[aha] Antica ricetta lombarda del torrone- qualita dura-

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Wed Dec 19 17:29:59 CET 2007






  ANTICA RICETTA DEL TORRONE -qualita’ dura-

gr 400 mandorle sgusciate pelate
gr 100 miele d’arancio
gr 100 zucchero
gr 50 pistacchi sgusciati con la buccia
gr 40 albume
un’arancia
mezza bustina di vanillina
cialde di amido di mais
sale
Raccogliete le mandorle in una pirofila e tostatele in forno a 130 °C per
qualche minuto. Spegnete poi il forno, mescolatevi i pistacchi e lasciate
in caldo fino al momento dell’uso. Cuocete lo zucchero con gr 30 di acqua
portandolo a 135 °C:::::::::::::::::per un torrone piu’ duro giungete a
145 °C::::::::::::::::::::::::::::: Quando questo comincia a bollire,
montate l’ albume con il miele e un pizzico di sale raccolti in una
capiente ciotola immersa in un bagnomaria caldo con il fuoco al minimo.
Versatevi a filo lo zucchero, appena avrà raggiunto 135 °C. Montate ancora
per qualche minuto, quindi incorporate le mandorle e i pistacchi,caldi.
Alzate la fiamma e continuate a mescolare. Unite lascorza di arancia
grattugiata, la vanillina e lavorate la massa finchè non sarà compatta,
simile a una palla e le mandorle resteranno quasi “incollate” le une
alle
altre. Con due cucchiai umidi distribuite una porzione di composto su una
cialda dentro uno stampo ad anello (diametro cm 9,5), poi copritelo con
una seconda cialda e livellatelo a due dita di spessore. Sformate il
torrone e preparatene così altre cinque. Lasciateli raffredare e ancora
tiepidi, tagliateli in due mezzelune.

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concept food power
Franca Formenti

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Come rivoluzioniamo il mondo con il cibo. Contestazione, sovversione,
hacking, seduzione?
Il cibo è il valore primario con cui diamo e riceviamo vita. Esso
influenza il nostro stato d’animo, il nostro comportamento, in modo
latente. L’archetipo primario di questo gesto di vita è l’allattamento ma
si passa attraverso gli usi e i costumi di svariate civiltà e usanze che è
importante citare. Nelle popolazioni matriarcali il cibo ha avuto sempre
molta più importanza, nei tempi antichi. Mentre i greci esaltavano la
misura e la moralità anche nel cibarsi, i romani avevano un’idea molto
meno disciplinata del mangiare. Erano conosciuti per essere capaci di
mangiare per giorni. Ma questa caratteristica l’avevano presa da un popolo
che li soggiogò per molto tempo, durate la monarchia, gli Etruschi. Essi
erano una popolazione matriarcale, di cui purtroppo si sa molto poco
perché non si conosce il loro alfabeto e la loro scrittura. Quindi abbiamo
solo documenti indiretti che fanno riferimento a un atteggiamento molto
libero delle donne, considerato immorale in altri contesti. Ma questo era
probabilmente un motivo di fascino, che questa popolazione esercitava
sulle altre popolazioni italiche circostanti. Per quello che riguarda
invece i documenti diretti, gli unici che possiamo interpretare sono i
documenti artistici, in particolare le statue. Le statue etrusche erano
caratterizzate da un ricerca tecnica del tutto parallela a quella delle
statue greche, quindi provviste di tutte le proporzioni che costituivano
l’armonia estetica dell’epoca. Ma mentre nel Peloponneso gli oggetti e
uomini riprodotti erano atleti, e in seguito presso i romani, saranno gli
uomini di potere, gli etruschi amavano riprodurre coppie o personaggi
importanti durante il banchetto. I tratti erano orientali, mentre spunta
un particolare, una tendenza al gonfiore addominale, di queste statue, che
sembrano voler esaltare il piacere terreno nel senso più ampio, sia come
coppia fertile che come singolo. Insomma non c’è una sola statua etrusca
che non esponga agli occhi di chi guarda il piacere del cibo, e il suo
fascino. Ma qui finisce il nostro viaggio negli archetipi classici
antichi, e possiamo parlare della contemporaneità. Il rapporto con cibo ai
giorni nostri è molto più intenso, si potrebbe dire, violento. Ne abbiamo
continuamente di fronte agli occhi i lati più forti e meno mediati. Il
cannibalismo, nonostante la sua lontananza dalla nostra cultura è stato
studiato, a livello antropologico e psicologico. Chi non ricorda La figura
di “Hannibal Lecter” nel film, “Il silenzio degli innocenti”? Il
protagonista del film, mangiando le sue vittime, mette in atto uno schema
filosofico di supremazia e potere, si appropria della loro vitalità. Egli
è uno psicologo che risolve in questo modo le problematiche irrisolte, e a
volte irrisolvibili, dei suoi pazienti, ma è anche colui che usa il suo
cannibalismo per liberarsi dai gioghi che gli impone la società. Quello
che colpisce, nel film, è la sua scelta della vittima, come un agnello
sacrificale, e il rispetto che invece egli dimostra verso coloro che
riconoscono la sua libertà e la sua autorità. Un’altra problematica
inerente al cibo è sicuramente quella dell’anoressia-bulimia. Attualmente
questa problematica è molto “di moda” ma non si può ridurla a una malattia
che riguarda solo le modelle. Il rifiuto del cibo, è il rifiuto della vita
terrena, è una ricerca di perfezione razionale e astratta, che si distacca
dalla realtà, dalla carne di cui il pensiero è intriso. Rifiuto della
vita. L’esatto opposto è la bulimia, che rappresenta una ricerca
compulsava di vita e di amore, inarrestabile, che provoca grandi sensi di
colpa e scompensi fino rendere l’esperienza del cibarsi una cosa negativa.
Ma torniamo all’hacking perché lo scopo è quello di usare il cibo per
rompere i poteri costituiti, per creare una rete innovativa in cui l’amore
e la vita passano attraverso un gesto semplice, come quello di Klarissa,
un gesto che conserva la vita e le consente di proseguire il suo corso, un
gesto che vuole stimolare il gusto del palato per creare una reazione
involontaria ma forte. Klarissa vuole darsi, e vuole sedurre la vita,
utilizzando la fantasia di castrazione dell’atto della fellazio come un
canale esplicitamente sensuale e seduttivo. Klarissa è ciò che la società
rifiuta e desidera, ciò che è proibito. Ella è l’incarnazione della fame
compulsiva del bulimico, che si sente in colpa, ma che non può fare a meno
di sentirsi attratto dal cibarsi, è proibitiva e provocatrice, è l’eccesso
di vita, che esercita un potere irrazionale e narcisistico.


Agnese Camellini



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