[aha] L'onda anomala non si fermerà!

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Fri Oct 24 01:10:56 CEST 2008


l anno scorso vorrei ricordare un precario si beccò una manganellata in
testa,
quest anno erano in molti al festival del cinema e hanno manifestato senza
incidenti
http://www.youtube.com/watch?v=66CHZk11Vsw
testimonianza che l organizzazione dei precari sta finalmente superando le
contraddizioni
metropolitano per tornare in qualcosa che forse supera lo stesso 1977,
un 1968 che la francia ha vissuto con tanto di feriti e che l italia si
accinge
finalmente a vivere.
ciao lele


On Thu, 23 Oct 2008 20:31:25 +0200, lo|bo <lo_bo at ecn.org> wrote:
> Appello nazionale, Roma 22.10.2008
> 
> L'onda anomala non si fermerà!
> 
> Alle facoltà in mobilitazione,
> alle studentesse e agli studenti, ai dottorandi, ai precari della ricerca
> 
> "Noi la crisi non la paghiamo", è questo lo slogan con cui poche 
> settimane fa abbiamo iniziato le mobilitazioni all'interno 
> dell'università la Sapienza. Uno slogan semplice, ma nello stesso tempo 
> diretto: la crisi globale è crisi del capitalismo stesso, della 
> speculazione finanziaria e immobiliare, di un sistema senza regole né 
> diritti, di manager e società senza scrupoli; questa crisi non può 
> ricadere sulle spalle della formazione, dalla scuola all'università, 
> della sanità, dei contribuenti in genere. Lo slogan è diventato famoso,

> correndo veloce di bocca in bocca, di città in città. Dagli studenti ai

> precari, dal mondo del lavoro a quello della ricerca, nessuno vuole 
> pagare la crisi, nessuno vuole socializzare le perdite, laddove la 
> ricchezza è stata per anni distribuita tra pochi, pochissimi.
> Ed è proprio il contagio che si è determinato in queste settimane, la 
> moltiplicazione delle mobilitazioni nelle scuole, nelle università, 
> nelle città, che deve aver suscitato molta paura. Si sa, il cane che ha 
> paura morde, altrettanto la reazione del presidente del Consiglio 
> Berlusconi non si è fatta attendere: "polizia per le università e le 
> scuole occupate", "faremo fuori la violenza dal paese". Soltanto ieri 
> Berlusconi aveva dichiarato di voler aumentare i sostegni economici alle 
> banche e di voler fare dello stato e della spesa pubblica garanti in 
> ultima istanza per i prestiti alle imprese: in una parola, tagli alla 
> formazione, meno risorse per gli studenti, tagli alla sanità, ma soldi 
> alle imprese, alle banche, ai privati. Ci chiediamo allora dove si trova 
> la violenza: è violenta un'occupazione o piuttosto è violento un
governo
> 
> che impone la legge 133 e il decreto Gelmini, in barba a qualsiasi 
> discussione parlamentare? E' violento il
>   dissenso o chi intende soffocarlo con la polizia? E' violento che si 
> mobilita in difesa dell'università e della scuola pubblica o chi intende

> dismetterle per favorire gli interessi economici di pochi? La violenza 
> sta dalla parte del governo Berlusconi, dall'altra parte, nelle facoltà 
> o nelle scuole occupate, c'è la gioia e l'indignazione di chi lotte per 
> il proprio futuro, di chi non accetta di essere messo all'angolo o 
> costretto al silenzio, di chi vuole essere libero.
> Ci è stato detto che sappiamo soltanto dire no, che non abbiamo 
> proposte. Niente di più falso: proprio le occupazioni e le assemblee di 
> questi giorni stanno costruendo una nuova università, un'università 
> fatta di conoscenza, ma anche di socialità, di sapere ma anche di 
> informazione, di consapevolezza. Studiare è per noi fondamentale, 
> proprio per questo riteniamo indispensabili le proteste: occupare per 
> poter far vivere l'università pubblica, dissentire per poter continuare 
> a studiare o fare ricerca. Molte cose nell'università e nelle scuole 
> vanno cambiate, ma una cosa è certa, il cambiamento non passa per il 
> de-finanziamento. Cambiare l'università significa aumentare le risorse, 
> sostenere la ricerca, qualificare i processi formativi, garantire la 
> mobilità (dallo studio alla ricerca, dalla ricerca alla docenza). Il 
> de-finanziamento, invece, ha un solo scopo: trasformare le università in

> fondazioni private, decretare la fine dell'università
>   pubblica.
> Il disegno è chiaro, anche gli strumenti: la legge 133 è stata
approvata
> 
> nel mese d'agosto, di fronte al dissenso di decine di migliaia di 
> studenti si invoca l'intervento della polizia. Questo governo vuole 
> distruggere la democrazia, attraverso la paura, attraverso il terrore. 
> Ma oggi, dalla Sapienza in mobilitazione e dalle facoltà occupate 
> diciamo che noi non abbiamo paura e di certo non torneremo indietro sui 
> nostri passi. È nostra intenzione, piuttosto, far retrocedere il 
> governo: non fermeremo le lotte fin quando la legge 133 e il decreto 
> Gelmini non verranno ritirati! E questa volta andiamo fino in fondo, non 
> vogliamo perdere, non vogliamo abbassare la testa di fronte a tanta 
> arroganza. Per questo invitiamo tutte le facoltà in mobilitazione del 
> paese a fare la stessa cosa: vogliono colpire le occupazioni e allora 
> che altre mille scuole e facoltà occupino!
> In più, al seguito dello straordinario successo dello sciopero e delle 
> manifestazioni del 17 ottobre, indetti dai sindacati di base, riteniamo 
> giunto il momento di dare una risposta unitaria e coordinata nelle 
> piazze delle nostre città. Proponiamo di dare vita a due scadenze 
> nazionali: una giornata di mobilitazione per venerdì 7 novembre, con 
> manifestazioni dislocate in tutte le città; una grande manifestazione 
> nazionale del mondo della formazione, dall'università alla scuola, a 
> Roma per venerdì 14 novembre, giornata in cui i sindacati confederali 
> hanno decretato lo sciopero dell'università, giornata da costruire dal 
> basso e che veda protagonisti in primo luogo gli studenti, i ricercatori 
> ed i docenti in mobilitazione. Altrettanto riteniamo utile attraversare, 
> con le nostre forme e i nostri contenuti, lo sciopero generale della 
> scuola promosso dai sindacati confederali fissato per giovedì 30
ottobre.
> 
> Quello che sta accadendo in questi giorni ci parla di una mobilitazione 
> straordinaria, potente, ricca. Una nuova onda, un'onda anomala che non 
> intende fermarsi e che piuttosto vuole vincere. Facciamo crescere 
> l'onda, facciamo crescere la voglia di lottare. Ci vogliono idioti e 
> rassegnati, ma noi siamo intelligenti e in movimento e la nostra onda 
> andrà lontano!
> 
> Dalle facoltà occupate della Sapienza di Roma, dall'ateneo in
> mobilitazione
> 
>



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