[aha] Diritto alla Rete: Alessandro Gilioli e Derrick de Kerckhove

Redazione Digicult redazione a digicult.it
Lun 7 Set 2009 21:00:12 CEST


Digicult presenta:

IL NOSTRO DIRITTO ALLA RETE:
INTERVISTA AD ALESSANDRO GILIOLI
di Marco Mancuso

da Digimag 47 - September 2009
http://www.digicult.it/digimag/article.asp?id=1542
English version online soon


Direi che era quasi inevitabile. Vivere e lavorare in un paese, per quanto 
apperentemente democratico, in cui il rapporto di interdipendenza tra 
politica e mass media è più stretto che in qualsiasi altro al mondo 
(escluso, certo, i regimi apertamente totalitari di cui abbiamo fatto cenno, 
per esempio, il mese scorso nell'articolo Persepolis 2.0), non consente 
utopie libertarie di sorta nel momento in cui si fa cenno a temi portanti di 
qualsiasi democrazia, come la libertà di stampa, il diritto di opinione, 
l'autonomia di pensiero.

Pensare che Internet, i Blog, il P2P e i Social Network potessero essere 
esenti da forme di censura e restrizioni a livello governativo, sperare che 
rimanessero per sempre territori completamente liberi, penso che fosse 
quantomeno ingenuo: moltissime sono ormai le testimonianze negative in 
questo senso, a livello nazionale e internazionale, alcune delle quali 
trattate nel corso degli ultimi anni proprio su Digimag.

Su queste tematiche, il governo Italiano sembra ormai avviato verso una 
politica di controllo e restrizioni che non ha però precedenti nelle 
"democrazie" occidentali e che, come sottolineano gli ospiti di questa 
intervista Alessandro Gilioli e Derrick De Kerckhove, potrebbe portare a una 
serie di emendamenti e decreti che costituiscano un pericoloso precedente da 
imitare da parte di altre "democrazie" in tutto il mondo. Sembra infatti che 
in Italia, la libertà di stampa per come la conosciamo, sia ad oggi un 
diritto che esiste sempre più sulla carta e sempre meno nella pratica: come 
interpretare diversamente l'ultima subdola azione governativa contro la 
libertà di pensiero e di stampa, il Decreto Alfano sulle intercettazioni, 
che di fatto ha "ammutolito" tutta una serie di blogger in Rete, minacciando 
azioni legali e multe pesantissime? Il cosiddetto obbligo di rettifica, 
pensato sessant'anni fa per la stampa, se imposto a tutti i blog (anche 
amatoriali) e con le pesanti sanzioni pecuniarie previste, metterebbe di 
fatto un silenziatore alle conversazioni on line e alla libera espressione 
in Internet.

In un governo ossessionato dal controllo dei media di comunicazione di 
massa, teso a mettere il silenziatore ad ogni possibile voce di protesta, 
fondamentalmente ignorante nei confronti delle dinamiche sociali ed 
economiche che sottendono la Rete, il P2P, l'open source e il Social 
Networking, è quasi inevitabile la paura di ciò che non si può controllare, 
della cosiddetta "fuga di notizie" che potrebbe verificarsi anche attraverso 
le sottili maglie di una comunità online che sebbene ancora piccola, è 
sicuramente in crescita e potrà diventare presto politicamente importante 
(se ben rappresentata, of course).

Per protestare quindi contro il Decreto Alfano, lo scorso 14 Luglio è stato 
indetto un vero e proprio sciopero virtuale, uno sciopero dei principali 
blog Italiani. Nato dall'iniziativa di Alessandro Gilioli (giornalista, 
scrittore, caporedattore e blogger de "L'espresso" con il suo Piovono Rane), 
con l'adesione di blogger di ogni area politica (ma anche non politici) ed 
esponenti di diversi partiti e associazioni,l'iniziativa ha chiesto ai blog 
italiani di mettere on line solo il logo della protesta, con un link al 
manifesto per il Diritto alla Rete: http://dirittoallarete.ning.com. La 
piattaforma di Social Networking ha lavorato come collettore di post e 
libere opinioni, nonchè come contenitore di immagini di tutti i blogger 
imbavagliati che hanno aderito. Il progetto ha previsto anche un 
incontro-sit in piazza Navona a Roma, alle ore 19 di martedì 14 luglio, e un 
simbolico imbavagliamento sia dei blogger presenti sia della statua simbolo 
della libertà di espressione, quella del Pasquino.

Inevitabilmente l'iniziativa ha sollecitato la mia attenzione, sia per 
l'importanza oggettiva della tematica trattata, che per naturale propensione 
di Digimag a conoscere i progetti (sia di natura artistica che di protesta) 
dalla viva voce dei loro protagonisti, che infine per l'occasione di potersi 
confrontare con un libero pensatore la cui attività e presenza in Rete 
considero da tempo molto importanti per il nostro paese, per la diffusione 
di una forma "nuova" di giornalismo ibrido tra quello tradizionale, legato 
più alla carta stampata e alla televisione, alle dinamiche editoriali 
classiche, e quello che i media hanno prontamente quanto erroneamente 
battezzato come "citizen journalism" (e che io preferisco chiamare al limite 
"free journalism"). Alle mie domande ha risposto anche Derrick de Kerckhove 
(che ringrazio sentitamente), saggista che non ha bisogno di presentazioni, 
opinionista, Direttore del McLuhan Program in Culture & Technology e 
Professore presso il Department of French alla University of Toronto, che in 
qualche modo ha seguito e sta seguendo da vicino l'evolversi del progetto di 
Alessandro Giloli.

Marco Mancuso: Vorrei iniziare questa intervista chiedendoti di farmi un 
primo bilancio dell'iniziativa lo "sciopero dei blog" dello scorso 14 Luglio 
e della nascita della piattaforma Diritto alla rete. Personalmente, 
considero l'iniziativa un'importante passo verso l'utilizzo della Rete come 
reale piattaforma di discussione, riflessione, aggregazione: Diritto alla 
rete ha per esempio riunito moltissimi blog di informazione e questo è 
sicuramente utile per tutti coloro che vogliono orientarsi nell'universo 
dell'informazione libera e indipendente (si spera), dal basso, denominata 
prontamente dai media citizen journalism. Al contempo mi chiedo, e ti 
chiedo, al di là dell'atto di protesta e sciopero assolutamente legittimo e 
giustificato, quali effetti pratici e concreti a livello politico e sociale 
sta avendo l'iniziativa, che presumo e spero ancora in corso, e quali ne può 
avere in futuro. E più in generale, in quale direzione, secondo te, bisogna 
lavorare affinchè le iniziative di protesta e aggregazione in Rete possono 
avere una reale ed efficace ricaduta nel mondo reale delle nostre vite?

Alessandro Gilioli: I risultati "specifici" della protesta li vedremo più 
avanti: se e quando la norma "ammazzablog" verrà stralciata dal ddl Alfano, 
come ci si augura. Ci sono delle trattative in corso, c'è un emendamento che 
probabilmente verrà votato: io sono "incautamente ottimista" sull'ipotesi 
che l'obiettivo specifico venga raggiunto. Ma due risultati sono già stati 
ottenuti. Primo, l'iniziativa ha portato la questione della comunicazione 
"dal basso" in Italia (e dell'ignoranza dei nostri politici in merito) al di 
fuori del circuito autoreferenziale dei blog. Ne hanno parlato - anche per 
dissentire- decine di giornali cartacei sia italiani sia stranieri (come El 
Mundo), le tivù (da Sky alla Bbc). Molti parlamentari e attori della 
politica si sono chiesti per la prima volta "ma cosa sono questi blog e 
perchè s'incazzano tanto?", il che è già qualcosa. Il secondo risultato è 
stato di far discutere e riflettere la blogosfera sul proprio ruolo e 
(perchè no?) anche sulle proprie responsabilità. In particolare sul fatto 
che da una fase di semplice "rifiuto difensivo" contro leggi cretine 
(D'Alia, Carlucci, ddl Alfano etc) si può e forse si deve passare a una fase 
di "contrattacco propositivo" per stimolare i legislatori a produrre norme 
che prima di tutto tengano conto delle differenti dinamiche della 
comunicazione dal basso on line rispetto al giornalismo verticale di carta, 
e poi si ispirino sempre di più all'apertura, all'innovazione, allo sharing 
e alla neutralità della rete, anzichè al "proibizionismo terrorizzato" con 
cui si sono mossi finora.

Derrick de Kerckhove: Estensione delle notizie dalla stampa ufficiale, uso 
di tipo Twitter, uso di tecnologia difensiva, contributi dell'intelligenza 
italiana. Quali ricadute producano le iniziative di protesta in rete è una 
domanda interessante. E' vero che i social networks stiano cominciando solo 
ora a generare effetti; il citizen journalism attraverso i social networks 
coinvolge sempre più persone e non solo i blogs ma anche altre forme di 
comunicazione. Potrebbe avere un effetto molto forte sul governo, pur 
dipendendo dal numero effettivo dei connessi, del rapporto tra numero di 
persone su internet e popolazione reale. Io penso per esempio che l'Italia 
troverà in futuro il suo punto di maturazione in internet come l'ha trovato 
l'America con l'elezione di Obama, il momento di massima diffusione della 
forza di internet rispetto a quello dei media classici. Vuol dire che si 
possono trovare strategie per aumentare maggiormente l'impatto dei social 
networks, i quali hanno un'influenza sul potere politico, potere che 
possiamo piuttosto chiamare ecologico. La politica dovrebbe infatti essere 
ecologica. Un'altra questione è l'impatto sulla vita delle persone di una 
legge del genere che reprime la libertà di espressione. Speriamo infatti di 
non dover assistere in Italia ad una competizione tra l'organizzazione di 
una rete che si difende e l'organizzazione di un governo che l'attacca. I 
contributi dell'intelligenza italiana sono chiaramente e fortemente 
minacciati se si crea una situazione del genere, non si deve bloccare 
l'emancipazione della mente italiana .

Marco Mancuso: Sulla base delle ultime disposizioni governative anti-blog, 
come per esempio il decreto Alfano del Luglio scorso, quali sono, secondo 
te, i rischi attuali e quelli potenziali che corre Internet, a livello di 
libertà di pensiero ma anche di libera circolazione e condivisione di file, 
idee e materiali, di movimenti di protesta e aggregazione e di processi 
autonomi di creazione di nuove professioni ed economie, di difesa della 
propria privacy e dei propri dati sensibili? In altri termini, per quanto la 
Rete rimarrà ancora territorio libero per come l'abbiamo conosciuta negli 
ultimi dieci anni e quanto potrebbe essere pericoloso illudersi che rimarrà 
sempre un territorio di confine nella società contemporanea?

Alessandro Gilioli: In Italia il pericolo per la Rete viene da un combinato 
disposto di insofferenza, paura e ignoranza dei politici, specie quelli del 
Pdl e dell'Udc. Insofferenza: Berlusconi non sopporta in generale i media 
ostili, invita a togliergli la pubblicità, sogna un'Italia di comunicatori 
alla Minzolini. Paura: i politici non conoscono la Rete ma ne intuiscono la 
minor controllabilità rispetto ai mainstream media, vale a dire che se esce 
un pezzo in Rete che li sputtana non hanno alcun editore a cui telefonare il 
giorno dopo per chiedere articoli "risarcitori", non hanno alcun cronista di 
Palazzo da prendere a braccetto lungo il Transatlantico di Montecitorio, non 
hanno alcun potere ricattatorio come hanno da sempre nei confronti degli 
editori veri e propri. Ignoranza: la maggior parte dei politici non sa che 
cos'è la comunicazione orizzontale l'immissione dei contenuti nei blog o nei 
social network, e tende ad applicare meccanicamente alla Rete le norme 
pensate 60 anni fa per i giornali di carta. A fronte di tutto questo, il 
modo in cui la Rete italiana vivrà nei prossimi anni dipende però molto da 
noi, cioè da chi la vuole libera e plurale: da come sapremo muoverci e 
incidere sul Palazzo, rinunciando a posizioni di isolamento snobistico e 
confrontandoci con la realtà là fuori. Ma anche evitando vanità e ambizioni 
personali, lavorando davvero ciascuno al servizio di tutti.

Derrick de Kerckhove: Il problema risiede nel fatto che il disegno di legge 
italiano non costituisca l'eccezione ma la norma. Adesso la tendenza verso 
la norma è visibile, prevedibile in tanti dettagli, in Cina, in Francia, in 
Italia, in Iran. La prossima legge richiederà la creazione di un 
Dipartimento della Difesa Interna (tipo fortezza da Basso in Firenze, 
costruita dai Medici, non per difendere la città ma per difendersi dalla 
città. Il pericolo non esiste solo per l'Italia, il pericolo è che tutti i 
governi conservatori possano in qualsiasi momento mutuare l'esempio 
italiano. In questo momento traspare chiaramente come i governi siano 
tentati, e uno sta andando oltre la tentazione, quello italiano, di 
controllare in modo assoluto la gente. Decisamente un nuovo e innovativo 
modo di controllare il popolo. E' anche interessante vedere fino a che punto 
l'immagine dell'Italia, che non è delle migliori adesso con il governo 
Berlusconi, continuerà a peggiorare agli occhi del mondo intero con questa 
nuova norma. Questo non è un esempio positivo per un Paese la cui 
ispirazione tende a raggiungere un'apertura simile a quella americana. 
All'americana vuol dire un'apertura molto sorvegliata, ma con un senso di 
spazio libero, un senso anche questo ecologico. Dà la possibiltà a una 
popolazione di vivere con respiro e penso che in Italia avere nel mondo di 
internet una reputazione simile a quella cinese non sia molto qualificante. 
Però l'altro versante che mi fa paura è la tendenza dei governi di destra a 
ricercare una sorta di assoluto controllo sulle persone da attuarsi in 
molteplici modi. Se "l'esperimento" italiano (che mi auguro non si realizzi) 
diventasse un modello per altri governi nel resto del mondo, se ciò dovesse 
davvero concretizzarsi, saremmo persi.

Marco Mancuso: Un post interessante su Diritto alla rete riguarda un 
commento dell'avvocato Guido Scorza, esperto di informatica giuridica, che 
parla del rischio che corrono anche i canali come You Tube. Alla luce della 
domanda precedente, non pensi che si renda sempre più necessario un 
confronto aperto e possibilmente diffuso proprio con coloro che possono 
illustrare, chiarire ed eventualmente aiutare a livello legale tutti coloro 
che lavorano, si esprimono e comunicano in Rete e tramite i Social Networks? 
Non pensi che in questo senso, una piattaforma come Diritto alla rete debba 
confrontarsi a fondo, chiarire quanto più possibile ed eventualmente aiutare 
a creare una casistica legale che possa costituire un punto di confronto per 
tutti coloro che dovessero trovarsi seriamente nei guai in futuro?

Alessandro Gilioli: Scorza sta facendo un ottimo lavoro, sia in termini di 
informazione giuridica sia per quanto riguarda il progetto di 
alfabetizzazione dei politici. Diritto alla rete è però solo una delle tante 
piattaforme da cui ci si può muovere. Mi sembra utile che il dibattito e le 
eventuali iniziative "politiche" siano il più liquide e plurali possibile, e 
anche off line. Non cadiamo nell'errore di considerare la Rete un problema 
che riguarda i blogger. E' una questione che ci riguarda tutti come 
cittadini, come democrazia aperta.

Derrick de Kerckhove: La domanda è molto interessante! Sono assolutamente 
d'accordo con la richiesta di creare forme di informazione, confronto ed 
assistenza per tutti coloro che dovessero trovarsi in difficoltà riguardo al 
problema delle forme di controllo. A Piazza Navona le persone presenti alla 
manifestazione erano meno di quelle che hanno aderito in rete, questo 
probabilmente dipende dal modo in cui è stata divulgata l'azione di sciopero 
e un pò anche l'estraneità, la novità della cosa... spero che possano 
aumentare maggiormente il numero degli italiani capaci di esprimere il loro 
disaccordo/dissenso a queste leggi perchè è un loro diritto oltre che 
dovere, insomma più partecipazione e creare/montare un caso di interesse 
legale ... trovare il modo di proteggere questo "diritto alla rete" con 
leggi internazionali.

Ad esempio, in una parte del decreto Alfano si palesa una probabile 
illegittimità costituzionale in relazione all'art.21, cosa aspettiamo a 
denunziarlo con forza ? Sarebbe perciò opportuno uno studio giuridico 
approfondito, per garantire questo "diritto alla rete", e "costruire", 
attraverso un comitato scientifico composto da giuristi italiani, un robusto 
supporto legale, con grande visibilità in rete, che evidenzi i contrasti tra 
il ddl Alfano e la Costituzione .

Marco Mancuso: Social networks e identità virtuale/reale. Come si confronta 
il progetto Diritto alla rete con l'universo dei Social Networks, come 
vengono o verranno sfruttate dinamiche di integrazione con piattaforme come 
Delicious, Twitter e Facebook principalmente (non parlo di integrare video 
da YouTube, Vimeo o Digg, quello è ormai all'ordine del giorno), e 
soprattutto come verrà gestito il mai risolto dilemma di dare un volto, un 
corpo, una fisicità d'azione a quell'identità virtuale che esiste dietro 
ogni account che aderisce alla sua iniziativa? Su quali dinamiche bisogna 
fare leva? Te lo chiedo, perchè tu hai avuto il coraggio di confrontarti con 
questo tema, nel momento in cui hai chiesto una partecipazione fisica alle 
persone in Piazza Navona lo scorso 15 Luglio a corredo dell'iniziativa dello 
"sciopero dei blog".

Alessandro Gilioli: Appunto. Far uscire la questione della Rete in Italia 
dal circolo ristretto dei blogger e dei net-fans è fondamentale. Bisogna 
lavorare ogni giorno - ciascuno con i propri mezzi - per farne una battaglia 
civile di tutti. E anche una battaglia economica: l'innovazione 
dell'Italia - assai lenta e scarsa rispetto agli altri paesi, non solo 
europei - non passa solo attraverso l'allargamento della banda, ma anche 
attraverso l'allargamento della coscienza collettiva. Non esiste più (se mai 
è esistita) una realtà virtuale contrapposta e distinta dalla realtà fisica: 
il virtuale è una parte del reale - e pure una parte importante. L'incontro 
"fisico" in piazza Navona aveva questo valore simbolico. In questo, credo 
che chi agisce in Rete da molti anni deve fare un passo in avanti, evitare 
di sentirsi snobisticamente parte "di un mondo diverso e più avanzato", 
confrontarsi e sporcarsi le mani con temi come l'alfabetizzazione e la 
divulgazione.

Derrick de Kerckhove:...e must persuade the mainstream media in Italy to 
join in.

Marco Mancuso: Tu sei un affermato giornalista di un grande gruppo 
editoriale, ma al contempo sei anche uno dei blogger più conosciuti e 
affermati della rete italiana. In più di un'occasione non hai esitato a 
prendere posizioni quasi attiviste e hai prestato il tuo blog Piovono rane 
alla difesa di cause come, ricordo, quella dello sgombero del Centro Sociale 
Cox18 e dell'Archivio Calusca. Come concili il tuo ruolo di giornalista per 
il gruppo editoriale "L'espresso" con il tuo ruolo di blogger in Rete: in 
altri termini, quanto la Rete (in quanto mass media ritenuto ancora di minor 
impatto rispetto ai giornali e alla televisione) consente ancora un margine 
di libera azione attivista ai giornalisti professionisti come te, e quanto 
sarà sempre invece più un equilibrio tra la volontà del singolo 
professionista e la ontologia dell'organo di stampa. E quanto, altresì, si 
correrà il rischio che possano iniziare a proliferare blog che esprimono 
precise opinioni e assumono determinate posizioni allo scopo di raccogliere 
utenti (e quindi lettori, nonchè potenziali elettori) da aree sociali più 
estreme (destra o sinistra che sia)?

Alessandro Gilioli: Personalmente ho la fortuna di lavorare in un giornale 
che ha una lunga tradizione di battaglie civili e quindi ho la possibilità 
di "usare" abbastanza liberamente il blog per quello che tu chiami 
"attivismo". Il blog consente un margine di autonomia e indipendenza che - 
se gestito con responsabilità e consapevolezza - è anche superiore di quello 
del giornale cartaceo (che è pur sempre un prodotto collettivo). 
L'equilibrio tra attivismo personale e posizione del giornale ha però 
moltissime variabili e va misurato con intelligenza ogni giorno. E' ovvio 
che nel mio blog - che fa parte del sito de "L'espresso" - io abbia 
responsabilità e vincoli maggiori rispetto a un ipotetico blog personale 
fuori dal sito del giornale. Ma il gioco vale la candela, perchè facendo 
parte de "L'espresso" ha anche un'audience e dei feed-back maggiori, il che 
rende un filo più facile difendere quelle cause di cui tu parli, 
eventualmente fino all'attivismo. In altre parole, si tratta di muoversi al 
meglio - per i risultati che si vogliono ottenere - nel "balance" tra 
posizione del giornale e libertà personale. Del resto, qui per fortuna vale 
un po' la buffa ma aurea regola che la Bbc ha dato come unica policy ai suoi 
giornalisti-blogger: fate un po' come vi pare, ma usate il buon senso e la 
zucca. Il che, come margine di libertà, non è male. Quanto al proliferare di 
blog che prendono posizioni estreme o super assertive "al solo scopo di 
attirare utenti", non ci vedo niente di male nè di "rischioso": ognuno 
faccia il blog che crede, con gli scopi che vuole, poi saranno gli utenti - 
i lettori - ad attribuire credibilità e autorevolezza all'uno o all'altro.

Derrick de Kerckhove: Una sana relazione tra la stampa ed i network è 
essenziale per il benessere e l´apertura della società. Ogni governo 
esperisce la tentazione di controllare i media, ogni quotidiano, a volte, 
sperimenta la pericolosità di pubblicare notizie "rischiose". La condizione 
di libertà, non solo di espressione ma anche di movimento, è fondata 
principalmente su una relazione serena ed aperta tra governo, media 
tradizionali e network. Il network non è qualcosa di clandestino, ma 
piuttosto una solida base. Le persone devono poter essere in grado di 
esprimere le loro opinioni e desideri e, quando riguardano il benessere 
della società come nel caso dell´Iran, vederli riflessi nei media. 
Dall´altra parte, la presenza di giornalisti tradizionali, credibili anche 
nel mondo dei network, è parte dell´immagine pubblica dei grandi gruppi 
editoriali. In Canada, vige il principio della "giusta distanza" 
(letteralmente "lunghezza di braccia") tra il governo e i media, il che vale 
a dire che questi, seppur inevitabilmente correlati, riescono tuttavia a 
mantenere la loro reciproca indipendenza. Un giornalista con un blog 
stabilisce una relazione tra il mondo dell´opinione individuale e 
l´informazione come riportata dal mondo del consenso dei media. Chiaramente 
ciò richiede qualcuno in grado di condurre un blog di qualità. Un accordo 
sulla "giusta distanza" tra governo e stampa su quanto oggetto di pubblica 
informazione è quindi necessario. Con questo intendo che un quotidiano di 
rispetto non dovrebbe mai trattenersi dall´informare la pubblica opinione 
per timore che il governo ritiri il suo supporto. Ed un giornalista di 
rispetto come Alessandro Gilioli non dovrebbe mai temere le conseguenze che 
potrebbero derivare dalla sua opera di onesta informazione, sia sul suo blog 
che sul giornale. Internamente, la redazione potrebbe non essere sempre 
pronta ad affrontare i rischi. Tuttavia, in numerosi quotidiani di fama 
internazionale come "Le Monde" in Franca, il "New York Times" negli Stati 
Uniti e "La Repubblica" in Italia, vi è abbastanza onestà e standard 
professionali per tollerare un atteggiamento critico al loro interno. 
L´associazione crea un senso maggiore di fiducia tra i lettori dei giornali 
. Quindi dovrebbe esserci supporto reciproco fra network, giornalisti 
nazionali e media tradizionali. Molto prima che nascessero i blog, la 
collaborazione era iniziata decine di anni or sono, con il "Daily Telegraph" 
dell´Inghilterra che stava prendendo piede, ricercando le opinioni della 
gente online e offrendo particolari servizi. I media iniziarono a 
comportarsi come acceleratori sociali di notizie nazionali. Alcuni gruppi di 
artisti - o meglio Artivisti - come "AHA" di Tatiana Bazzichelli o "Neural" 
di Alessandro Ludovico hanno aperto la strada. L´idea è sempre stata quella 
di aiutare i media principali, non certo di far loro la guerra. La 
conseguenza dovrebbe essere che i media principali riconoscono il valore 
aggiunto dei servizi offerti da haktivisti e artivisti responsabili e 
coscienziosi, offerti cioè da un giornalismo di cittadini testimoni. Se 
vogliamo ancora parlare di democrazia nei prossimi anni critici, i network e 
i media devono collaborare per consigliare i governi e dissuaderli dal 
compiere qualsivoglia irrazionale e pericolosa azione atta a boicottare la 
libera pubblica espressione. D´altra parte i governi non sono aziende 
private a scopo di lucro, ma appartengono alla gente che li ha votati; 
l´elettorato dovrebbe essere in grado di aspettarsi i servizi per cui ha 
pagato.

Marco Mancuso: Faccio anche a te una domanda che ho fatto il mese scorso 
agli autori del graphic novel Persepolis 2.0, progetto artistico di 
re-editing del graphic novel Persepolis che traccia un parallelo artistico e 
narrativo tra la Rivoluzione Iraniana del 1979 e i moti di protesta del 
2009. La mia riflessione, e anche quella degli autori, è che nel momento in 
cui la protesta dei giovani in Iran delle scorse settimane è stata repressa 
nella violenza, e causa la concomitante chiusura dei cancelli della Rete con 
conseguente caccia al blogger per tutti coloro che dall'Iran si erano resi 
"colpevoli" di aver comunicato con il resto del mondo denunciando le 
violenze in corso, i grandi media di massa (anche e soprattutto online) non 
abbiano più coperto e dato risalto alla situazione, abbandonando di fatto il 
popolo Iraniano al suo destino. In altri termini, è sempre più evidente che 
la Rete (in quanto ormai mass media) ha una potenzialità enorme nel 
mantenere accesi i riflettori su determinate situazioni politiche nel mondo 
e di conseguenza ha una responsabilità crescente (sia morale, sia 
professionale) nei confronti delle sue potenzialità e delle sue eventuali 
mancanze. Quando anche la Rete, le controculture in Internet, le iniziative 
attente alle libertà di espressione online, i siti come Repubblica o 
l'Espresso, i blog stessi, non sfruttano a pieno le loro potenzialità (o per 
lo meno lo fanno per lassi di tempo troppo brevi e troppo spesso legati a 
dinamiche giornalistiche di attenzione solo verso le notizie "più calde"), 
ci si domanda quanto anche noi che lavoriamo diffondendo notizie e cultura 
in Rete, siamo responsabili di alcune mancanze e ipocrisie. Tu come la pensi 
a riguardo? Non pensi che a volte la Rete stessa ricada in dinamiche 
professionali troppo simili a quelle dei comuni mass media, perdendo quindi 
piano piano per strada parte della sua forza rivoluzionaria e della sua, 
magari ingenua, dinamica propulsiva?

Alessandro Gilioli: La perfezione non è di nessuno e di niente, nemmeno 
della Rete. Ma sul Web ci sono le "code lunghe" e retrieval, e i siti di 
nicchia che non "mollano" un tema come la Birmania o l'Iran solo perchè 
l'attualità è cambiata. Quindi va molto meglio di vent'anni fa, quando 
c'erano solo i giornali di carta e per consultare gli arretrati dovevi 
andare alla biblioteca comunale, o per sapere come andavano le cose in un 
Paese lontano ignorato dai giornali dovevi sbatterti per associazioni in 
giro per la città. Io ad esempio, per motivi d'interesse personale seguo 
abbastanza la Birmania, ma non posso fare un post al giorno sulla Birmania 
sennò dopo tre mesi ho decimato i lettori: il che non sarebbe utile alla 
diffusione di altri temi importanti. Allo stesso tempo, però, quando trovo 
qualcosa di nuovo o di forte sulla Birmania lo piazzo dentro volentieri. 
Ancora una volta, per un sito o un blog giornalistico-generalistico è una 
questione di equilibrio e di buon senso. Altro discorso per i blog o i siti 
di nicchia, naturalmente, che restano come banche dati on line perpetuamente 
aggiornabili e consultabili. Insomma, non mi farei troppe paranoie sulla 
"logica giornalistica" dell'attivismo on line come dinamica per forza 
negativa: l'importante è che ci sia una pluralità il più ampia possibile di 
voci e temi, di battaglie e di approfondimenti.

Derrick de Kerckhove: Non lo credo, perchè penso che il problema sia altrove 
e molto più pericoloso, quale quello citato della repressione dei blog in 
Iran. L'accessibilità di chiunque sulla rete crea condizioni di controllo 
assoluto. Sarà grande la tentazione in alcuni stati, come l'Italia (e forse 
anche gli Stati Uniti nel prossimo "regno" repubblicano), di sperimentare 
una sorta di "fascismo elettronico".

Marco Mancuso: Vorrei concludere questa intervista provando a riflettere 
insieme su un punto che considero importante: l'esistenza stessa di questa 
intervista! A prescindere dalle ovvie e giuste dinamiche del professionista 
più giovane che intervista quello più esperto, del sito di controcultura 
come Digicult che si interessa all'attività di un giornalista di una grande 
testata nazionale e di un grande gruppo editoriale, mi chiedo se questa 
stessa intervista non evidenzi un potenziale segnale di debolezza del 
progetto Diritto alla Rete. In altri termini, non credi che ci sia il 
rischio che queste iniziative siano comunque sempre percepite come 
iniziative verticali, dirette da un elite intellettuale che nonostante tutto 
non parla lo stesso idioma delle nuove classe professionali e intellettuali 
che si sono create in Italia negli ultimi dieci anni, che rimangano 
nonostante tutto troppo distanti dalla gente comune, dai giovani che fanno 
politica in rete, dalle controculture attiviste soprattutto che la animano? 
Sono sicurissimo che, per fortuna direi, l'iniziativa abbia avuto successo e 
moltissime ho visto sono le adesioni alla piattaforma Diritto alla Rete, ma 
al contempo, leggendo quà e là alcuni post, rimango sempre colpito da alcuni 
messaggi come: "Hanno aderito all'iniziativa blogger di ogni area politica 
(ma anche non politici) ed esponenti di diversi partiti e associazioni. Tra 
gli altri: Ignazio Marino, Vincenzo Vita, Mario Adinolfi e Francesco 
Verducci (Pd); Antonio Di Pietro (Idv): Pietro Folena (Partito della 
Sinistra Europea); Amici di Beppe Grillo di Roma, Calabria e Taranto; 
Articolo 21; Sinistra e Libertà; Per il Bene Comune; Partito Liberale 
Italiano (PLI). Hanno aderito a titolo personale anche Giuseppe Civati, 
Sergio Ferrentino, Massimo Mantellini, Alessandro Robecchi, Claudio Sabelli 
Fioretti, Ivan Scalfarotto, Luca Sofri, Marco Travaglio e Vittorio 
Zambardino. Anche alcuni parlamentari della maggioranza (come Antonio 
Palmieri e Bruno Murgia), seppur non verranno in piazza, hanno espresso la 
loro contrarietà alla norma imbavaglia-Rete presente nel ddl 
Alfano".......in altri termini, non viene evidenziata la penetrazione in 
ambienti "estranei" alla politica tradizionale e alla società libertaria 
intellettuale dominante, quanto l'adesione di classi e gruppi e soggetti che 
si pensa possano rappresentare una "guida" ma che forse da molti soggetti in 
Rete o che fanno politica tramite le nuove tecnologie, non vengono più 
percepiti come delle vere "alternative" da un punto di vista politico. Cosa 
pensi a riguardo?

Alessandro Gilioli: Non vorrei ripetermi, ma è ancora una questione di 
equilibrio, di balance. Se l'adesione a una battaglia di persone per diversi 
motivi stimate e considerate autorevoli è utile agli esiti della battaglia 
stessa, queste vanno comunicate e valorizzate. Se avessi scritto: "Hanno 
aderito anche il mio ortolano Gino, il mio portinaio Guido, la mia colf Luz 
e il vigile di quartiere Erminio", sarei stato molto orizzontale e 
democratico, ma pure un po' cretino. L'importante è che poi, al momento in 
cui l'iniziativa si realizza, ci si mescoli tutti nello stesso modo, senza 
più verticalità nè leaderismi (anche per questo in piazza Navona ho evitato 
accuratamente di salire sul palco e parlare, lasciando che i discorsi 
fossero fatti da un esperto giuridico come Scorza e da un esperto della Rete 
come De Keckhove). Se allo sciopero dei blog non avessero aderito centinaia 
e centinaia di blog "sconosciuti", sarebbe stato un fallimento. Ma in quel 
momento di preparazione le adesioni di personaggi "autorevoli" servivano 
anche a coinvolgere i blog "sconosciuti". In altre parole, cerchiamo di 
evitare ideologismi e di essere pragmatici: è giusto che non ci siano 
leaderismi e interessi personali, ma è altrettanto giusto che eventuali 
personaggi autorevoli si "spendano" se questo può essere utile alla buona 
riuscita di un'iniziativa. Fra le due cose, appunto, bisogna faticosamente 
cercare ogni volta di raggiungere un buon punto di equilibrio.

Derrick de Kerckhove: Non conosco abbastanza la politica italiana per 
rispondere a questa domanda, però dirò che qualunque sia la quantità - anche 
omeopatica - della rappresentazione critica del potere l'effetto è 
credibile, benchè non tocchi la massa. Vuol dire che sulla rete circolano 
persone capaci di avere una posizione credibile e autorevole, nel senso che 
i Social Networks sono un mondo di connessione pertinente: persona a 
persona, gruppi con gruppi diventano un fatto...come un comunicato... Si è 
verificato anche in altre situazioni storiche. Pensa alla voce di una 
persona che vivendo fuori dal suo paese condiziona un networks sempre 
crescente di persone nel resto del mondo.
E' una cosa interessante, vuol dire che è perfettamente possibile trovare 
sempre un riferimento su internet che arriva alla velocità della luce alla 
persona giusta. Io penso che questo sia il grande potere di internet, di una 
piccola dose di informazione che diviene quella che conta, che circola alla 
velocità della luce e che consente alle persone di "fare le cose" . Come 
dice Mc Luhan:"la velocità della luce è la massima funzione della velocità 
non della quantità della informazione, è la velocita di accesso che fa la 
massa, è una massa del tempo reale, una massa che si compone e scompone. 
L'informazione funziona cosi, è un modo molto diverso dalla strategia 
tradizionale dei cosiddetti mass-media". Detto questo, continuo a sostenere 
che per un'azione efficace di persuasione del governo è preferibile l'unione 
di tutta la stampa ufficiale, accettando di prendere posizione su questo 
argomento ...e penso che un'unione della stampa sarebbe essenziale nel 
futuro delle decisioni politiche. Questo a mio parere dovrà essere l'effetto 
si altre iniziative di "diritto alla rete". Gli stimoli e le sollecitazioni 
vengono da internet, dai social networks, dai blogs, ed escono nella realtà, 
dentro i media, i mainstream, perche internet è underground.


http://dirittoallarete.ning.com/
http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/
http://www.cittadinolex.kataweb.it/article_view.jsp?idArt=88618&idCat=120 



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