R: R: R: R: [aha] Verso un incontro di aha a Torino? Proposte

steD stef at lideologo.net
Mon Dec 10 03:10:16 CET 2007


Grazie xDxD per aver toccato un punto per me essenziale, mai abbastanza
celebrato. Quello che chiama "misticismo" io preferisco chiamarlo "il
sacro", cioe' quel sentimento universale e basilare da cui nasce il
misticismo e piu' in la' le religioni organizzate. Qualsiasi essere umano ha
un sacro. E' la cosa che riconosce intoccabile, inviolabile, potente,
assoluta. Puo' essere lo spirito degli antenati, un luogo segnato da un
solco, una statuina, la foto della mamma, la Rosebud di Citizen Kane. Sono
perfettamente d'accordo che un grave problema seminale che abbiamo qui da
noi e' che manca il sacro. Non ci sono piu' spazi sacri definiti. Le parole
non contano quasi piu' niente. Non ci sono piu' posti e tempi appositi che
non si possono toccare. Dei ramadan per fermarsi un attimo e ripensare
insieme in silenzio a quello che si sta facendo. Mentre tutto va a ruota
libera senza nesso, l'unico filo rosso e' l'interruzione continua dalla
pubblicita' e l'asservimento alla pubblicita'. Nessuno si oppone piu' a
questo delirio, persino i piu' sensibili umanisti si aggrappano alle gonne
della pubblicita' come l'unica possibile fonte economica. Ah, che tristezza!
L'interruzione continua indica che non c'e' niente di sacro e anything goes.
Purtroppo il bisogno di sacro condiviso e' ineliminabile, e c'e' poco da
scherzarci su. Per quanto riguarda la mia riflessione e azione non posso
evitare di pensare che l'arte, presente in tutti i sensi, dovrebbe tra le
altre cose costituirsi parte civile contro questo status quo che corrode
prima di tutto lei stessa. Per fare un piccolo esempio, penso che siamo
tutti d'accordo che sia insopportabile la brutale indifferenza con cui gli
spot tv segano i film nel bel mezzo delle scene, e tagliano tutto cio' che
e' ritenuto economicamente marginale come i titoli di coda. Non riesco a
capire come i cineasti lo accettino senza fiatare, accidenti! E vero,
bisogna anche tirare a campare e tocca per forza vendere qualche organo, ma
almeno non vendiamo tutti lo stesso e certo non l'anima. 

E a proposito di anima, il discorso su Gödel si fa interessante. E' vero che
nella sua opera d'arte coerenza e completezza sono inscindibilmente legate,
ma a me interessa soprattutto capire come e se Gödel ci riguarda qui e ora.
Sono duemilatrecento anni che la sopravvalutazione della logica porta le
persone a porsi dei dilemmi inesistenti: insomma, sarebbe pure il caso di
piantarla. Ormai ne abbiamo viste, lo sappiamo che i paradossi sono di
natura linguistica. Vorrei sapere chi, chi di noi nella vita reale fa uso
del principio di non contraddizione? Io no! Ne' conosco gente che lo fa.
A/nonA e' il modo di ragionare di un interruttore, non di un essere umano;
per questi, "A OR nonA" non e' tutto. Perche' dovremmo porci un qualsiasi
problema in questi termini? Brouwer aveva iniziato una buona critica a cio'.
Ma a me piace tantissimo l'idea di Strawson: che la verita' di una
proposizione non sia logica (come per una macchina) ma sia operativa,
pragmatica, vissuta: "il sangue e' rosso" indica semplicemente l'accordo su
questa proposizione, accettare e condividere che essa abbia un senso. Trovo
ammirevole come questa prospettiva finalmente umana - che poi e' quella
delle storie, della narrativa, dell'arte in tutte le sue forme, paradossali
per natura - elimini il trascendente dove fa solo danni e dissolva nel
ridicolo il famoso paradosso del mentitore: secondo lui dire "questa frase
e' falsa" e' come dire "idem" quando nessuno ha parlato. Delizioso.
Innegabile.   
E alla fine, Gödel dice proprio questo. Il suo teorema eccezionale dimostra
che esistono frutti di verita' colti dalla pura intuizione, e quindi il suo
vero argomento e' proprio l'intuizione, cio' che sta oltre la logica.
Dopotutto ne sapeva qualcosa, lui, essendo un fermo credente e un piu' che
discreto paranoico. 

Seguendo Gödel verso il qui e ora, a me viene da chiedermi un'altra cosa:
quanto l'abitudine ai sistemi computazionali elementari, quelli con le
interfacce a menu' fissi come li abbiamo usati in tutti questi anni, ci
abbia condizionato la cognizione e costretto il pensiero globalmente. Jaron
Lanier diceva con grande acume: come facciamo a capire se il test di Turing
mostra che una macchina e' diventata piu' intelligente, e non l'uomo piu'
stupido? Ha ragione, non c'e' modo. Pero' a questo punto la mia intuizione
gödeliana mi fa propendere pesantemente per la seconda ipotesi. Ed ecco un
altro mucchio di duro lavoro di ramazza per l'artista. Forse anche meglio
che chiedersi allo specchio se sia il caso o no di ringraziarlo di
rimandarci l'immagine.  

L'ultima cosa che volevo dire di quelle a cui mi ha fatto pensare xDxD e'
che forse una differenza tra lo scienziato e l'artista si puo' segnare.
Mentre la comunita' scientifica non accettera' a lungo che una sua parte,
per quanto politicamente forte, eviti la verifica sperimentale (cosi'
cominciano a sentirsi le critiche allo strapotere della M-theory), nell'arte
questo vincolo non c'e'. Sara' per questo che nell'arte piu' che in ogni
altro mondo mi danno un gran fastidio le corporazioni. 

Grazie al Neofuturista per il feedback sui 4 connotati. Mi piacerebbe sapere
cosa ne pensano anche gli altri e se hanno alternative da suggerire. 

HELO >S< 



-----Messaggio originale-----
Da: aha-bounces at ecn.org [mailto:aha-bounces at ecn.org] Per conto di xDxD
Inviato: domenica 9 dicembre 2007 16.32
A: List on artistic activism and net culture
Oggetto: Re: R: R: R: [aha] Verso un incontro di aha a Torino? Proposte


> "Gli scienziati sono artisti del computer ante litteram, e le acquisizioni
della scienza non sono una qualche forma di 'conoscenza oggettiva', ma
modelli utili per manipolare ciò che è stato computato. Siccome la scienza è
- in questo senso - una forma d'arte, può diventare un paradigma per tutte
le altre arti."
>   

e infatti su questo non ci piove.

diverso è il discorso "laterale", che molti sembrano dare per scontato, ma
che in realtà così scontato non è.

lo scienziato/artista-artista/scienziato è una figura paracula. perchè da un
lato se la canta e se la suona da solo e, dall'altra, è uno strumento
perfetto per il potere.

ovvero: se da un lato la scienza e la tecnologia sono liberatrici,
abilitanti, attive (ecco che, in quest'istante, possiamo parlare di queste
cose proprio grazie ad una tecnologia), dall'altro creano una situazione di
dipendenza ed assoggettamento.

il discorso, infatti, verte sempre più su un "centro" goedeliano: la frase
"A e non A" la devi accettare per come è, indecidibile. Che, poi, su
presupposti e contesti diversi, assomiglia molto al bispensiero orwelliano.

se la scienza ci ha convinto dell'indeterminazione, la società ci ha
convinto, tramite il consumo, ad accettare il bispensiero.

l'indeterminazione non è nemmeno lontana di nostri beneamati bits'n bytes.
Basta gurdre Shannon: quel "<" invece di "<=" nelle sue formule, e
l'entropia nell'informazione, altro non sono che materializzazioni di una
costante della realtà. l'indeterminazione, il caos. qualcuno lo chiamerebbe,
tranquillamente, il mistico.

perchè tutto questo è mistico, oltre che scientifico, artistico, sociologico
e politico.

c'era un bel libercolo di neil gaiman che parlava di dèi antichi (odino &
co.) che si scontravano con dèi moderni (TV & Co.). Alla fine restavano
tutti con un palmo di naso, perchè anche gli dèi nuovi, alla fine, se la
facevano sotto.

perchè il problema era la mancanza della dimensione mistica. la società,
inscatolata nel consumo, regolata dal consumo, strutturata per il consumo,
non dava spazio a nessuna forma di misticismo, di astrazione
filosofica/religiosa/spirituale.

e quindi tutti gli dèi, compresa TV e Media, erano in pericolo: di essere
dimenticati, di essere sostituiti dal dio successivo, dettato dalla moda o
dall'evoluzione tecnologica successiva.

ora: se da una parte non me ne frega un cavolo del dio X o dio Y, dall'altro
lato mi sembra evidente il fatto che questa modalità sociale porti ad una
totale controllabilità. E questo vale anche per l'arte e la scienza.

e, attenzione, non sto facendo un discorso positivo/negativo, sto solo
rilevando una situazione di fatto.

ora sì: la tecnologia ci consente di fare tante belle cose, di accedere a
nuovi territori concettuali e pratici, di aumentare le nostre possibilità e
la quantità/qualità/modalità di informazioni che trattiamo, ma la dimensione
non-mistica della società in cui siamo non ci porta da nessuna parte, perchè
siamo vincolati ad un modello di tipo consumistico.

ciò non vuol dire che non possano venir fuori cose interessanti, o belle, o
"illuminate". Anzi, tutt'altro. E' solo che il tutto è basato su una
illusione di fondo, quella della libertà, che non c'è più, visto che se n'è
andato Mr.Misticismo.

che poi, ma quanto toccherebbe scrivere ancora, il signor misticismo manco
se n'è andato, in realtà. perchè sennò saremmo degli automi, come siamo, ma
non saremmo poi così tristi e grigi come lo è la società contemproanea.
saremmo, semplicemente, cablati e sorridenti, come tanti bei manichini.

quindi, per non scrivere un'epopea
frikketton-tecno-anarco-mistic-transavanguardist-cyber-situaz-punk-osa,
più di quanto non abbia già fatto, che si fa?

si cerca di non cedere agli slogan, di studiare la scienza e la tecnologia,
per coglierne essenze e possibilità, e di non cedere, per quanto possibile,
al consumo, e all'illusione.

questa è, paradossalmente, una buona definizione di scienziato. e di
artista.

peccato che occorra anche tirare a campare.
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