[aha] Fwd: Bloccata la prima di "A ferro e fuoco" di Simone Capula e Associazione Cult. Teatro a Canone

giada totaro giada.tot a gmail.com
Gio 10 Set 2009 11:32:24 CEST


I ragazzi di "A ferro e fuoco" cercano spazi in Italia dove poter mettere in
scena il loro spettacolo

more info: lucavonella a tiscali.it/ cell.: +39.333.2014888

grazie per l'attenzione

Il giorno 10 settembre 2009 01.41, riccardo fadda <faddariccardo a hotmail.com
> ha scritto:

>  la solita repressione del cazzo!
> luca chiude e semplifica;
> LUCA: ma vaffanculo!
>
> ------------------------------
> Date: Wed, 9 Sep 2009 23:49:16 +0200
> From: gionatan a blankpage.it
> To: aha a lists.ecn.org
> Subject: [aha] Fwd: Bloccata la prima di "A ferro e fuoco" di Simone Capula
> e Associazione Cult. Teatro a Canone
>
>
> ---------- Messaggio inoltrato ----------
> From: giada totaro <giada.tot a gmail.com>
> To: List on artistic activism and net culture <aha a lists.ecn.org>
> Date: Wed, 9 Sep 2009 22:51:03 +0200
> Subject: Bloccata la prima di "A ferro e fuoco" di Simone Capula e
> Associazione Cult. Teatro a Canone
> Salve,
>
> inoltro una info di Associazione Cult. Teatro a Canone
> (info: lucavonella a tiscali.it)
> *
> Comunicato Stampa*
>
> (Con preghiera di pubblicazione)
>
> Chivasso 05 settembre 2009
>
> Agli organi d'informazione.
>
>
> Si comunica che l'Anteprima nazionale dello spettacolo "A Ferro e
> fuoco-Spettacolo in La min." prevista per il giorno 10.09.2009 alle ore
> 21 presso il Teatrino Civico di Chivasso, è stata annullata in data da
> destinarsi a causa della "revoca amministrativa della concessione in
> uso dei locali" da parte del Sig. Sindaco della Città di Chivasso Bruno
> Matola.
>
> I sottoscritti reputano l'azione del Sindaco un grave atto di
> arroganza amministrativa-politica altamente lesiva dell'immagine
> professionale dei sottoscritti.
>
>  Si allega alla presente, la lettera del Sindaco per ora solo
> inviataci via mail dalla dott.ssa Roberta Colavitto (Dirigente al
> patrimonio) e copia del testo dello spettacolo che nessuno ha ancora
> letto o visto rappresentato compreso il Sindaco di Chivasso.
>
>
> Con l'occasione auguriamo buon lavoro e ringraziamo per la cortese
> attenzione.
>
>
>
> Per Ass. Cult. Teatro a Canone
>
> Simone Capula
>
> Lorenza Ludovico
>
> Luca Vonella
>
>
>
>
>                             A FERRO E FUOCO
>                                  spettacolo in la min.
> LORENZA: Io ti ho offerto il mio corpo come un moto
> Di gioiosa tristezza
> Come un’acqua serena per andare:
> tu mi hai creduto una rupe divina
> ma non atta a ancorare la radice...
> ti ho offerto i miei tralci, la mia voce,
> la mia vita feconda
> ho domandato che tu mi capissi...
> ma neppure hai cercato di baciarmi
> e mi credi una venere delusa.
> Una venere delusa
> una venere delusa
> una venere delusa
> LORENZA: Lo so che non mi crederete. Mi sono abituata a raccontare storie a
> cui
> nessuno ormai presta fede. Eppure stanotte, in televisione, ho visto uomini
> tormentati
> e picchiati a sangue e soltanto uno, tra tutta la gente uno solo, li ha
> difesi. Ma era
> tanta la povertà degli altri che quegli uomini morirono, disperati fino
> all'ultimo.
> Affogati.
> LUCA: siamo nel 2009... vaffanculo...c'è la crisi economica...che cazzo
> vuoi.
>  Era il tempo dell'adorata giovinezza
>  quando gli alberi schiusi
>  gemevano tristezza
>  era il tempo degli innamorati dolori
>  e dei sordi frastuoni della terra.
> LORENZA: che cazzo vuoi.
> LUCA: Milano benedetta
>  patria di sicurissime storie
>  di frangenti mobili oscuri
>  Milano dove è nata la mia poesia
>  e dove la mia poesia è morta
>  lungo il Naviglio che geme
>  dove la Patria Italia ha un riferimento sicuro
>  dove vivono Marina e Chiara
>  dove sono nati i miei figli
>  dove i miei figli mi abbandonano
>  giorno per giorno
>  dove l'emarginato e il povero trovano il suo caldo affetto
>  dove tutto brilla all'insegna della cultura
>  e dove le sere sono dolenti
>  come il mare di Taranto
>  dove ho lasciato un lungo sconfinato amore
>  morto di lebbra e di ardente desiderio di rivederti.
> LORENZA: vaffanculo!
> LUCA: ce ne fottiamo.
> LORENZA: ce l'avevano detto di non farlo. Ce ne fottiamo!
> LUCA: ce l'avevano detto di non farlo, ce ne fottiamo. Ce l'avevano detto
> di non farlo
> uno spettacolo su una brigatista.
> LORENZA: glielo avevo detto, lo avevo scongiurato, glielo avevo detto di
> non dire
> niente, di non provocare.
> LUCA: me l’avevano detto, me l’avevano scongiurato, me l’avevano detto di
> non
> dire niente, di non provocare.
> LORENZA: ma che senso ha parlare di questa storia?
> LUCA: ma che senso ha parlare di questa storia?
> LORENZA: caso archiviato
> LUCA: disturbo post-traumatico da stress, ovvero quel complesso di reazioni
> patologiche che si sviluppano a causa della rimozione prolungata di un
> evento
> doloroso.
> LORENZA: si tende a cancellare persino il ricordo dell’evento per paura di
> rivivere
> quelle stesse situazioni. Ci si illude di aver eliminato il problema, in
> realtà emozioni e
> stati d’animo continuano a ribollire
> LUCA: Ma che senso ha riparlare di anni di piombo e della storia da cui
> sono
> scaturiti?
> LORENZA: l’Italia non è mai uscita del tutto dalla stagione degli anni di
> piombo a
> causa del disturbo post-traumatico da stress. La verità è che quasi nessuno
> vuole fare
> davvero i conti con la tragedia di quegli anni con il loro carico di lutti
> e di sofferenze.
> LUCA: E, in particolare, con i suoi profondi sensi di colpa.
> LORENZA: vogliono farci credere che le BR venivano dallo spazio e invece
> sono
> figlie di una parte della Sinistra storica, quella Sinistra storica di cui
> anche noi tre,
> che abbiamo lavorato a questo spettacolo, siamo orgogliosamente figli.
> LUCA: Così, il nostro paese, non ha potuto farsene una ragione, non ha
> capito. Il
> fenomeno continua a rimanere senza una spiegazione.
> LORENZA: la sua comprensione sarebbe la giusta terapia contro il disturbo
> post-
> traumatico da stress, la cura capace di depotenziarlo degli aspetti
> distruttivi, lasciando
> LUCA: sarebbe giunto il momento di strapparlo alla cronaca per
> riconsegnarlo alla
> memoria e alla storia.
> LORENZA: il nostro spettacolo è la storia ed è dedicato ad una ragazza
> militante
> delle Brigate Rosse. Cerca di narrarla appena con qualche intelligenza e
> pietà; pietà
> non solo per coloro che morirono e ne morirono ma per la vicenda delle
> rivoluzioni
> del secolo dentro la quale, come una steroide, si è accesa e spenta. La
> memoria per
> questa storia, come tutta la storia delle BR, non è morta, non è neanche
> conservata; è
> esorcizzata, allontanata, deformata. Tutti sanno tutto e tutti continuano a
> elucubrare,
> non vedere quel che è semplice, tragico e semplice.
> LUCA: siamo coscienti che il nostro spettacolo è politicamente scorretto,
> che è una
> piccola operazione a rischio come tutte le operazioni che affrontano temi a
> lungo
> rimossi. Temiamo che le BR ci siano ancora. Quel terreno non è mai stato
> bonificato
> a fondo e non si spiega il perché
> LORENZA: questo spettacolo racconta delle origini delle Brigate Rosse fino
> al 5
> giugno 1975, data di morte del carabiniere Giovanni D’Alfonso e della
> brigatista
> Mara Cagol.
> LUCA E LORENZA: uno spettacolo che vuol essere, forse in maniera un po’
> presuntuosa, un piccolo tentativo di narrare un po’ di questa storia.
> LORENZA:
> Andarsene di casa senza destinazione, oltrepassare l’uscio senza un saluto,
> darsi il
> co0raggio assurdo di non tornare quella sera né un’ altra a dormire senza
> sapere dove,
> senza sapere invece. In tasca forse cinque mila lire, una sacca con
> ricambio scarso.
> Cercavamo il comunismo. Comunismo per noi era forza di uguaglianza e
> smentita di
> ogni privilegio. Era il nome del tempo e del campo a noi assegnato. Non era
> volontà
> di potenza: nel gennaio 1969 un pomeriggio un ragazzo raggiunse la base
> della statua
> di San Venceslao, che è il centro di Praga. Si tolse il cappotto, alzò il
> canestro che
> conteneva un liquido, si cosparse la testa e le spalle e il corpo intero,
> estrasse dalla
> tasca l’accendino, lo azionò, si trasformò in una fiaccola. Nella tasca del
> cappotto di
> Jan Palach troveranno una lettera.
>        (mi alzo dalla sedia, di fronte al pubblico)
> Io sono il primo a cui tocca l’onore di eseguire la nostra decisione, sono
> il primo che
> ha avuto il diritto di scrivere la lettera e sono anche la prima fiaccola.
> La richiesta
> principale è l’abolizione della censura: se questa richiesta non sarà
> rispettata entro
> cinque giorni, vale a dire entro il 21 di gennaio, e se la gente non
> dimostrerà
> l’appoggio alla nostra azione, altre torce umane seguiranno.
>        (mi risiedo)
> nella Praga di Jan Palach invasa dai cannoni russi noi eravamo praghesi.
> Comunismo
> per noi era la negazione dell’autorità. L’autorità è una torta nunziale. Da
> guastafeste,
> senza invito a nozze, cominciammo a tirare in faccia agli autorevoli le
> fette della loro
> torta e gli sberleffi all’inaugurazione della stagione lirica alla Scala di
> Milano, nella
> notte di San Silvestro alla Bussola di Viareggio.
> Cara mamy, è fatta! Siamo sposati...! C’è cascato...!
> Ora eccoci qui a Milano, stiamo molto bene insieme ma purtroppo in questo
> periodo
> siamo molto indaffarati e ci rimane appena il tempo per qualche breve
> passeggiata. Lì
> la nostra parola d’ordine era “portare gaiezza nella rivoluzione”. Tutto
> ciò che
> facevamo era in sintonia con questo principio. Nel collettivo si cantava,
> si faceva
> teatro, si facevano mostre di grafica, era obbligatorio avere una continua
> esplosione
> di gioiosità e invenzione. Tutto questo non vale più qui a Milano perché
> dopo un
> primo tempo in cui la città pare luminosa e piena di attrattive si rivela
> come un
> mostro feroce che divora tutto ciò che c’è di naturale, di umano e di
> essenziale nella
> vita.
> Questa società violenta ogni minuto tutti noi togliendoci ogni cosa che
> possa in
> qualche modo emanciparci o farci sentire veramente quello che siamo. Questa
> società
> ha estremo bisogno di essere trasformata da un profondo “processo
> rivoluzionario”.
> La violenza del sistema è recepita ormai da grandi masse e non è più
> sopportata. Gli
> operai sono più che mai arditi e violenti contro il governo, contro i
> padroni, contro
> una situazione sociale creata da una politica errata, basta guardare i
> fatti che
> succedono quotidianamente nelle fabbriche; rivolte, ammutinamenti (i
> giornali certo
> non ne patlano) oppure i cortei, qui a Milano ce ne sono due o tre ogni
> giorno.
> Bisogna fare il possibile per combattere questo sistema, è dovere farlo
> perché questo
> credo sia il senso profondo della nostra vita. Io e il mio amore stiamo
> impostando
> tutto un modo di vita “nuovo” teso a raggiungere i nostri obiettivi ed è
> questo l’amore
> che ci unisce e che ci apre sulla società. Costruire in modo nuovo e solido
> un rapporto
> che vada oltre noi due, a servizio degli sfruttati e quindi a servizio del
> popolo. Cara
> mamma, questa mia felicità tu hai contribuito molto a costruirla perché tu
> hai sempre
> avuto molta fiducia in noi, tu non mi hai mai contrastata nelle mie scelte
> ma anzi mi
> hai sempre aiutata in tutti i modi possibili e a volte anche impossibili. I
> tuoi
> atteggiamenti mi hanno sempre indotto a tente riflessioni e considerazioni
> che mi
> hanno fatta maturare molto. Tu mi puoi capire vero? La vita è una cosa
> tropoo
> importante per spenderla male o buttarla via in inutili chiacchiere o
> battibecchi. Ogni
> minuto è importante soprattutto qui a Milano dove la città ti ruba ore e
> ore che
> potrebbero essere usate in mille modi creativi.
> Bene mamma, di tutto questo parleremo a lungo e ci scriveremo presto, per
> ora
> smetto perché sennò magari pensi che sto chicchierando troppo e che i fatti
> son ben
> altro! Beh, forse avresti anche ragione...Ciao mamma, tanti bacioni dalla
> tua
> rivoluzionaria Margherita.
> Cara mamy fortunatamente è in corso un processo di trasformazione sociale
> verso
> una società migliore, dove nessuno sia sfruttato da nessun altro, dove la
> libertà dell
> uno sia il limite e la condizione della libertà dell’altro, dove chiunque
> possa
> esprimere in libertà le proprie opinioni e le proprie idee, dove la
> ricchezza delle terre
> e dell’industria sia egualmente ripartita. E’ sempre difficile e mai
> indolore.
> Noi scappiamo via e questo schifo continua a diffondersi. Non c’è nessuno
> che prova
> a fermarlo. Laudate dominum, laudate dominum. Non vogliamo pensarti figlio
> di dio
> ma figlio dell’uomo anche nostro fratello. Il potere che cercava il nostro
> umore
> mentre uccideva nel nome di un dio uccideva un uomo. Nel nome di quel dio
> si
> assolse, poi chiamò dio quell uomo e nel suo nome altri uomini uccise.
> Laudate
> dominum. Ancora una volta abbracciammo la fede che insegna ad avere il
> diritto al
> perdono sul male commesso nel nome di un dio che il male non volle finchè
> restò
> uomo. Laudate dominum.
> Qualcuno cercò di imitarlo. Se non ci riusì fu scusato, anche lui perdonato
> perché non
> si imita un dio. Un dio va temuto e lodato. Laudate do..hominem. no non
> voglio
> pensarti figlio di dio ma figlio dell uomo anche nostro fratello. Laudate
> hominem.quel mattino c’era un silenzio anomalo, laudate hominem. Perché
> nessuno
> prova a fermarlo questo schifo che continua a diffondersi, si diffonde
> ovunque.
> Tu mi puoi capire vero?
> Quel mattino c’era un silenzio anomalo.
> All’ amore tuo fanciulla
> altro amor io preferia
> è un ideal l’amante mia
> a cui detti braccia e cor.
> Il mio core aborre e sfida
> i potenti della terra;
> il mio braccio muove guerra
> al codardo, all’oppressor.
> Perché amiamo l’uguaglianza
> ci chiamaron malfattori
> ma noi siam lavoratori
> che padroni non vogliam.
> Dei ribelli sventoliamo
> le bandiere insanguinate
> e innalziam le barricate
> per la vera libertà.
> Se tu vuoi fanciulla cara
> noi lassù combatteremo
> e nel dì che vinceremo
> braccia e cor ti donerò.
> La forza del potere è anche quella di far credere alla maggior parte delle
> persone ciò
> che vuole ed ha a sua disposizione molti strumenti, radio televisione i
> giornali. Circa
> un anno fa quando cominciammo a mettere in pratica le nostre idee furono
> proprio
> questi strumenti a diffondere l’opinione che noi eravamo dei delinquenti,
> banditi. Del
> resto non è cosa nuova. Già nel ’43 su tutti gli angoli delle strade si
> potevano leggere
> manifesti che dicevano parlando dei partigiani “ achtung banditi”, ma ormai
> tutti
> sappiamo che i partrigiani banditi non sono stati, mentre i nazisti e i
> fascisti si.
> I nazisti e i fascisti erano e sono banditi, figli di puttana ignoranti.
> (sputo).
> Arrivati in piazzale Loreto il mio amore fa un cenno: “guardate è lì che le
> Brigate
> Partigiane hanno appeso a testa in giù Mussolini e la Petacci. Ci guardiamo
> in
> silenzio. Certo, dico io, Brigata è il nome giusto. Brigata Rossa propongo.
> Gli altri
> annuiscono. E’ fatta. In piazzale Loreto, in quella malandata 850 nasce la
> Brigata
> Rossa, al singolare. E il suo simbolo una stella a cinque punte, la stessa
> dei
> Tupamaros.
> Cara mamy, sono ormai milioni le persone nel mondo che per rendere
> possibile il
> processo di trasformazione in atto si prodigano in una lotta continua
> contro i padroni
> e la classe borghese senza avere paura della repressione, della
> persecuzione o della
> galera.
> Quando il nucleo di carabinieri e polizioa di Reggio Emilia ha messo sotto
> sopra la
> vostra casa, per quattro ore frugando in ogni angolo, anche a voi è toccato
> vedere
> come si muovono gli uomini che vogliono mantenere a tutti i costi il
> disordine attuale
> di questa società malata di ingiustizia.
> Siamo stufi di quelli che dicono che sarebbe giusto che le cose andassero
> diversamente ma poi se ne stannno tranquilli seduti in poltrona aspettando
> che altri si
> muovano. Noi lavoriamo, stiamo bene, mamy devi avere fiducia nel nostro
> lavoro e
> nelle nostre idee anche se questo ti farà certamente preoccupare.la nostra
> è una scelta
> di vita, di lotta, non di rinuncia o di opportunità personale. Ti voglio
> molto bene,
> credici, Margherita.
> Prendi un filo comune da calza, preferibilmente bianco e di lino perché
> inodore e
> meno fumogeno. Stempera 8 grammi di bicromato di potassio in 100 grammi
> d’acqua, lasci bollire per dieci minuti il cotone, dopodichè lo lasci
> asciugare al buio.
> Poi prendi 40 fili ben asciutti di detto cotone e con un filo del medesimo
> cotone
> avvolgi i 40 fili facendo così un cordoncino che brucerà per mezzo
> centimetro al
> minuto. Poi prendi un tubo, piccolo o grande, di ferro, di ghisa, di
> bronzo, perfino di
> alluminio. Lo tagli a dieci, venti, quaranta centimetri. Saldi ad
> un’estremità un
> coperchio dello stesso materiale del tubo e al centro del coperchio
> pratichi un foro del
> diametro di sei o sette centimetri. L’altra parte del tubo viene filettata
> per permettere
> di avvitarvi un altro coperchio pure filettato per un paio di centimetri.
> Si ripone l’esplosivo nel tubo, si fa passare la miccia con il detonatore
> nel foro del
> primo coperchio facendo in modo che il detonatore vada ad innescarsi
> nell’esplosivo.
> Alla fine si avvita il secondo coperchio e la bomba è pronta. Costruisci la
> tua bomba
> e poi la sperimenti su uno degli obiettivi che vuoi buttare all’aria.
> Buon lavoro.
> Mamy, aspetto un figlio. Io e il mio amore siamo felici, lo desideravamo da
> tempo.
> Certo non sarà facile conciliare le cure del bambino e l’impeglio politico
> ma
> sappiamo di farcela, siamo felici.
> Mara partecipa agli scontri per le case occupate, è l’anima di molte
> occupazioni.
> Durante l’occupazione in via Mc Mahon viene arrestata insieme a tanti altri
> e
> percossa dagli agenti.
> Cara mamy, il giorno dopo l’occupazione perfino la sinistra, la sinistra
> istituzionale e
> ben stipendiata ci ha accusato di aver strumentalizzato il quarto Stato. Il
> sindaco di
> Milano però è stato costretto a trovar casa agli sfrattati, certo non bella
> come quella
> che avevamo occupato, ma pur sempre una casa.
> Cara mamy, purtroppo ho una brutta notizia da darti. Dopo loccupazione e la
> caduta
> dal motorino sono stata male e sono stata costretta ad abortire. Il medico
> però mi ha
> tranquillizzata dicendomi di non allarmarmi, dopo l’operazione dovrei poter
> concepire regolarmente. Avere un figlio da allevare ci entusiasmava ance se
> questo
> avrebbe di certo comportato dei cambiamenti non facili nella lostra vita
> sino ad ora
> così movimentata.
> Sarà per un’altra volta e speriamo sia presto.
> Il 18 febraio 1975 poco dopo le 16, un commando formato da sei persone,
> cinque
> uomini e una donna Margherita, scende da due macchine. Margherita si
> avvicina al
> portone del carcere di Casale Monferrato. Suona, ha con se un pacca. Lo
> mostra al
> piantone e dice “Per favore mi apra, devo consegnare questo pacco a mio
> marito”. Il
> piantone non ci vede nulla di strano, è giorno di visita. Pochi secondi e
> fa scattare la
> serratura. Si ritrova con un mitra piantato al petto. Margherita dice “Stai
> buono o sei
> un uomo morto”. Pochi minuti e sono tutti fuori diretti ad Alassio.
> Un’azione
> perfetta.
> Il mio amore è stato liberato senza sparare un colpo.
> C’è qualcono? Aprite, carabinieri.
> Sono in tre mi hanno visto, dobbiamo andare via.
> Non possiamo farci prendere. E che facciamo con il prigioniero?
> Lo lasciamo qui, lui non c’entra. Scappiamo, lui non c’entra. Non si mette
> a
> repentraglio la vita di un rapito per denaro.
> L’autopsia dirà che Margherita è morta per:
> “ferita da arma da fuoco con i caratteri del foro d’entrata alla regione
> mediale del
> cavo ascellare sinistro con alone ecchimotico circostante e ferita da arma
> da fuoco
> con i caratteri d'uscita sulla linea ascellare posteriore destra pressochè
> orizzontale
> rispetto al foro d'entrata.
> Tre proiettili, il terzo il classico colpo per uccidere, di precisione, a
> distanza
> ravvicinatissima.
> Quel giorno persero la vita due giovani: Margherita e il carabiniere
> Giovanni
> D’Alfonso.
> LUCA: ma vaffanculo!
>
>
> ------------------------------
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>
> _______________________________________________
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> AHA a lists.ecn.org
> http://lists.ecn.org/mailman/listinfo/aha
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>


-- 
Giada Totaro
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