[aha] [OT] [ma anche no]

Alim bey alimbey at tiscali.it
Wed Nov 14 09:26:15 CET 2007


Ricevo da Gianni Biondillo:  

Amici e amiche,
    siamo un gruppo di scrittori e operatori culturali che, allarmato da
come i media abbiamo premuto il pedale dell'intolleranza razzista rispetto
ai veri problemi sottaciuti (come, ad. es., la violenza sulle donne), ha
elaborato un appello.
    Ognuno di noi lo sta mandando a chi conosce per sottoscriverlo. Se sei
d'accordo con i contenuti fallo girare e facci avere la tua adesione entro
mercoledì.
     
    Ve lo allego con un primo elenco assolutamente
incompleto di aderenti.
     
    Con amicizia,
    Gianni

Se siete d'accordo con noi, mandate una mail
soggetto: "Triangolo nero"
testo: aderisco all'appello e la vostra firma a questo
indirizzo: loredana.lipperini at gmail.com





Il triangolo nero
Violenza, propaganda e deportazione. Un manifesto di scrittori e artisti
contro la violenza su rom, rumeni e donne


La storia recente di questo paese è un susseguirsi di campagne d'allarme,
sempre più ravvicinate e avvolte di frastuono. Le campane suonano a
martello, le parole dei demagoghi appiccano incendi, una nazione coi nervi a
fior di pelle risponde a ogni stimolo creando "emergenze" e additando capri
espiatori.   	
Una donna è stata violentata e uccisa a Roma. L’omicida è sicuramente un
uomo, forse un rumeno. Rumena è la donna che, sdraiandosi in strada per
fermare un autobus che non rallentava, ha cercato di salvare quella vita.
L'odioso crimine scuote l'Italia, il gesto di altruismo viene rimosso. 
Il giorno precedente, sempre a Roma, una donna rumena è stata violentata e
ridotta in fin di vita da un uomo. Due vittime con pari dignità? No: della
seconda non si sa nulla, nulla viene pubblicato sui giornali; della prima si
deve sapere che è italiana, e che l’assassino non è un uomo, ma un rumeno o
un rom.
Tre giorni dopo, sempre a Roma, squadristi incappucciati attaccano con
spranghe e coltelli alcuni rumeni all'uscita di un supermercato, ferendone
quattro. Nessun cronista accanto al letto di quei feriti, che rimangono
senza nome, senza storia, senza umanità. Delle loro condizioni, nulla è più
dato sapere.
Su queste vicende si scatena un'allucinata criminalizzazione di massa.
Colpevole uno, colpevoli tutti. Le forze dell'ordine sgomberano la
baraccopoli in cui viveva l'assassino. Duecento persone, tra cui donne e
bambini, sono gettate in mezzo a una strada.

E poi? Odio e sospetto alimentano generalizzazioni: tutti i rumeni sono rom,
tutti i rom sono ladri e assassini, tutti i ladri e gli assassini devono
essere espulsi dall’Italia.  Politici vecchi e nuovi, di destra e di
sinistra gareggiano a chi urla più forte, denunciando l’emergenza. Emergenza
che, scorrendo i dati contenuti nel Rapporto sulla Criminalità (1993-2006),
non esiste: omicidi e reati sono, oggi, ai livelli più bassi dell’ultimo
ventennio, mentre sono in forte crescita i reati commessi tra le pareti
domestiche o per ragioni passionali. Il rapporto Eures-Ansa  2005,
L'omicidio volontario in Italia e l’indagine Istat 2007 dicono che un
omicidio su quattro avviene in casa; sette volte su dieci la vittima è una
donna; più di un terzo delle donne fra i 16 e i 70 anni  ha subito violenza
fisica o sessuale nel corso della propria vita, e il responsabile di
aggressione fisica o stupro è sette volte su dieci il marito o il compagno:
la famiglia uccide più della mafia, le strade sono spesso molto meno a
rischio-stupro delle camere da letto. Nell’estate 2006 quando Hina, ventenne
pakistana, venne sgozzata dal padre e dai parenti, politici e media si
impegnarono in un parallelo fra culture. Affermavano che quella occidentale,
e italiana in particolare, era felicemente evoluta per quanto riguarda i
diritti delle donne. Falso: la violenza contro le donne non è un retaggio
bestiale di culture altre, ma cresce e fiorisce nella nostra, ogni giorno,
nella costruzione e nella moltiplicazione di un modello femminile che
privilegia l’aspetto fisico e la disponibilità sessuale spacciandoli come
conquista. Di contro, come testimonia il recentissimo rapporto del World
Economic Forum sul  Gender Gap, per quanto riguarda la parità femminile nel
lavoro, nella salute, nelle aspettative di vita, nell’influenza politica,
l’Italia è 84esima. Ultima dell’Unione Europea. La Romania è al 47esimo
posto.
Se questi sono i fatti, cosa sta succedendo?
Succede che è più facile agitare uno spauracchio collettivo (oggi i rumeni,
ieri i musulmani, prima ancora gli albanesi) piuttosto che impegnarsi nelle
vere cause del panico e dell’insicurezza sociali causati dai processi di
globalizzazione.
Succede che è più facile, e paga prima e meglio sul piano del consenso
viscerale, gridare al lupo e chiedere espulsioni, piuttosto che attuare le
direttive europee (come la 43/2000) sul diritto all’assistenza sanitaria, al
lavoro e all’alloggio dei migranti; che è più facile mandare le ruspe a
privare esseri umani delle proprie misere case, piuttosto che andare nei
luoghi di lavoro a combattere il lavoro nero.
Succede che sotto il tappeto dell’equazione rumeni-delinquenza si nasconde
la polvere dello sfruttamento feroce del popolo rumeno. 
Sfruttamento nei cantieri, dove ogni giorno un operaio rumeno è vittima di
un omicidio bianco. 
Sfruttamento sulle strade, dove trentamila donne rumene costrette a
prostituirsi, metà delle quali minorenni, sono cedute dalla malavita
organizzata a italianissimi clienti (ogni anno nove milioni di uomini
italiani comprano un coito da schiave straniere, forma di violenza sessuale
che è sotto gli occhi di tutti ma pochi vogliono vedere). 
Sfruttamento in Romania, dove imprenditori italiani - dopo aver
"delocalizzato" e creato disoccupazione in Italia - pagano salari da fame ai
lavoratori. 
Succede che troppi ministri, sindaci e giullari divenuti capipopolo giocano
agli apprendisti stregoni per avere quarti d’ora di popolarità. Non si
chiedono cosa avverrà domani, quando gli odii rimasti sul terreno
continueranno a fermentare, avvelenando le radici della nostra convivenza e
solleticando quel microfascismo che è dentro di noi e ci fa desiderare il
potere e ammirare i potenti. Un microfascismo che si esprime con parole e
gesti rancorosi, mentre già echeggiano, nemmeno tanto distanti, il calpestio
di scarponi militari e la voce delle armi da fuoco.
Succede che si sta sperimentando la costruzione del nemico assoluto, come
con ebrei e rom sotto il nazi-fascismo, come con gli armeni in Turchia nel
1915, come con serbi, croati e bosniaci, reciprocamente, nell’ex-Jugoslavia
negli anni Novanta, in nome di una politica che promette sicurezza in cambio
della rinuncia ai principi di libertà, dignità e civiltà; che rende
indistinguibili responsabilità individuali e collettive, effetti e cause,
mali e rimedi; che invoca al governo uomini forti e chiede ai cittadini di
farsi sudditi obbedienti.
Manca solo che qualcuno rispolveri dalle soffitte dell’intolleranza il
triangolo nero degli asociali, il marchio d’infamia che i nazisti
applicavano agli abiti dei rom.
E non sembra che l'ultima tappa, per ora, di una prolungata guerra contro i
poveri.
Di fronte a tutto questo non possiamo rimanere indifferenti. Non ci
appartengono il silenzio, la rinuncia al diritto di critica, la dismissione
dell’intelligenza e della ragione.
Delitti individuali non giustificano castighi collettivi.
Essere rumeni o rom non è una forma di "concorso morale".
Non esistono razze, men che meno razze colpevoli o innocenti.
Nessun popolo è illegale.


Adesioni aggiornate alle 20:10 di lunedì 12 novembre 2007:
Alessandro Bertante - Gianni Biondillo - Enrico Brizzi - Luca Briasco -
Massimo Carlotto - Lia Celi - Guido Chiesa - Girolamo Di Michele – Tecla
Dozio, Valerio Evangelisti - Enzo Fileno Carabba - Giuseppe Genna - Roberto
Grassilli - Andrea Inglese - Helena Janeczek - Kai Zen - Nicola Lagioia -
Gad Lerner - Loredana Lipperini - Federica Manzon - Monica Mazzitelli - Raul
Montanari - Giulio Mozzi - No Reply - Valeria Parrella - Leonardo Pelo -
Marco Philopat - Guglielmo Pispisa - Alberto Prunetti - Christian Raimo -
Veronica Raimo - Marco Rovelli - Stefania Scateni - Antonio Scurati - Beppe
Sebaste - Carlo Arturo Sigon - Piero Sorrentino - Antonio Spaziani - Stefano
Tassinari - Filippo Tuena - Raf Valvola Scelsi - Giorgio Vasta - Lello Voce
- Wu Ming - Umberto Torricelli



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