, oppure proponendo modelli alternativi ad esso (per esempio gli
stessi Les Liens Invisibiles, Paolo Cirio, i Telekommunisten, il
collettivo Moddr, l'esperienza di Anna Adamolo, e il movimento degli
Anonymous che puo' essere interpretato come la versione attuale di
Luther Blissett e Monty Cantsin).
Concludo con alcune domande (provocatorie?). E' ancora possibile una
forma di partecipazione critica, attraverso la pratica artistica? Se le
avanguardie sono morte o hanno fallito, cosa e' rimasto dopo di loro? E
parlando della nostra esperienza come AHA, secondo quali strategie e'
necessario giocare le nostre carte? Se l'artivismo non funziona piu'
come pratica critica di rete, la nostra comunità
Activism-Hacking-Artivism che senso assume nel panorama hacker e
artistico italiano (e internazionale)?
Tatiana Bazzichelli, per AHAcktitude 2011
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