[aha] R: Re: Approfondimenti e spunti da San Francisco
T_Bazz
t_bazz a ecn.org
Dom 13 Dic 2009 05:20:31 CET
Ciao!
finalmente rimessa in testo, eccomi qua :)
> mi dispiace per l'apparente aggressivita'. Forse si trattava di mancanza di
> comodita' per scrivere avverbi e aggettivi, e il conseguente testo
> scheletrico.
no problem, a volte via mail tutto sembra molto piu' asciutto e diretto
di quello che e'.
rispondo in particolare a queste osservazioni che trovo interessanti e
ci aiutano ad andare al nocciolo della questione:
> ma nulla cambia. business is business.
sono perfettamente d'accordo, infatti e' proprio di "business" che
stiamo parlando. Il motivo di questa mia riflessione, e' non certo far
vedere in una luce positiva cio' che molte societa' e venture
capitalists stanno facendo, presa dall'entusisamo californiano :), ma e'
riflettere sui meccanismi di questo processo. E cercare di analizzarlo
al di fuori di parametri ideologici, che possono servire per creare
lotte, ma non sempre sono utili per comprendere aree di azione che si
fondono su background culturali e sociali completamente diversi e, per
questo, spesso spiazzanti.
cio' che' e' interessante analizzare e' proprio come il concetto di
business viene visto qui. il discorso e' molto piu' sottile di come
sembra, perche' se si va ad indagare bene cosa sta succedendo oggi nella
Silicon Valley - ed e' gia' successo in passato - , si trovano persone
che parlano apertamente di cosa stanno facendo in termini economici. Qui
la parola "business" non e' vista cosi negativamente, ma ci si tiene
bene a sottolineare che e' presente in qualche modo, perche' garanzia di
innovazione e "affidabilita'".
questo perche' non esiste un pregiudizio negativo legato al "denaro", ma
il fare business si vede come una forma di innovazione positiva, non
solo per le proprie tasche, ma per la societa' in genere.
vi vorrei segnalare ad esempio un interessante Talk Show che potete
seguire online. In particolare, questa puntata si chiama "Social Media –
A Force for Good".
Sono presenti Stephen Fry, Biz Stone, fondatore e Chief Executive di
Twitter; e Reid Hoffman, fondatore e Chief Executive di LinkedIn.
Questo e' il link:
http://www.stephenfry.com/2009/11/19/social-media-force-for-good/
Trovo estremamente interessante il punto di vista del fondatore di
Twitter. Notate come usa liberamente un certo linguaggio appartenente
alle comunita' hacker e ai movimenti di base e come non si esponga
politicamente allo stesso tempo.
Lui essenzialmente vede Twitter come una forza per il bene, che aiutera'
la rete a essere veramente aperta, le persone a creare comunita' e sara'
funzionale alla formazione di un'opinione pubblica critica.
E' interessante vedere come il potenziale "nemico" e' visto in un
ipotetico stato accentratore, non nel fatto che "loro" stanno facendo
del business sul concetto di openess. E in poche parole, questo e'
semplicemente uno specchio della filosofia di molti social networks. In
pratica, ti mostrano che stanno agendo per il _tuo_ bene. Allo stesso
tempo, non nascondono affatto che stanno facendo soldi: questo e'
normale negli USA perche' fa parte della societa' avere un lavoro e fare
successo. E ti dicono chiaramente che i soldi dovrebbero venire dalla
pubblicita', ma in un modo che non infastidisca troppo gli utenti. A
loro volta gli utenti "pagano il prezzo" di diventare un certo target,
ma allo stesso tempo, si trovano ad usare gratuitamente un potente mezzo
per la loro liberta' di espressione.
> io non ho nessun problema con questo. ma che "questo" possa essere uno
> strumento anche solo per ragionare su cose che "una volta" si facevano con
> lotte e azioni di volta in volta politiche, artistiche, concettuali... beh,
> mi sembra veramente azzardato e lontano dalla realta'.
(cut)
> da una realta' dei fatti che comunque mostra i risultati di questi
> imprenditori: ben miseri, quanto a effetti sociali e politici, e ben
ricchi
> per quel che riguarda la affermazione personale di pochi, pronti a
raccattar
> bottino nei molti e variegati modi che vediamo, ad esempio (ma non e'
> l'unico) con il 2.0
su questo non sono d'accordo. per persone che hanno un background
nell'attivismo e nell'hacker culture questo puo' essere vero. Ma pensa
ai tanti giovani attivisti che usano qualcosa come Twitter per
organizzarsi. O a chi crea delle associazioni e gruppi proprio grazie ai
social network. Non possiamo evitare di vedere che questi "strumenti di
business" in realta' stanno trasformando la rete. Chi li usa attivamente
- e magare e' piu' giovane di noi - ha a disposizione un patrimonio di
networking che in passato solo chi era dentro certe subculture poteva
comprendere.
Adesso in qualche modo l'idea di fare rete si e' allargata, ma anche
commercializzata - e paradossalmente chiusa. Ma non possiamo continuare
a vedere tutto questo solo negativamente perche' ormai sara' solo il
canto del cigno. La sfida sta nel capire cosa e' successo, perche'
queste societa' giovani hanno avuto piu' successo di noi - che lavoriamo
sulla rete da anni. E poi, bisogna capire come cercare di applicare
quallo che per noi e' la vera "force for good". Ma prima di tutto
dovremmo eliminare il fatto che cio' che e' business e' "cattivo". e'
quasi un tabu e loro sono solo "evil".
> sui "modelli": e' interessante interagire con i modelli della finanza e
> dell'economia globale. ma magari il "creare impresa" puo' essere esso stesso
> un concetto da reinventare.
infatti, questo e' il punto. L'esempio che vi ho mostrato del Burning
Man, che non ha *nulla* a che vedere con gli imprenditori della Silicon
Valley (se non a livello traslato), e' stato per analizzare la
trasformazione di un fenomeno da completamente anarchico e artistico in
una organizzazione che fa soldi. E' vero come dice Gionatan che basta
fare qualche calcolo per scoprire che l'orgnizzazione non e' no profit,
ma for profit. Il punto e' vederla come un esempio di questo processo di
creazione di business. Secondo me non c'e' nulla di male nel fare soldi
se lo si dichiara apertamente - il punto e' capire qual e' la
prospettiva che ci si prefigge.
Personalmente apprezzo molto di piu' un hacker space come Hacker Dojo in
Mountain View che dimostra chiaramente di accettare sponsorizzazioni
(anche da Google e Microsoft) e lo pubblica sul proprio sito e sostiene
che questo non influenzera' il loro operato. Invece con Burning Man
l'operazione non e' cosi chiara e ci sono persone che credono che sia
quasi una religione mistica.
Se poi si analizza cosa per molti significa "essere burner", il tutto
diviene molto piu' interessante. Perche' la gente ha bisogno di credere
in cose come questa? E cosa succede quando si entra a far parte della
comunita'?
La cosa piu' fastidiosa e' che si scopre che ci si diverte davvero, che
le persone non sono tutte stupide e che l'esperienza puo' essere un vero
trip...ma questa e' un'altra storia.
Analizzare come si stanno creando un sacco di hacker space qui in
California - e altrove, e i loro metodi di finanziamento e' assai
interessante, perche' cercano proprio di riflettere sul concetto di
business e di creazione di beni collettivi.
Ma per non farsi drizzare i capelli appena si sente che hackers
accettano soldi da Microsoft, ci vuole un po' di tempo di
auto-formazione con il naso dentro questa cultura, e un sacco di lavoro
su cio' che ideologia e politica significano. Il punto e' che qui non si
riflette molto a livello politico come facciamo noi in Italia. La
prospettiva e' molto diversa, ed e' questo che cercavo di farvi capire.
Forse questa parola: "politica", e' molto piu' importante nel guidare le
trasformazioni di quello che immaginiamo...Per questo sto andando in
giro chiedendo alle persone che incontro cosa significa "politica" per
loro...e stanno uscendo fuori risposte molto interessanti!
Ho fatto diverse interviste che saro' felice di condividere con voi
appena sono pronte...
Un saluto,
T_Bazz
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