[aha] Pirati in Parlamento: il grande sogno?! - Intervista a Magnus Eriksson del Piratbyrån da Hackmeeting 2009
Redazione Digicult
redazione at digicult.it
Fri Jul 10 10:32:15 CEST 2009
cavolo Loredana, sì alcune di queste cose le sapevo altre no francamente e
aggiungerei per fortuna, sono contento di apprenderle e penso siano di
interesse generale...direi che sarebbe d'uopo se aggiungessi un articolo
riassumendo tutto ciò che sai nel prossimo Digimag
sempre che ti vada
mk
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From: "Loredana Morandi" <loredana.morandi at tiscali.it>
To: "List on artistic activism and net culture" <aha at lists.ecn.org>
Sent: Friday, July 10, 2009 9:49 AM
Subject: Re: [aha]Pirati in Parlamento: il grande sogno?! - Intervista a
Magnus Eriksson del Piratbyrån da Hackmeeting 2009
Si, il tuo è un buon articolo, non era mia intenzione non riconoscertelo.
Assolutamente. Anzi.
C'è di fatto che a me è nota anche l'azione di monopolio portata avanti da
Pirate Bay in Italia, e da questa posso intuire anche ciò che è stato fatto
e/o comprato all'estero.
Drunken Donkey, la più grande board edonkey italiana, oggi è allocata
proprio sui server di Pirate Bay. Lo è dal 27 giugno scorso.
La titolarità della board, gestita da italiani, è anche di Pirate Bay nella
persona del loro webmaster.
Perdonatemi un termine forte: questi stronzi si venderanno tutto il file
sharing europeo, divenendo ricchi e grassi, mentre l'utenza attiva e/o
quella scaricona si ritroverà ad essere utente di servizi a pagamento.
Per queste cose divento estremista: i 3 di Pirate Bay dovevano morire almeno
2 volte prima di oggi. Ovvero: quando hanno collocato la più grande board
del Boy Love Day sui loro server e quando sono stati sequestrati in Italia e
contestualmente indagati per lo sharing di materiale pedopornografico
necrofilo in Svezia.
Tutti accusiamo Berlusconi, ma questi qui hanno avuto il coraggio di
mantenersi con fondi dichiaratamente nazifascisti e pedofili.
E il rampantismo economico si vede.
Accantonando completamente la delusione: che cosa ne sarà di centinaia di
migliaia di utenti e dei loro Log in tutta Europa?
Non penso sia il caso di affidare a gente simile una trattativa, che sia
concernente temi come lo sviluppo sostenibile, l'open source, le povertà dei
centri sociali o dei migranti che vedono alla tv il filmino scaricato col
muletto e simili.
Questi sono una organizzazione di spietati affaristi.
Ed in Italia, gli avvocati della associazione Partito Pirata hanno già di
persona le mani in pasta con reati di peculato d'uso ai danni dello Stato
Italiano e con il lurido del porno e del pedoporno. Come e peggio di Papi,
si vedano gli indagati tutti di sinistra per le Escort e la Sanità pugliese.
Così, quello che era ritenuto alla stregua di un Anti Mercato, ha disvelato
la sua naturale vocazione ad essere Mercato a tutti gli effetti.
Lory
----- Original Message -----
From: "Redazione Digicult" <redazione at digicult.it>
To: "List on artistic activism and net culture" <aha at lists.ecn.org>
Sent: Wednesday, July 08, 2009 10:48 PM
Subject: Re: [aha]Pirati in Parlamento: il grande sogno?! - Intervista a
Magnus Eriksson del Piratbyrån da Hackmeeting 2009
mah, guarda Loredana, ho avuto modo di discuterne molto negli ultimi
giorni...sicuramente la disillusione generale è palbabile
personalmente ho sensazioni abbastanza contrastanti e penso che nella intro
all'intervista questo si colga, spinto da un lato da una ovvia indignazione,
dall'altra dal tentativo di rimanere oggettivo sia nella descrizione degli
eventi sia nell'intervista stessa, per cercare più che altro di capire se e
dove il progetto Pirate Bay fosse stato pensato così sin dall'inizio, la
qual cosa aprirebbe scenari sicuramente meritevoli di profonda riflessione
penso che indignarsi sia giusto, ma comprendere a fondo e metabolizzare la
cosa come stiamo facendo, lo sia forse ancora di più
le dinamiche di peer to peer e condivisione non muoiono certo con questo
episodio, persone molto più esperte di me in questo senso mi hanno disegnato
quadri multipli interessantissimi, certo sono convinto che questo episodio
segnerà un capitolo importante nel sempre più veloce processo di perdità di
verginità della Rete
...però, come rifletteva giustamente Tatiana qualche post fa e come anche
Magnus afferma in una delle sue ultime risposte, magari siamo noi Italiani a
essere troppo idealisti, quasi naif, e a vedere politica ed economia da un
lato e hacking dell'altro come cose rigorosamente separate..
ma io personalmente, preferisco comunque il nostro modo di pensare
mk
----- Original Message -----
From: "Loredana Morandi" <loredana.morandi at tiscali.it>
To: "List on artistic activism and net culture" <aha at lists.ecn.org>
Sent: Wednesday, July 08, 2009 8:41 PM
Subject: Re: [aha]Pirati in Parlamento: il grande sogno?! - Intervista a
Magnus Eriksson del Piratbyrån da Hackmeeting 2009
Piu che altro mi sembra un triste risveglio. Infatti sembra che si stiano
già raccogliendo accendini e taniche di benzina per questo nuovo
europarlamentare.
Il terzetto della filibusta ha venduto ad una società per azioni la Baia,
con tutti i contenuti e tutti i log degli utenti. Un po' peggio che la fine
di tutto, perché c'è anche il tradimento.
7.8 milioni di dollari non sono assolutamente noccioline e, anche dopo la
vendita dei sorgenti di Bittorrent, l'unico mezzo ancora vivente per il p2p
sono le reti edonkey.
Da notare la raffinatezza nel dare notizia della vendita subito dopo
l'elezione del novello vampiro di fresco denaro pubblico all'europarlamento.
Se della vendita avessero parlato prima, gioco 1 euro che il Partito Pirata
non avrebbe preso neppure lo 0,0000001% ovunque nel mondo.
Ora l'intero mondo del p2p attende di udire il primo che guaisce per la
scudisciata delle Major, che ora hanno in pugno quei log di collegamento.
L.
----- Original Message -----
From: "Redazione Digicult" <redazione at digicult.it>
To: "List on artistic activism and net culture" <aha at lists.ecn.org>
Sent: Wednesday, July 08, 2009 5:29 PM
Subject: [aha] Pirati in Parlamento: il grande sogno?! - Intervista a Magnus
Eriksson del Piratbyrån da Hackmeeting 2009
Digicult presents:
PIRATI IN PARLAMENTO: IL GRANDE SOGNO?!
Txt: Marco Mancuso & Marco Riciputi
Digimag 46 - Luglio/Agosto 2009
http://www.digicult.it/digimag/article.asp?id=1508
English version online soon...
"In soli 42 mesi abbiamo assistito una crescita esponenziale del consenso
verso i nostri temi in tutto il mondo". E' euforico Andrew Norton, alla
guida del Pirate Party International, il ramo politico del progetto The
Pirate Bay, noto a livello internazionale per essere una delle sedi online
più spavalde per il Peer to Peer e lo sbambio (illegale) di file, fresco del
successo alle elezioni europee che hanno portato un loro rappresentante
dritto dritto dalle maglie della Rete sino alle poltrone di Brussels.
E come dargli torto! Il partito dei pirati si è presentato infatti in Svezia
e Germania ottenendo uno strabiliante 7,1% nel paese scandinavo che lo
colloca tra i partiti di maggior consenso nella fascia degli under 30. Solo
lo 0,9% in terra tedesca, buono comunque per acquisire visibilità
internazionale e l'accesso ai fondi elettorali, che rappresenta, a detta dei
pirati, la rampa di lancio per far meglio in futuro. "Abbiamo scritto una
pagina di storia politica" è il grido che è stato ripetuto nelle scorse
settimane.
Il pirata che siederà nell'Europarlamento è Christian Engström, classe 1960,
programmatore di computer e già attivista politico impegnato in campagne per
la creazione di un libero mercato per la circolazione delle tecnologie
dell'informazione
con la Foundation for a Free Information Infrastructure. Anche se, uno dei
primi aspetti che è stato messo in evidenza da alcuni giornalisti e analisti
di settore, è che lo stesso Christian Engström del Pirate Party, così come i
suoi compagni di ventura Rick Falkvinge, Gottfrid Svartholm Warg, Peter
Bunde e Carl Lundström siano più o meno apertamente schierati verso un
orientamento di centro-destra, con idee in qualche modo legate a un tipo di
politica e di economia neo-liberale.
Ora, senza apparire eccessivamente ingenui o ipocriti, ci sembra abbastanza
chiaro come la maggior parte di noi fosse orientata a immaginare tutto
l'universo
dei pirati come una roccaforte anarcoide della Rete, paladina di alcuni
diritti fondamentali delle comunità hacker (e non solo) come il free
software, l'open source e per l'appunto il peer to peer, per il libero
scambio di file e di idee. Notevole, nelle ultime settimane, è stata la
sopresa nel trovarsi invece davanti a una vera e propria creatura a tre
teste, disegnata nei suoi contorni dalla grande vittoria elettorale e dalla
tipica retorica politica del Party Party, dalla facciata sostanzialmente
apolitica dell'intero movimento Pirate Bay nel suo complesso (che si è
dhichiarato più volte in sintonia con una possibile "terza opzione" che vada
oltre la divisione tradizionale divisione tra sinistra e destra) ed infine
dalle analisi sociali ed economiche portate avanti dal Piratebyran di cui
Magnus Eriksson, invitato all'ultimo hackmeeting di Milano e oggetto di
questa intervista, è rappresentante.
E soprattutto, enorme è stata l'indignazione in Rete nei confronti di quello
che è successo non più di due giorni fa: il sito di The Pirate Bay venduto,
per una cifra molto vicina agli 8 milioni di dollari, a una software house
svedese, la Gaming Factory X, la quale si ripromette di lanciare un nuovo
modello di business che possa compensare le perdite dei content providers e
dei proprietari dei copyright, e gratificare i proprietari stessi di quella
piattaforma aggregatrice basata sullo scambio di contenuti sotto copyright
che fino all'altro ieri conteggiava circa 14 milioni di accessi unici
giornalieri!!! Prorpietari che vedranno quindi una parte dei soldi
direttamente in contanti (con i quali coprire la multa derivante dal
processo, che però è di "soli" 4 milioni di dollari, ed evitare così di
scontare l'anno di galera previsto) e un'altra parte in azioni della GFF.
Apriti Cielo! Da un lato i proprietari (perché pensiamo sia meglio a questo
punto usare questo termine) della Baia, si affannano a rassicurare i propri
utenti che i soldi guadagnati verrano utilizzati per costituite una
fondazione che aiuti i progetti che si basano sulla libertà di circolazione
di informazioni e sull'apertura dei nodi e delle reti, dall'altro gli
attivisti che a livello internazionale lanciano i loro strali all'indirizzo
dei loro ex-paladini. E dire che l'esperienza della baia dei pirati, nei
mesi scorsi, era sembrata a tutti una bellissima favola: il successo del
portale come luogo neutrale ormai conosciutissimo per lo scambio libero di
file, la battaglia legale combattuta nel nome del peer to peer (e di altri
slogan di inizio millennio come "we didn't make any money and rejected
entertainment industry accusations it makes a large profit") contro le
multinazionali della musica e del cinema nonché contro un giudice che sedeva
nel board di amministrazione di una di esse, il monitoraggio giornaliero di
fronte al Tribunale di Stoccolma per mezzo di un mobile media center, fino
ad arrivare al successo inaspettato alle ultime elezioni Europee. Poco
importava se, scavando un po' tra le maglie della Rete, si poteva venire a
sapere della controversia legale indetta da The Pirate Bay sull'utilizzo del
logo della Baia da parte di due giovani ricercatori, Anders Rydell e Sam
Sundberg, nel loro libro scritto proprio sull'esperienza del movimento
pirata in Svezia.
Quali sono quindi gli obbiettivi (o per alcuni, le mire) del progetto The
Pirate Bay? Difficle, veramente difficle dirlo a questo punto. Facile anche
sbilanciarsi nella direzione sbagliata, dopo gli altrettanto facili
entusiasmi seguiti al periodo post-elettorale.
A detta di Engström se i politici intendono impedire ai normali cittadini di
condividere i file, l'unica soluzione è espandere la capacità di controllo
sulla società dei governi. Per questo nelle dichiarazioni ufficiali
affermano di voler agire con incisività sulle norme che regolano il
copyright e la privacy. E per farlo meglio vogliono essere a Brussels, da
dove è prodotta la legislazione in materia, che poi a cascata si ripercuote
sui paesi membri dell'Unione Europea. Sicuramente il Partito dei Pirati
potrà ora accedere a fonti di finanziamento importanti per una struttura che
fino a ieri (forse) si basava solo sulle donazioni e sul lavoro volontario
(oltre ai fondi, le forze dei pirati annoverano sempre nuove reclute e
diverse anime piratesche nazionali che contano oggi ben 32 raggruppamenti
sparsi per l'Europa e il mondo, cui si aggiunge la Ung Pirat, l'associazione
giovanile dei pirati svedesi, che con più di 20.000 iscritti e oggi il più
diffuso movimento politico di ragazzi del paese scandinavo); di certo, al
momento, la storia della Baia dei Pirati ricorda troppo da vicino quella di
alcuni suoi nobili predecessori, da Napster a Kazaa, la cui parabola ha
fatto felici alla fine solo i grandi nemici della pirateria online, cioè i
consueti Paperoni monopolisti dell'industria dell'infotainment.
Una storia già vista quindi, che a differenza di altre ha però assunto i
connotati di un illusione e per questo sta creando molto rumore sulla Rete:
una storia che a nostro avviso potrebbe concretamente rimanere come un
capitolo importante nella storia dell'evoluzione della Rete verso un luogo
omologato ai dettami del business di pochi, nonchè modello economico neo
liberale che soddifa le richieste solo dei grandi content providers, degli
operatori di connessione, degli utilizzatori passivi.
L'intervista con Magnus Eriksson (fatta purtroppo a ruota del suo intervento
alla conferenza Peer to Peer Economies che si è tenuta lo scorso 18 Giugno
alla Facoltà di Scienze Politiche di Milano all'interno del programam di
Hackmeeting 2009, quindi solo poche ore prima della dichiarazione di
acquisizione del Pirate Bay da parte della GFF) chiarisce solo alcuni degli
aspetti sopra analizzati ma è sicuramente uno spunto di riflessione più
ampio di una situazione che effettivamente non si sa più da che lato
guiardare: non vogliamo esprimere alcun giudizio in merito, vi lasciamo alla
fredda lettura del testo che pensiamo metta in evidenza comunque importanti
distinzioni di pensiero rispetto alla storia dei movimenti politici e hacker
in Italia. Ringraziamo comunque Magnus per la sua disponibilità e per averci
risposto con così poco preavviso.
Marco Mancuso: Magnus, vorrei sapere da te qualcosa in più riguardo ai tre
rami principali dell'universo pirata: la sezione parlamentare del Partito
Pirata (PP), il gruppo di intellettuali che appartengono alla blogosfera,
che ha nel Piratbyrån (PB) il suo quartier generale, e la branca dedicata
all'aspetto imprenditoriale, The Pirate Bay (TPB). Si tratta di un progetto
organico, nel senso che affonda le sue radici in un'idea politica, oppure di
un'idea sviluppatasi a partire dal movimento attivista anticulturale e
anarchico, passo dopo passo, espandendo obiettivi e programmi? Quale ruolo
rivesti tu all'interno del Piratbyrån?
Magnus Eriksson: Prima di tutto è necessaria una premessa: se questi rami
costituiscono le tre stelle del nostro universo, bisogna ricordare che
esiste anche una moltitudine di blogger e di persone appartenenti ad altri
gruppi, istituzioni e partiti, che insieme formano un sistema di pianeti e
comete. Quindi, non sono queste componenti di un insieme coeso, ma è
piuttosto il loro dinamismo, a permettere di dar vita ad un dibattito acceso
su simbiosi, cambiamento e dissidi produttivi.
Per comprendere l'importanza di questa costellazione bisogna osservare la
storia. Il nostro progetto non è qualcosa che è scaturito dai movimenti
attivisti, eccezion fatta per alcune sezioni del Piratbyrån, che nei primi
giorni del 2003 funzionavano come un exit-node per coloro che si erano
stancati dei movimenti autonomisti. Abbiamo fondato The Pirate Bay nel 2004,
quando altri settori del Piratbyrån erano già profondamente coinvolti nella
questione dell'hackeraggio fin dai primi anni novanta. Così, ex-attivisti in
cerca di nuove emozioni, hacker, filosofi ed un'inclinazione generale a far
sembrare le cose davvero migliori, rappresentano gli ingredienti
fondamentali del Piratbyrån e della Baia. Penso che questo costituisca una
differenza rispetto all'Italia. Se avessimo ideato il progetto nel vostro
paese, saremmo stati probabilmente molto più legati ai movimenti sociali,
nel bene o nel male. Il Partito Pirata è stato creato da persone
completamente diverse ed è dotato di una differente mentalità. Se prima si
poteva contare sulla kryptonite, che emanava radiazioni disordinatamente in
tutte le direzioni, adesso il Partito Pirata dispone di un laser di
precisione direttamente puntato sui processi politici. Questi ultimi vantano
un programma incentrato sulle libertà civili e sull'integrità della persona
più che su qualsiasi altro argomento, ma al momento li reputo estremamente
necessari e sono molto contento del fatto che abbiano successo.
I nostri ruoli vengono sostanzialmente stabiliti a seconda delle abilità e
della personalità di ciascuno. Io ho un sacco di tempo a disposizione e così
partecipo alla maggior parte dei progetti che realizziamo. Ho il compito di
fornire presentazioni, tenere i contatti con i media e di occuparmi delle
discussioni di carattere strategico, ma collaboro anche a progetti artistici
e cerco di sistemare quei maledetti siti di bus e design.
Marco Mancuso: In Svezia, il Pirate Party ha ottenuto un'importante
vittoria alle ultime elezioni Europee. Ti vorrei chiedere quali sono i
vostri programmi da ora in avanti, tenendo presente che da adesso le
autorità legali europee e nazionali, così come le lobby industriali, non
possono più considerare i navigatori della rete alla stregua di ladri
soggetti alla cruda applicazione della legge. Grazie al conseguimento di
questa vittoria, la questione della proprietà intellettuale è decisamente
entrata nelle agende continentali.
Magnus Eriksson: Per la precisione, io non sono membro del partito, ma
rientro ancora nel gruppo che partecipa ai dibattiti riguardo al contenuto
del programma. In realtà, per il momento, le questioni concernenti la
proprietà intellettuale verranno relegate in secondo piano. Il Partito
Pirata, infatti, si dedicherà innanzitutto ai problemi relativi alla
neutralità della rete e alla censura e al blocco di internet perché, al
momento, sono questi i temi più urgenti da trattare. In seguito ci si
concentrerà sugli aspetti attinenti alle libertà civili e alla privacy, come
ad esempio tentare di impedire l'utilizzo dei programmi di controllo e di
ritenzione dei dati. Anche in questo ambito c'è molto su cui lavorare. Solo
successivamente, come terzo punto del programma, verrà presa in
considerazione la proprietà intellettuale, dove tra l'altro sarà necessario
adottare un metodo totalmente differente. I primi due punti sono già stati
posti all'ordine del giorno, insieme alle questioni ad essi collegate.
Inoltre, sono già state formulate proposte che annunciano battaglia, e gli
argomenti espressi sono molto chiari. Quando si arriva a parlare di
proprietà intellettuale, diritti d'autore o brevetti, il Partito Pirata sarà
chiamato a fare di più per sollevare queste questioni, coinvolgendo
l'opinione
pubblica, organizzando dibattiti, e possibilmente elaborando delle proposte
proprie. Questo acquisterà forza dai movimenti che si creeranno in tutta
Europa, e che premeranno affinché questo tema venga inserito come punto
all'ordine
del giorno.
Nel complesso, ritengo che il Partito Pirata abbia bisogno di un ampio
sostegno a livello europeo e di una pressione favorevole esercitata da altri
paesi, qualora essi decidano di intervenire nella questione. All'interno di
un'istituzione dell'UE non ci si può soltanto sedere per votare, ma bisogna
darsi da fare proponendo cambiamenti. La politica è ovviamente complicata,
ed esistono compromessi da cui, alla fine, nessuno esce vittorioso. Staremo
quindi a vedere in che modo sarà valutato l'atteggiamento del partito. Il
Partito Pirata può funzionare come una risorsa materiale che veicola
informazioni positive dall'interno all'esterno dell'Unione Europea:
informazioni che i cittadini di tutta Europa possono utilizzare per
sollevare argomenti importanti e mettere pressione ai propri politici.
Forse, è questo il vantaggio più grande. Prima, infatti, tutto questo si
faceva nel tempo libero, senza avere a disposizione nemmeno un quattrino.
Marco Mancuso: Mi illustri i perché del vostro successo alle elezioni
europee. Due degli eventi di maggior rilevanza accaduti in Svezia negli
ultimi tempi sono stati la legge che proponeva di estendere il controllo
militare dalla comunicazione via radio a quella su internet e, naturalmente,
il recente verdetto che ha condannato i fondatori di Pirate Bay. Credi che
questi due episodi siano in qualche misura collegati a quanto è accaduto
alle urne?
Magnus Eriksson: Il nostro ottimo risultato è sicuramente figlio di questi
episodi. Senza circostanze esterne di questo tipo, il Partito Pirata non
avrebbe avuto chance. Il partito ha riscosso successo perché i suoi
esponenti introducono nuove tematiche politiche, argomenti in precedenza mai
trattati all'interno dei dibattiti pubblici. I membri del partito non
forniscono nuove risposte a temi politici tradizionali, ma aprono nuovi
spazi di riflessione. Così, hanno sfruttato la scia del dibattito sul
file-sharing, già molto ampio, hanno contato sulla fama ottenuta grazie alla
sentenza contro la Baia e hanno fatto affidamento anche sulla legge che hai
citato, tramite la quale al vecchio dipartimento militare per il controllo
via radio sarà consentito monitorare il traffico della rete.
Marco Mancuso: In riferimento al Partito Pirata, al Piratbyrån e anche a
Pirate Bay, alcuni analisti e giornalisti europei hanno notato che il
background politico di alcuni dei loro fondatori originari è più orientato
verso il centro-destra, di idee conservatrici, o in qualche modo legato alla
politica e all'economia liberali. Allo stesso modo, l'intero movimento
Pirate Bay si è dichiarato in sostanza apolitico, o in qualche modo in
sintonia con una possibile "terza opzione" che va oltre la divisione
tradizionale tra sinistra e destra (opzione che si avvicina ad altri
movimenti politici non classificati in questo schema, come i verdi, i neri o
i rosa, stando ad Alex Foti e al suo libro "Anarchy in the UK", "Anarchia
nel Regno Unito", presentato all'hackmeeting ed edito da Agenzia X,
http://www.agenziax.it/?pid=29&sid=30). In che modo il Pirate Bay riesce a
gestire questa duplice natura politica in determinate occasioni (ad esempio
nella controversia sull'utilizzo del logo della Baia da parte di Anders
Rydell e Sam Sundberg, nel libro sul movimento pirata in Svezia)? Come
riesce ad affrontare l'impressione, sicuramente superficiale, che il Partito
Pirata ha dato di un partito di sinistra o, addirittura, di stampo
anarchico?
Magnus Eriksson: Solo un dettaglio: la controversia riguardo al logo non era
in merito ai diritti d'autore, ma riguardava la modalità di presentazione
del libro come biografia ufficiale del movimento Pirate Bay. Perfino gli
stessi autori ritenevano che quell'opera fosse una trovata infelice, ma
suppongo che, tuttavia, abbia attirato l'attenzione dell'editore. Ad ogni
modo, ho notato che, in qualche caso, il Partito Pirata viene considerato un
partito di sinistra o di stampo anarchico, ma giudicarlo così è del tutto
sbagliato. Il partito ha elaborato un piccolo programma per quanto concerne
la riforma dei diritti d'autore e dei brevetti, e per quanto riguarda
l'interruzione
dei controlli sulla rete. Non cose di poco conto, naturalmente, ma sta di
fatto che il programma è così. Se qualcuno vuole individuare dei
collegamenti con altri modelli politici è libero di farlo, ma questi
collegamenti devono essere realizzati solo attraverso relazioni esterne. "Il
partito opera per questi obiettivi all'interno dell'UE e per noi la sua
attività è fortemente connessa a queste tematiche."
Forse può sembrare strano a chi proviene dalla realtà politica italiana,
estremamente polarizzata, ma da noi realizzare un programma in una modalità
pragmatica, guidata da un progetto o da una tematica, funziona alla grande.
Collaborare con degli individui su progetti differenti sarebbe impossibile,
poiché ci si troverebbe in totale disaccordo. Voglio dire che anche le
persone che gestiscono Pirate Bay non sono sempre d'accordo su tutto, a
parte il fatto che vogliono occuparsi della gestione di un BitTorrent
tracker.
Non sono comunque la persona più adatta per classificare le complesse
dinamiche del mondo politico, ma posso affermare che il Partito Pirata va
oltre la divisione tra destra e sinistra, e questo non perché rispecchi un
qualche tipo di politica di centro, neutrale, ma perché le schiere dei suoi
sostenitori e dei suoi antagonisti si pongono tutte al di sopra del livello
politico, e condividono la convinzione che se le tematiche in questione
venissero trattate dai soggetti politici tradizionali si andrebbe incontro
ad un fallimento. I partiti dominanti di entrambi gli schieramenti si stanno
dando da fare per incrementare i controlli. La questione dei diritti
d'autore
viene sia difesa che attaccata su tutti e due i fronti. In questo momento
noi ci godiamo la confusione, perché apre nuovi spazi politici e crea un
modo di pensare innovativo, qualcosa di cui abbiamo tutti un assoluto
bisogno.
Forse, si può dire che il movimento Pirate Bay non è apolitico, ma
"onnipolitico". E forse bisogna comprendere l'ambiente politico svedese per
cogliere questa realtà. In Svezia, sembra che l'entusiasmo latiti sia nei
socialdemocratici che nella sinistra autonoma, e penso che tutte le cose
interessanti che stanno accadendo derivino da realtà al momento difficili da
definire.
Marco Mancuso: Tornando ancora a parlare di un modello economico e politico
neoliberale: in che modo, secondo te, la vostra attenzione nei confronti di
tematiche come la libera circolazione dei contenuti, il peer to peer,
saranno utilizzata dal Partito Pirata per promuovere un modello di business
innovativo e realizzabile, basato sul concetto di "libero contenuto & libero
lavoro"? In che misura, a tuo parere, il movimento Pirate Bay potrebbe alla
fine trasformarsi in un'organizzazione con fini lucrativi, e in che maniera
potrebbe mutare il futuro delle piccole attività indipendenti di fronte alle
nuove leggi europee che regolano la libera circolazione delle proprietà
intellettuali?
Magnus Eriksson: Se ti riferisci al Partito Pirata, perfino coloro che
avevano criticato la condanna del Pirate Bay venivano principalmente dipinti
come critici del modo in cui le lobby potrebbero influenzare il sistema
politico e quello legale. Appare molto improbabile che il Partito Pirata
annoveri la creazione di nuovi modelli di business tra gli obiettivi del suo
operato politico, sebbene i suoi esponenti faranno certamente ricorso a
queste idee nelle loro dissertazioni retoriche per contrastare gli argomenti
sostenuti dalle lobby. In generale, non credo che un'organizzazione di
questo tipo possa originare dei modelli di business. Queste sono cose che
accadono ai confini della rete, accanto al fluire dei desideri. È questa la
grande pecca negli argomenti dell'industria del copyright, che va sempre
cercando una serenità preclusale dal morbo della pirateria, per far sì che i
suoi rappresentanti, alla fine, possano sedersi attorno ad un tavolo e
pianificare i modelli di business del futuro. L'innovazione, però, non si
verifica in questo mare della tranquillità, ma piuttosto nel caotico mondo
della vita di tutti i giorni. Questo non significa che idee di questo genere
possano germogliare dal terreno del partito. Al suo interno, infatti,
convive una grande quantità di membri entusiasti, che probabilmente si
stancheranno dell'operato politico formale e si dedicheranno ad attività più
libere.
Marco Mancuso: Come è stata la tua esperienza a Milano? Che tipo di feedback
hai potuto constatare di fronte ad un pubblico come quello di Hackmeeting,
critico e consapevole delle potenzialità del free code, dei free software,
delle economie open source, della libera circolazione delle proprietà
intellettuali, un pubblico che ti ha invitato proprio in qualità di prova
concreta di un successo possibile per le nuove economie Peer to Peer?
Avverte una sorta di responsabilità nei loro confronti e, più in generale,
nei confronti di eventi di respiro europeo come l'Hackmeeting?
Magnus Eriksson: Wow, la avverto ADESSO dopo che mi ha illustrato la
situazione da questa prospettiva. No, sul serio, non avverto una
responsabilità "nei confronti di" un pubblico come quello di Hackmeeting.
Affermare che rappresentiamo o deteniamo un potere da utilizzare a beneficio
di altri, credo che sia il modo sbagliato di presentare la situazione. La
nostra filosofia ricalca la filosofia "kopimi", che consiste nel diffondere
le idee e la loro attuazione pratica come se si trattasse di un'epidemia. Lo
stesso vale per il Partito Pirata: i suoi esponenti non esercitano alcuna
influenza eccetto nella misura in cui possono "contagiare" gli altri
soggetti politici per operare sulle stesse idee. E lo stesso si può
verificare per i politici stranieri che avvertono la pressione dei movimenti
all'interno dei loro paesi.
Ecco perché dobbiamo favorire la promiscuità e "contagiare" tutti gli altri:
non perché loro detengono il potere e noi invece no, ma perché le nostre
idee e la loro attuazione pratica possiedono tutto il potere, e se non
spiccano il volo perderanno slancio. Non esiste nessun centro di potere del
quale si possa entrare a far parte e da cui, una volta dentro, si possa
cambiare il mondo. Invece, è possibile e necessario collegarsi ad ogni cosa
ed essere dovunque, trasformare tutte le altre entità, istituzioni e aree
sociali. Allora l'Unione Europea sarà uno spazio in cui si intersecano molti
spazi. Bisogna modificare questo spazio da una sede, da un altro paese, da
un'azienda, da un indirizzo mail, una linea telefonica o un numero di fax.
Con una frase, una proposta, all'interno di una stazione televisiva, in chat
o in un hackmeeting. Dentro, fuori, sopra, sotto, a destra e a sinistra.
Ogni cosa che viene attirata dalla calamita dell'Unione Europea e poi viene
rilasciata porterà così la nostra firma
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